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DON BOSCO E LA MORTE

(INDICE)

 

DON BOSCO E LA MORTE

 

Nel secolo XIII, nel pieno sviluppo della civiltà medioevale, S. Francesco d’Assisi scioglieva il canto di lode al Signore ≪ per sorella nostra morte corporale, dalla quale niuno mortale può scappare ≫.

S. Giovanni Bosco nel secolo XIX, nel pieno risveglio di una civiltà avida di vita e di godimento, eleva pure il canto cristiano alla morte, che egli, alla scuola del Vangelo, ha salutato e valorizzato:

I - come il grande antidoto del peccato;

II - come efficace stimolo ad una vita santa;

III - come la fedele custode dell’osservanza religiosa.

Insegnami, o Don Bosco, a vivere ed a lavorare alla luce cristiana della morte, per vivere bene e lavorare con costanza e con frutto.

 

Punto Primo

 

La morte, grande antidoto del peccato

 

A taluni è sembrato per lo meno strano ed inspiegabile, per non dire imprudente e ripugnante, che Don Bosco, educatore di giovani, abbia parlato con tanta frequenza della morte a fanciulli e ad adolescenti, che si accingono a salire animosamente l’arco degli anni, con nel cuore il canto della primavera della vita.

Costoro non comprendono la saggezza di Don Bosco che educa alla vita per mezzo della morte, secondo l’apparente paradosso del Vangelo, perché non hanno il vero concetto cristiano della morte. Essi la guardano alla stregua del gaudente e vecchio poeta pagano del ≪ carpe diem, afferra l’istante≫, il quale vuole che ≪ ci si coroni di rose finchè abbiamo tempo, poiché domani morremo ≫ non possono quindi sfuggire al terrore della morte che segna il fallimento finale di una vita pagana, la quale ha miseramente sciupato i veri valori umani e cristiani.

Alla scuola di Gesù e della Chiesa, Don Bosco vede invece nella morte l’efficace preservativo e antidoto del peccato e perciò se ne serve continuamente per tenere i giovani nell’innocenza o per condurli prontamente alla grazia, qualora il peccato abbia macchiato la loro anima.

≪ Una delle magagne della pedagogia moderna — egli deplora — è quella di non volere che nella educazione si parli delle massime eterne e soprattutto della morte e dell’inferno≫. (II, 214).

1. La morte preserva dal cadere in peccato. Chi oserà commettere il peccato, se pensa che la morte potrebbe coglierlo improvvisamente in tale stato, e quindi segnare la sua condanna eterna?

Con quanta insistenza Don Bosco sfruttava il pensiero della morte. ≪Pensate ogni sera, se doveste morire in quella notte, quale sarebbe la vostra sorte! ≫ (II, 362), e cosi premuniva i giovani dal pericolo delle tentazioni notturne.

≪ Quelli che si lasciano vincere dalle passioni, colti dalla morte e sepolti fra le fiamme eterne dell’inferno urleranno: Noi insensati, abbiamo errato!≫ (II, 363), e cosi sosteneva i giovani nella lotta contro le passioni irrompenti.

≪Non ho mai udito che alcuno sia stato contento in punto di morte del male che aveva commesso≫ (VII, i 674), e così garantiva la perseveranza nella lotta e nella fuga del peccato.

2. La morte è l'antidoto del peccato. Chi oserà rimanere in stato di peccato e trascinare l’umiliante catena, se pensa che la morte improvvisa potrebbe fissarlo in quello stato di ribellione a Dio, nell’inferno eterno?

≪ Due cose sole io temo — ammonisce Don Bosco —: il peccato mortale che dà la morte all’anima, e la morte corporale che sorprende chi si trova in disgrazia di Dio ≫. (VI, 75).

≪ Sapete che cos’è che vi spinge addosso con maggior velocità la morte? E’ il peccato, che è per la morte come lo sperone del cavallo ≫. (XII, 609). ≪ Sta’ preparato! Chi oggi non è preparato a morir bene, corre grave pericolo di morir male ≫. (VI, 442). ≪ Per uno che abbia il peccato sull’anima, la morte è il peggior spauracchio di terrore che ci possa essere, è un tormento, è una disperazione ≫. (XIII, 88).

Grazie, o Buon Padre, delle tue salutari lezioni. Aiutami a viverle e a trasfonderle nelle anime dei giovani.

 

Punto Secondo

 

La morte, efficace stimolo a una vita santa

 

Per Don Bosco il pensiero della morte è ancora ≪ lo svegliarino per vivere bene ≫ che egli propone ogni mese ai confratelli ed ai giovani. L’Esercizio della Buona Morte è fatto apposta per vivere bene.

≪ Se l’Oratorio va bene — egli afferma — debbo attribuirlo specialmente all’esercizio della Buona Morte≫. (VII, 375). ≪L’esercizio mensile della Buona Morte è la chiave di tutto≫. (XII, 273).

Quale più potente sprone por operare il bene, e per conservarsi in grazia di Dio e fedeli alla vocazione, che il pensiero della morte che si avvicina?

≪Il sapere il tempo della morte — ammonisce Don Bosco — non è necessario per andare in Paradiso; ma bensì il prepararci con opere buone≫. (VI, 120). ≪Siate più solleciti di prepararvi alla morte, col tenervi in grazia di Dio, che di qualunque altra cosa≫. (VII, 292). ≪Non ho mai veduto alcuno che al punto della morte si lamentasse di aver fatto troppo bene≫. (VII, 673).

Anche per la fedeltà alla vocazione non v’è pensiero più salutare ed efficace di quello della morte. ≪ Per decidere della vocazione — insegna Don Bosco — bisogna portarsi in punto di morte; di là si vede ciò che è realtà, e ciò che è vanita≫. (XI, 509).

≪Se io mi trovassi in punto di morte, che cosa desidererei di aver fatto? Quale stato desidererei di aver abbracciato per poter con maggior facilita salvarmi l’anima e fare del bene?≫. (XII, 90).

≪Non vi fu mai alcuno che sia stato malcontento in punto di morte di essersi consacrato a Dio e di aver spesa la vita al suo santo servizio≫. (XII, 454).

≪ Le regole: oh, in punto di morte come saremo contenti al ricordo di averle eseguite!≫. (XII, 460).

 Don Bosco era il primo a sostenersi nel lavoro e nello zelo con questi pensieri di fede. Mentre era già vecchio cadente ed i suoi discorsi pregustavano già le gioie del Paradiso, di tratto in tratto sorgeva di slancio a dire: ≪Se io fossi giovane, prenderei Don Rua e gli direi: Vieni! Andiamo... in qualsiasi terra, la più abbandonata... per salvare anime! ≫.

La stessa laboriosità e fervore di bene colse pure, negli ultimi diciotto mesi della sua vita mortale, S. Domenico Savio, sebbene conscio della sua morte vicina.

Ad un compagno che voleva calmare quello zelo inesauribile dicendogli : ≪ Se farai tutto in quest’anno, che cosa ti rimarrà per un altro anno? ≫ il santo giovane rispose con spiritosità: ≪Se vivrò, te lo dirò poi; intanto facciamo quel che possiamo... Bisogna che io corra, perché verrà la notte, quando nessuno potrà più lavorare≫.

Indubbiamente la morte, che è castigo del peccato, conserva sempre un aspetto severo e doloroso: tuttavia il timore maggiore, proveniente dal giudizio di Dio che accompagna la morte, può essere eliminato o per lo meno ridotto, se la vita non è stata quella del servo neghittoso e pigro, che sotterra il suo tesoro, ma quella del servo buono e fedele.

Concedimi, o Don Bosco, di valorizzare la vita in vista dell’eternità, lavorando sereno e alacre, come se non dovessi mai morire; ma vivendo nella grazia e nel fervore, come se dovessi morire ogni giorno.

 

Punto Terzo

 

La morte, fedele custode dell’osservanza religiosa

 

Per essere buon religioso e salesiano non ho che da vivere, sull’esempio di Don Bosco, facendo della morte l’idea-luce nella pratica dei miei voti.

1. La pratica della povertà illuminata dalla morte è una gioia. ≪ Se infatti non lasciamo il mondo per amore — scrive Don Bosco — dovremo un giorno lasciarlo per forza ≫. Una delle parole più tormentose di chi possiede, è quella scritta e ripetuta nel testamento: ≪Lascio, lascio, lascio≫; gli stessi interessi dell’anima passano in seconda linea. Il religioso invece ha già operato questo distacco imposto dalla morte e ne sente un gran sollievo.

La gioia o i rimorsi in punto di morte saranno proporzionati al grado di distacco operato in vita.. Oh, come allora appariranno tormentose le violazioni, anche piccole, al voto di povertà.

2. Anche la pratica della castità illuminata dal pensiero della morte è gioia. Basterebbe la certezza che questo corpo, dopo la separazione temporanea causata dalla morte, diventerà compagno di felicita dell’anima in cielo e sarà tanto maggiormente beatificato, quanto maggiormente è stato mortificato sulla terra.

Quali rimorsi invece proverà il religioso sensuale, quando il Sacerdote, amministrandogli l’Estrema Unzione, gli ricorderà i peccati commessi con il cattivo uso dei sensi: ≪ Il Signore ti perdoni tutto ciò che hai commesso con gli occhi, con la bocca, con le mani...≫. Quali tormentosi ricordi!

Anche la golosità, la vanita nell’eccessiva cura del corpo, del vestito, del riposo, quanti pentimenti causeranno, quando si dovrà lasciare il corpo cosi accarezzato!

3. Il pensiero della morte illumina mirabilmente anche la pratica dell'obbedienza. Chi è stato obbediente, proprio fino alla morte, come Gesù, non temerà la morte che sarà per lui come il giorno del trionfo.

Ma come temerà l’inosservante, il superbo, il ribelle, che si è opposto alla volontà di Dio, manifestata dalla obbedienza! Anche le azioni più grandiose, non santificate dall’obbedienza, appariranno allora vuote e senza merito presso Dio! Il misero religioso si troverà con le mani vuote e pagherà il fio di tutte le disobbedienze.

Questi salutari pensieri mi devono spingere alla perfetta osservanza, fin che c’è tempo, ossia subito, per meritarmi la gioia di morire da buon religioso. ≪La morte per uno che abbia la coscienza tranquilla — mi ricorda Don Bosco — è un conforto, un’allegrezza, un passaggio che lo conduce alla perfetta felicita≫. (XIII, 88).

Vergine santa, Tu sei la potente Ausiliatrice in vita, ma soprattutto in punto di morte. A Te dunque affido la mia vita, perché mi aiuti a viverla santamente, e la mia morte, perché sia la morte del buon religioso. Che bella morte morire nominando Maria, tra le braccia di Maria, in un giorno dedicato a Maria, per godere in eterno vicino a Maria!

Santa Maria, l’aiuto tuo forte dà all’anima mia, in punto di morte! (XVIII, 863). 

 

 

INDICE DELLE MEDITAZIONI SU DON BOSCO

 

Tratto da: San Giovanni Bosco, meditazioni per la novena, le commemorazioni mensili e la formazione salesiana

Autore: Sac. Domenico Bertetto SDB

 

 

     

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