LE 13 MOSSE DELL'ARTE DI EDUCARE

 

Educare è arte da imparare. L'istinto non basta: è meglio documentarsi.
Ha ragione l'ideatore del 'Telefono azzurro' Ernesto Caffo a sostenere che "un adulto non diventa genitore automaticamente: è un processo mentale che richiede tempo".
Sì, come non basta avere un piano per essere un buon pianista, così non basta aver figli per essere buoni genitori.
Marcello Bernardi (1922-2001), il nostro più famoso pediatra del secolo scorso, ci manda a dire che "diventare genitori non è obbligatorio. Ma quando uno lo diventa deve darsi una bella regolata e stare attento a quello che fa!".
Insomma, fare il genitore non è un lavoro per gente pigra!
L'educatore e attore statunitense Bill Cosby (1937) era convinto che "essere genitori è, a volte, più stressante che essere presidente degli Stati Uniti".
Senza arrivare a tanto, una cosa è certissima: il genitore patentato deve saper compiere alcune mosse che sono come i plinti dell'educazione. Dunque, a partire da questo numero del nostro bollettino presenteremo quelle che ci sembrano le più fondamentali strategie dell'arte di educare.
Perché il lettore non smarrisca il filo conduttore, ecco quello che sarà l'ordine di comparsa: 1: Seminare. 2: Tifare. 3: Aspettare. 4: Amare. 5: Parlare. 6: Risplendere. 7: Comandare. 8: Rallegrare. 9: Far faticare. 10: Sbagliare. 11: Pregare. 12: Tagliare il cordone ombelicale. 13: Lasciare un buon ricordo.

 

 

1. SEMINARE

Seminare è la mossa-base dell'arte di educare

Educare, infatti, è una lunga pazienza: oggi si getta un seme...domani si raccoglierà.
Hanno trovato in Egitto chicchi di grano risalenti ai tempi dei faraoni; qualcuno li ha seminati: dopo pochi mesi ondeggiavano spighe ripiene di ottimo frumento!
Potenza del seme!
Per questo l'educatore crede nel seme.
Poco, tanto..., non importa: lui semina.
Semina fin dai primi giorni della vita del figlio.
Semina l'amore perché senza amore non si vive.
Semina il coraggio perché la vita è sempre in salita.
Semina la speranza perché la speranza è la spinta per continuare.
Semina l'ottimismo perché l'ottimismo è il motorino d'avviamento di tutto.
Semina un buon ricordo perché un buon ricordo può diventare la maniglia a cui aggrapparsi nei momenti di sbandamento.
Semina Dio perché Dio è il basamento di ogni cosa.
L'educatore semina!
Semina perché il seme è molto più di una speranza: è una garanzia. Lo diceva bene il poeta libanese Kahil Gibran (1883-1931): "La tempesta è capace di disperdere i fiori, ma non è in grado di sradicare i semi".
Al poeta libanese fa eco il grande scrittore russo Feodor Dostoevskij (1821-81): "Occorre solo un piccolo seme, un minuscolo seme che gettiamo nell'animo di un uomo semplice ed esso non morirà, ma vivrà nella sua anima per tutta la vita, resterà nascosto in lui tra le tenebre, tra il lezzo dei suoi peccati, come un punto luminoso, come un sublime ammonimento".
D'accordo al cento per cento!
Insomma il bravo genitore è un buon seminatore! Seminare è il suo primo dovere.
San Bonaventura (1217-1274) diceva: "Il merito non sta nel raccogliere molto, ma nel seminare bene" (Grazie per l'incoraggiamento!).
Seminare è la sua prima responsabilità.
Il proverbio recita: "Chi semina chiodi, non vada in giro scalzo!".
I cinesi hanno questa bella immagine: il bambino è come un foglio bianco, tutti quelli che gli passano vicino gli lasciano un segno, gli gettano un seme.
Dio voglia sempre un seme di grano buono, mai di zizzania!

PREZIOSA È LA SERA
Il momento più propizio per seminare è la sera!
Di sera è più facile avere pensieri miti, pensieri di pace. La sera è benigna, è tenera, è discreta.
Per questo è l'occasione magica dell'incontro e dell'intimità.
Di sera sentono anche i sordi, perché di sera si parla con il cuore.
Non sprechiamo la sera!
Don Bosco (1815-1888), che di educazione si intendeva, ha capito che le ore della sera sono importanti. Per questo ha voluto la 'Buona notte': quel discorsetto affettuoso che nelle case salesiane il direttore rivolge alla sua 'famiglia' per chiudere la giornata.
Non sprechiamo la sera!
Lo scrittore tedesco Johann P. Richter (1763-1825) era convinto che "le parole che un padre dice ai figli, di sera, nell'intimità della casa, nessun estraneo le sente al momento, ma alla fine la loro eco raggiungerà i posteri".

 

  

BOUTIQUE PEDAGOGICA
• "I bambini d'oggi sembra sappiano tante cose, e le sanno, ma sotto il bambino tecnologico c'è quello eterno che non può vivere senza l'affetto e l'amore di qualcuno" (Mario Lodi, maestro scrittore).

 

• "Il bambino non è un animaletto da addomesticare. Insegnargli a fare riverenze, smorfie, salutini, è ridicolo ed inutile. Non manchiamogli di rispetto. Anche se piccolissimo ha la sua dignità" (Marcello Bernardi, pediatra).

 

• "Nei grandi allevamenti dell'Ovest americano non è permesso, nelle fattorie, adoperare nessuna espressione volgare.Se una 'pedagogia animale' ha simili esigenze nelle regioni selvagge del Far West, può la 'pedagogia umana' rimanere indietro?" (F.W. Foerster, pedagogista).

 

• "Alla larga dalla saggezza che non piange, dalla filosofia che non ride, dalla grandezza che non si inchina davanti ai bambini!" (Kahil Gibran, poeta libanese).

 

 

 

 

2. TIFARE

Sì, avete letto benissimo: la seconda mossa strategica dell'arte di educare è "tifare".
Tifare per il figlio.
Ogni bambino nasce ricco. Arriva sulla Terra con quei preziosi trecento grammi di cervello che gli danno possibilità pressoché infinite.
Sì, se utilizzassimo a pieno il nostro cervello, salterebbero tutte le scale per misurare l'intelligenza, tutti i test mentali.
Il cervello ha la capacità di immagazzinare dieci fatti nuovi al minuto secondo, può accogliere una quantità di informazioni pari a centomila miliardi!
Questo per il solo cervello.
E che dire della capacità di fantasticare, di immaginare, di creare, che risiede nella mente di un bambino? Più ancora, che dire della ricchezza del cuore che saprà amare? E della bocca che arriverà a parlare, a pregare?
Ecco il bambino: un orizzonte di possibilità incalcolabili!
Abbiamo, dunque, tutte le ragioni per essere tifosi del nostro figlio.
Chi tifa per una squadra, desidera che vinca, ma non può entrare in campo: deve lasciare ai giocatori il compito di condurre la partita.
Così nell'educazione: deve essere lui, il figlio, a costruirsi la vita; non possiamo sostituirlo, non possiamo prendergli il posto.
Però possiamo stimolarlo, possiamo incoraggiarlo. Possiamo tifare!
Tifiamo perché il tifo passa entusiasmo. E chi ha entusiasmo ha grinta da vendere.
Tifiamo perché la correzione può fare molto, ma l'incoraggiamento fa di più.
Tifiamo perché il tifo gli rivela energie nascoste. E questo è un dono straordinario. Lo sosteneva giustamente il filosofo francese Louis Lavelle (1883-1951): "Il maggior bene che possiamo fare agli altri non è comunicare loro la nostra ricchezza, bensì rivelargli la loro".
A proposito di ciò che stiamo dicendo, i cinesi hanno uno stupendo proverbio: "Credendo nei fiori, si fanno sbocciare".
Gli psicologi, invece, parlano di 'effetto Pigmalione'.
Secondo la leggenda, Pigmalione era un mitico re di Cipro che aveva il dono della scultura. Un giorno scolpì, in bianchissimo avorio, una figura di donna talmente bella che desiderò diventasse sua moglie.
Pregò allora gli dèi di trasformarla in donna. Gli dèi lo esaudirono e Pigmalione sposò la statua trasformata in bellissima carne.
Ecco: il desiderio, l'occhio buono, l'aspettativa, riescono a dar vita anche all'avorio, anche alle pietre.
È provato che gli insegnanti che credono nei loro ragazzi, che attendono tanto da essi, hanno, come risposta, prestazioni superiori a quelle date ad insegnanti pessimisti, freddi, poco fiduciosi.
È la triste prova del fatto che chi stima corto l'ingegno di una persona glielo accorcia ancor più ma è anche l'attesa conferma del proverbio cinese: "Credendo nei fiori, si fanno sbocciare".

 

L'AUTOSTIMA
L'autostima è una molla fondamentale per la crescita del figlio.
Hanno tutte le ragioni gli psicologi a sostenere che per vivere bene, ogni persona deve riuscire a dire di se stessa: "Io sono ok!".
I genitori patentati lo sanno bene.
• Quindi non usano mai (assolutamente mai!) parole invalidanti ('stupido', 'cretino', 'imbranato'...), ma solo parole incoraggianti: 'bravo', 'siamo orgogliosi di te', 'sei forte'... Il figlio sente (quanto sente!) l'apprezzamento dei genitori! Insomma, buttiamo nel cestino della carta straccia tutte le parole che rigano l'anima!
• Quindi i genitori patentati accettano il loro figlio pienamente.
Un giorno il figlio del famoso pilota canadese Gilles Villeneuve sbuffò con i giornalisti: "Tutti pretendono da me prestazioni straordinarie come quelle di mio padre. Per favore, lasciatemi essere semplicemente Jacques Villeneuve".
Questa è saggezza!
Il pazzo dice: "Io sono Napoleone!".
Il nevrotico dice: "Io voglio essere Napoleone!".
Il saggio dice: "Io sono io e tu sei tu!".
• Quindi i genitori che non vogliono ferire l'autostima del figlio, dosano le loro aspettative nei suoi confronti.
Aspettative esagerate, infatti, possono produrre una stima eccessiva nel figlio, stima che sovente viene frustrata dall'insuccesso per aver puntato troppo in alto.
Di qui la delusione e la depressione. In questi casi l'autostima subisce un colpo mortale.

 

 

Dal Bollettino Salesiano (mesi di Febbraio e Marzo 2013) - COME DON BOSCO - articoli di Pino Pellegrino

 

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