MATRIMONIO ED EUCARISTIA

 

Una giovane, per invogliare il fidanzato a comunicarsi insieme con lei, il giorno del matrimonio, e poi il più sovente possibile, scriveva: « L'Eucaristia è il sacramento dei fidanzati e degli sposi, perchè è il sacramento dell'amore ». E tanta fu l'impressione che queste parole fecero sul giovane, a cui erano dirette, che quando la moglie prematuramente mori, le fece stampare sull'immagine ricordo. 

 

Matrimonio ed Eucaristia, è proprio vero, sono due sacramenti dell'amore. 

 

Che vuole, infatti, l'amore? L'amore vuole tre cose, vive di tre cose, è espresso da un triplice bisogno: bisogno della presenza; bisogno dell'abbraccio; bisogno dello scambio di sacrifici. Ora ciascuno dei due sacramenti soddisfa a questo triplice bisogno. 

 

Bisogno di presenza. Nell'Eucaristia: « Questo è il mio Corpo ». Dio presente in noi « alla divina » per mezzo della grazia santificante ricevuta nel battesimo, trova il modo di unirsi alla natura umana: « Il Verbo si è fatto carne ». E sotto questa nuova forma ha cercato di rendersi presente all'umanità. Ecco l'Eucaristia. 

 

Bisogno della presenza nel matrimonio. E' forse necessario richiamare la sete ardente dei due coniugi di trovarsi insieme? Se parlano, è per dirsi la gioia di essere l'uno accanto all'altro. O forse anche non si diranno nulla, ma nel grande silenzio le anime si penetreranno, si comunicheranno e si scambieranno il meglio di loro stesse. Il silenzio, quando si tratta di amore, è spesso più eloquente di tutte le parole e questo consiglio di un saggio cinese ad una fidanzata deriva da una giudiziosa esperienza: 

« Se egli ti dice: — Ti amo più di qualunque cosa al mondo — volta il capo e rifà con cura il nodo dei tuoi capelli. « Se ti dice: — Ti adoro più del dio dorato del tempio — aggiusta le pieghe del tuo vestito e rimproveragli sorridendo la sua empietà. « Se passa sotto le tue finestre sul suo cavallo bianco per dirti addio, perchè preferisce morire di un colpo di lancia, piuttosto che di disperazione, dagli un fiore e auguragli buon viaggio. « Ma se resta accanto a te, muto come un carpioncino davanti alla giunca del vicerè e sgraziato al punto di versare il tè sulla tovaglia azzurra, allora sorridigli teneramente, come a colui, che vuoi accettare come tuo per sempre ». 

 

Se agli inizi del matrimonio la comunanza di presenza non è che gioia, se non è affatto necessario di raccomandare agli sposi la coabitazione, può tuttavia accadere che alla lunga sopravvenga qualche disillusione e diminuisca l'incanto di trovarsi insieme. La causa potrà derivare dal fatto che i difetti appaiono di più, o dal fatto che per una concezione esageratamente idillica, si immaginava di non trovare nel compagno o nella compagna nessuna imperfezione, o anche semplicemente dal fatto che un uomo non è mai altro che un uomo, e la donna, una donna; due esseri, cioè, limitati e che non possono non lasciar scoprire, un bel giorno, le loro limitazioni. 

 

Nulla obbliga a sposarsi; ma quando due si sposano, la coabitazione è un dovere. Il Codice di Diritto Canonico dice: 
« Gli sposi devono mantenere la comunanza della vita coniugale ». E più chiaramente sant'Alfonso: « Gli sposi sono obbligati a coabitare in una stessa casa, tavola e letto ». La separazione riguardo agli ultimi due punti può adottarsi, ma per giusta causa, in certi casi. La separazione anche di casa richiede motivi ancor più gravi, perchè si deve sempre temere lo scandalo e anche il pericolo di trasformare, sotto l'impulso delle passioni, la separazione dei corpi in un vero divorzio. 

 

L'amore, che vive della mutua presenza dei due esseri che si amano, richiede in secondo luogo l'abbraccio. 

La cosa è vera per il matrimonio ed è vera per l'Eucaristia. 

Che l'abbraccio sia un bisogno dell'amore, l'esperienza lo dimostra abbondantemente come pure la psicologia più elementare. Non si dice forse di una mamma che accarezza il suo bambino, che Io vorrebbe mangiare coi baci, come se sognasse di incorporarselo di nuovo? Ma reincorporarselo non può. 

Ora, ciò che è impossibile ad una madre è possibile invece a nostro Signore. Egli ha voluto darsi a noi sotto forma di nutrimento, non tanto perchè noi ce lo incorporiamo, quanto piuttosto per incorporarci egli a sè. Nel caso del cibo ordinario, chi mangia è colui che assimila. Nel caso dell'Eucaristia chi assimila è invece il Pane vivo: « Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo ». « Prendete e bevete, questo è il mio Sangue ». « Se voi non mangerete la Carne del Figlio dell'Uomo, non avrete la vita in voi ». « Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue, avrà la vita eterna ». 

 

L'Eucaristia richiede l'abbraccio, la stretta: l'ostia non è fatta per gli occhi, ma per le labbra, per la bocca. Non basta guardare e adorare; bisogna ricevere e sorbire e trangugiare. «  Prendete e mangiate ». Sarebbe già molto la presenza, e l'assistere alla benedizione del SS. Sacramento è una pratica che la Chiesa loda molto. Ma non è ancora tutta l'Eucaristia. L'Eucaristia richiede la Comunione — l'unione comune; e di che comunanza! — dei due esseri che si amano, il Cristo e il Cristiano. 

 

Sacramento di amore, il matrimonio aspira anch'esso all'abbraccio. 

 

E siccome si tratta di unire non due nature angeliche, tua due nature umane, due spiriti, cioè, nei loro corpi, il matrimonio comprende certamente l'unione delle due anime, ma anche l'unione dei due corpi appunto per favorire l'unione delle due anime. Tutto l'essere di uno domanda di congiungersi a tutto l'essere dell'altro. L'atto creatore di vita, buono, senza dubbio, e voluto da Dio, non ha in sè nulla di peccaminoso; e la Chiesa nel corso, della sua storia ha condannato quei moralisti troppo severi che volevano costringere i coniugi, che l'avevano compito, a confessarsi prima di poter fare la comunione. 

E' un atto, però, che richiede da parte degli sposi di non essere praticato con una ghiottoneria eccessiva, a quel modo, che nei pasti dobbiamo astenerci da ogni voracità. Certamente i congiunti hanno diritto a tutti i segni d'affetto che normalmente lo accompagnano, ma c'è pur sempre campo fra coniugi cristiani, ad un saggio pudore e ad una calma umana e relativa, che toglie ogni, si potrebbe dire, ferocia. 

Altra cosa è dunque il diritto stretto, al quale si commisura il peccato, e altra il campo della perfezione o dell'imperfezione, che si stende molto più in là e invade il campo della finezza, della delicatezza cristiana. 

 

Il matrimonio, sacramento di amore, richiede la mutua presenza di coabitazione rispettosa e generosa; autorizza l'unione dei corpi e delle anime; ma bisogna aggiungere: richiede il mutuo sacrificio. 

 

Anche in questo il ravvicinamento all'Eucaristia é suggestivo. Nostro Signore non ha istituito l'Eucaristia solo per darci la sua presenza, nè solo per offrirci il beneficio della comunione — per quanto grandiosi questi due doni non costituiscono il beneficio culminante. — Qual è dunque la grande ricchezza dell'Eucaristia? 

 

Saliamo il Calvario. Nostro Signore vi si è offerto, tutto solo, all'Eterno Padre; ma con quel suo sacrificio ha meritato che noi fossimo innestati in lui. Per mezzo delle sue ferite noi, poveri rami selvatici, dopo Adamo, e privi della vita divina, abbiamo meritato di essere immessi sul tronco unico, che solo possiede la linfa santificante. 

 

Fatti « cristi » quel giorno, tutti i cristiani hanno ricevuto il potere di offrire con Cristo l'oblazione sacrificale del « Figlio Unigenito », ogni qualvolta questi la « rioffre » per la gloria del Padre e la salute del mondo. Questa « riofferta », « riedizione » dell'offerta è la Messa. Gesù, Mediatore divino, rinnova la sua attitudine di mediatore; riprende, fra cielo e terra, tra Ie dita del sacerdote, le disposizioni immolatrici del Calvario. 

 

Sul Golgota era solo nel sacrificio sanguinoso. Ma ora che egli ci ha fatto « Cristi », abbiamo la missione di offrirlo e di offrirci a lui. Come già abbiamo veduto, il Cristo è un « plurale ». La partecipazione effettiva alla Messa è l'unione del Capo divino e delle membra nella intimità di una medesima oblazione rinnovellata. 

 

Gesù ci apparta il beneficio del suo proprio sacrificio; noi gli portiamo l'offerta del nostro proprio sacrificio. Questa parte di offerta è rappresentata dalle reliquie dei martiri nella pietra sacra dell'altare e dalla goccia d'acqua immessa nel calice nell'offertorio: l'unione di due sacrificati nell'unità del medesimo sacrificio. 

 

Sacramento di amore, il matrimonio se volesse attuare fin le ultime esigenze dell'amore, dovrebbe salire fino a queste cime. Il marito dev'essere pronto a qualunque sacrificio per piacere alla sposa; la moglie dev'essere pronta ad ogni sacrificio per piacere allo sposo. L'amore è formato da questi sacrifici congiunti e li richiede.

 

Che farò per dimostrare a mia moglie che l'amo? Quale impresa compiere, quale prodezza, quale umile fatto grandioso? Spirito di cavalleria! 

E la sposa da parte sua: Che fare perchè mio marito sia contento? Che cosa gli fa piacere? 

Il gusto del mutuo sacrificio è l'alimento e la condizione dell'amore. 

 

estratto da "Cristo al focolare" - R.Rodolfo Plus S.J.

 

 

 

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