MESE CON I DEFUNTI

MEDITAZIONI SULLE ANIME DEL PURGATORIO

 

 

GIORNO 04

 

 

Pena del fuoco. 

 

«Tutto ciò che si può vedere, immaginare o sentire rispetto alle pene di questa vita, dice sant'Agostino, è ben poca cosa a confronto delle fiamme del purgatorio; chi dunque non ardisce mettere il dito nel fuoco, tema di bruciare anche per brevissimo tempo in purgatorio.» «Quantunque le fiamme del purgatorio siano passeggere, esclama s. Gregorio, nondimeno, siccome le credo più insopportabili di qualsivoglia male di questa vita, temo non solo d'essere condannato agli eterni tormenti da un giudice che riprende nel suo furore, ma che mi castighi nella sua collera temporaneamente, e mi costringa per tal modo ad espiare le mie colpe.» Sant'Alfonso dice ancor: «La maggior pena che si possa immaginare in questa vita non arriva ad uguagliare la minima del purgatorio.» Anche l'autore d'una lettera, creduta di s. Cirillo, conferma la stessa cosa: «Se si potessero, dice egli, rappresentare tutte le pene, tutte le croci e le afflizioni del mondo, e si paragonassero con le sofferenze del purgatorio, diverrebbero dolcezze al paragone; e per evitare quelle, si sopporterebbero volentieri tutti i mali sofferti da Adamo fino a questo momento.» E opinione sostenuta dai più sapienti teologi, che i tormenti del purgatorio, per il tempo che durano non la cedono a quelli dell' inferno. «Lo stesso fuoco; dice s. Tommaso, tormenta i reprobi nell'inferno ed i giusti nel purgatorio.» 

 

La ragione stessa ci convince dell' estremo rigore del purgatorio. Di fatti, non vi è supplizio che uguagli quello del fuoco. Ora il fuoco di questo mondo non tarda a far morire, quantunque operi solamente sul corpo e sia un beneficio della bontà e misericordia di Dio che l'ha creato per servirci. Il fuoco del purgatorio, per l'opposto, ci brucerà senza consumarci, ed opererà non già sul corpo, ma sull'anima; e, poichè, dice s. Tommaso, tutti i sensi del corpo vengono dall'anima, ne consegue che se qualche cosa addolora l'anima, lo deve fare vivamente. E siccome il fuoco del purgatorio brucia l'anima, per conseguenza le causa un dolore superiore ad ogni dolore corporale.» Finalmente se il nostro fuoco è fatto per servire a noi, Dio ha creato quello del purgatorio con l'unica mira di punire severamente le anime colpevoli; è fuoco in cui splende la giustizia di un Dio irritato contro i peccatori che non temettero di offendere la sua infinita maestà. Perciò un illustre autore potè scrivere che «il fuoco del purgatorio supera di tanto il più ardente fuoco della terra, quanto questo supera in ardore il fuoco dipinto.» 

 

Pensiamo dunque al rigore di quel fuoco; e rammentandoci quanto siano terribili i tormenti del purgatorio, espiamo le colpe passate; abbiamo orrore delle colpe anche leggere, e sopratutto sforziamoci di liberare dalle fiamme espiatrici le anime sventurate che vi ardono. 

 

FIORETTO SPIRITUALE. Forse qualcuno dirà: «Che importa, se tanto un giorno arriverò al cielo?» Non dite ciò, perchè il fuoco del purgatorio sarà più terribile di ogni pena corporale. (S. Cesario d' Arles). 

 

Esempio. Nel convento di s. Domenico a Lamorra, città della Spagna, vi era un religioso di esimia virtù molto amico di un francescano. Un giorno si promisero reciprocamente di visitarsi dopo morte, vale a dire, che il primo a morire apparirebbe al superstite, a Dio piacendo, per istruirlo della sua sorte nell'altra vita, al fine di venire sollevato qualora egli fosse in purgatorio. Il minorita venne a morte il primo; e fedele alla promessa, apparve al domenicano, dicendogli di dover soffrire assai per espiare tante colpe leggere, di cui non si era pentito abbastanza. Di poi, per eccitarlo meglio a venirgli in soccorso con buone opere, gli lasciò intravedere le crudeli fiamme da cui era divorato. «Non vi ha cosa sulla terra, gli disse, che possa dare un'idea di questi tormenti. Ne vuoi una prova sensibile?» Stese la mano destra sulla tavola, e subito ne rimase impresso il segno come se vi avesse posato un ferro ardente. Chi può dire l'emozione del buon domenicano, e l'ardore con cui si diede all'opera affine di liberare l'amico? Si conservò la tavola quale monumento del miracolo, e nello scorso secolo si vedeva ancora a Lamorra. 

 

 

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