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CARTA DELL' IDENTITA' CARISMATICA
DELLA FAMIGLIA SALESIANA di DON BOSCO

 

PRESENTAZIONE
Ai Responsabili centrali dei Gruppi della Famiglia Salesiana

 

Carissimi Fratelli e Sorelle,
siamo agli inizi del triennio di preparazione alla celebrazione del Bicentenario della nascita di Don Bosco, che coinvolge con varie modalità tutti i Gruppi della Famiglia Salesiana e l’intero Movimento salesiano. Questo periodo di preparazione e di celebrazione, che va dal 16 agosto 2011 al 16 agosto 2015, è un “tempo di grazia e di rinnovamento"; esso ci viene offerto dallo Spirito per conoscere meglio il carisma di Don Bosco ed assimilarlo nella nostra vita personale e in quella dei nostri Gruppi. Anche la Carta di Identità per la nostra Famiglia, che intendo presentarvi, ci stimolerà e ci orienterà in questo cammino.
Il 31 gennaio 1995, Solennità di San Giovanni Bosco, Don Egidio Viganò, settimo Successore di Don Bosco, ci ha donato la Carta di Comunione della Famiglia Salesiana di Don Bosco. Nella presentazione egli scrive che essa delinea «quegli elementi fondamentali che costruiscono l’unità nello spirito di Don Bosco. Si è voluto iniziare dall’anima della Famiglia, perché il senso di appartenenza ad essa più che di regole esterne, si nutre della vitalità dello spirito comune». Il contributo di riflessione sullo spirito salesiano, offerto da questa prima Carta, aiuta a comprendere che noi siamo una Famiglia spirituale e perciò che è lo spirito a fondare le nostre mutue relazioni.
Il 25 novembre 2000, giorno in cui ricordiamo la morte della Venerabile Mamma Margherita, Don Juan Edmundo Vecchi, ottavo Successore di Don Bosco, ci ha offerto la Carta della Missione della Famiglia Salesiana. Così Don Vecchi scriveva nella presentazione: essa ci offre «l’orientamento e la sensibilità dei Gruppi della Famiglia Salesiana in fatto di missione apostolica. La possiamo definire un testo ispiratore. Sollecita da ciascuno dei Gruppi della Famiglia un impegno che si caratterizza come impegno salesiano». Con questa seconda Carta si rende visibile che la nostra è una Famiglia apostolica e che essa opera con intenti e senso pastorali.
Il 31 gennaio 2012, Solennità di San Giovanni Bosco, nel primo anno di preparazione al Bicentenario della sua nascita, come nono Successore di Don Bosco, vi consegno la Carta dell’Identità carismatica della Famiglia Salesiana di Don Bosco. Essa è e sarà un riferimento per tutti noi nel cammino comune della nostra Famiglia e nel cammino specifico di ogni Gruppo. Una prima bozza era stata pubblicata il 24 maggio 2011, Solennità di Maria Ausiliatrice. Maria stessa, nostra ispiratrice e sostegno, ci pone tra le mani questo “aiuto” per la nostra crescita carismatica. “Maria rinnova la Famiglia Salesiana di Don Bosco”,[1] scriveva Don Viganò nella sua prima lettera come Rettor Maggiore. Ella continua anche oggi la sua opera, illuminando la nostra mente e aprendo il nostro cuore ai nuovi sviluppi del comune carisma.
La Carta di Identità raccoglie la riflessione e l’esperienza maturate in questi anni a partire dalle due Carte precedenti sulla comunione e sulla missione nella nostra Famiglia. Tali documenti sono stati assunti in questo nuovo testo nelle loro espressioni fondamentali. In questa nuova Carta sono infatti descritti gli elementi caratteristici e caratterizzanti della Famiglia Salesiana, ossia quegli aspetti nei quali tutti i Gruppi si riconoscono, rendendo così possibile lo scambio di esperienze, la collaborazione e la visibilità.
Ciò che viene descritto in questa terza Carta, che comprende e integra le due precedenti, è l’identità carismatica della Famiglia Salesiana, ossia tutto ciò che fa riferimento alla missione, allo spirito, alle relazioni, alla formazione, ai metodi di educazione ed evangelizzazione. Certamente anche la storia del carisma, considerato nelle sue origini e nel suo sviluppo, fa parte della identità; infatti un’identità senza memoria, non avendo radici, è priva di futuro. Per questo la Carta raccoglie l’esperienza dei diversi Gruppi della Famiglia, tratteggiando, in sintesi, quella identità del carisma salesiano che è patrimonio di tutti.
La descrizione dell’identità del carisma salesiano della nostra Famiglia, presente in questa Carta, è scaturita da un lungo processo di riflessione e convergenza, soprattutto in seno alla Consulta mondiale della Famiglia Salesiana. I frutti, che ci attendiamo da una maggior consapevolezza e condivisione della comune identità, sono il rafforzamento dell’unità, del senso di appartenenza e della significatività della nostra Famiglia. Un’identità debole, infatti, genera frammentazione delle idealità, indebolimento dei legami e insignificanza nell’azione. Di qui l’invito rivolto a tutti i Gruppi perché ravvivino e potenzino la comune identità, così da farne dono a tutta la Chiesa.
Se crederemo alla Famiglia Salesiana, troveremo l’entusiasmo, le risorse interiori e le modalità operative per farla crescere nella sua identità. Allora la nostra Famiglia godrà d’una vitalità tale da attirare nuove vocazioni.
È ciò che affidiamo allo Spirito Santo e a Maria Ausiliatrice, a Don Bosco e a tutti i nostri Santi e Beati.
Con affetto e riconoscenza

Don Pascual Chávez Villanueva
IX Successore di Don Bosco
Roma, 31 gennaio 2012
Solennità di San Giovanni Bosco

 

 

Capitolo primo
LA FAMIGLIA SALESIANA NELLA CHIESA

 

Art. 1. Esperienza carismatica e spirituale del Fondatore
Con umile e gioiosa gratitudine riconosciamo che Don Bosco, per iniziativa di Dio e la materna mediazione di Maria, diede inizio nella Chiesa ad un'originale esperienza di vita evangelica.
Lo Spirito plasmò in lui un cuore abitato da un grande amore per Dio e per i fratelli, in particolare i piccoli e i poveri, e lo rese in tal modo Padre e Maestro di una moltitudine di giovani, nonché Fondatore di una vasta Famiglia spirituale ed apostolica.
La carità pastorale, che trova nel Buon Pastore la sua sorgente e il suo modello, fu per Don Bosco costante ispirazione nell’opera di educatore ed evangelizzatore, orientandone la vita, la preghiera e lo slancio missionario. Con la scelta del motto Da mihi animas cetera tolle volle esprimere la sua passione per Dio e per i giovani, disposto ad ogni sacrificio pur di realizzare la missione intravista nel sogno dei nove anni.
Per rispondere alle attese della gioventù e dei ceti popolari del suo tempo, egli fondò nel 1841 l’Oratorio concepito come una grande famiglia giovanile ed istituì la Pia Società di San Francesco di Sales, voluta come parte viva della Chiesa che riconosce nel Sommo Pontefice il suo centro di unità.
L’incontro con Maria Domenica Mazzarello nel 1864 lo convinse ad allargare le frontiere educative anche alle giovani; per questo insieme con lei fondò nel 1872 l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dedite ad un’opera educativa condotta con lo stesso suo spirito, ma interpretato al femminile dalla Santa di Mornese.
Don Bosco ebbe pure relazione con molti cattolici, uomini e donne, variamente dedicati al bene dei giovani, alla difesa e al rafforzamento della fede tra la gente del popolo; con essi sperimentò la forza e l’efficacia dell’operare uniti. Nacque così l’Associazione dei Cooperatori salesiani (oggi “Salesiani Cooperatori”), impegnati a compiere nelle loro famiglie, nelle comunità cristiane di appartenenza e nella società, il comune apostolato giovanile, popolare e missionario, animati dallo stesso spirito di Valdocco.
Alla fondazione di questi tre primi gruppi Don Bosco dedicò tempo, energie, impegno formativo ed organizzativo. Pur riconoscendo la diversità dei campi d’azione, fu sempre convinto che la forza apostolica dell’intera Famiglia dipendesse dall’unità di intenti, di spirito, di metodo e di stile educativo. Segno e garanzia di tale unità furono i legami giuridici delle FMA e dei Cooperatori con la Congregazione salesiana e, in modo particolare, col suo Superiore, il Rettor Maggiore.
Da Don Bosco ebbe inizio anche l’Associazione dei Devoti di Maria Ausiliatrice (oggi “Associazione di Maria Ausiliatrice”) per promuovere la venerazione al Santissimo Sacramento e la devozione a Maria Aiuto dei Cristiani. Attorno a Don Bosco cominciarono a raccogliersi anche i primi Exallievi.

 

Art. 2. Sviluppo della Famiglia
Per la sua statura di «grande uomo carismatico»[2] e di santo, Don Bosco si colloca con originalità tra i Fondatori di Istituti di vita consacrata, religiosi e secolari, e di Associazioni laicali apostoliche nella Chiesa. Con stupore e riconoscenza, infatti, il seme iniziale è cresciuto fino a diventare un albero rigoglioso.
Ai primi quattro Gruppi da lui fondati, numerosi altri Gruppi si sono aggiunti nel corso del secolo ventesimo e all’inizio del nuovo millennio. Dal Fondatore alcuni suoi figli spirituali hanno attinto ispirazione ed orientamento per dar vita, in diversi continenti e in vari contesti socio-culturali, a nuovi Gruppi, sorti talora in collaborazione con le Figlie di Maria Ausiliatrice e col sostegno dei Salesiani Cooperatori e degli Amici dell’opera salesiana.
Molti di questi Gruppi sono stati riconosciuti ufficialmente come appartenenti, a diverso titolo, alla Famiglia Salesiana. Pur avendo vocazioni specifiche, riconoscono in Don Bosco il comune «Patriarca», si sentono animati dal suo spirito, che declinano secondo caratteristiche proprie, e si ritrovano nella comune missione di servire i giovani, i poveri, i sofferenti, nonché i popoli non ancora evangelizzati.
Altri Gruppi sono incamminati verso una possibile aggregazione a quest’unica grande Famiglia, significativo segno della perenne vitalità della Chiesa.
Nell’attuare il rinnovamento promosso dal Concilio Vaticano II, è cresciuta sempre più la consapevolezza di appartenere ad un’unica Famiglia spirituale ed apostolica; si è precisato il ruolo animatore dei Salesiani, ribadendo l’imprescindibile riferimento al Rettor Maggiore; si sono potenziati gli scambi fra i Gruppi, giungendo ad una comunione sempre più fraterna e ad una condivisione sempre più convinta sia delle proposte formative che dell’azione missionaria.

Art. 3. Configurazione istituzionale
Il termine famiglia descrive il legame che intercorre tra i vari Gruppi, sia pure con intensità diverse. Esso non è semplice affinità o generica simpatia, ma l’espressione istituzionale della comunione interiore, carismatica e spirituale; aiuta perciò a precisare i differenti livelli di appartenenza alla Famiglia Salesiana.
Tale appartenenza attinge ad uno spirito comune che fonda la missione ispirata al carisma di Don Bosco, pur rispettando le caratteristiche proprie ed originali di ciascun gruppo. Ciò esige un saggio discernimento, che può portare al riconoscimento ufficiale.
Diversi pertanto sono i titoli di appartenenza. Il primo è quello proprio dei Salesiani, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dei Cooperatori/trici e dei membri dell’Associazione di Maria Ausiliatrice: sono i primi quattro Gruppi costituiti da Don Bosco ed eredi diretti della sua opera. A questi si debbono rapportare e confrontare tutti gli altri Gruppi in ciò che riguarda lo spirito, il campo di missione, la metodologia di azione pedagogica ed apostolica.
Un secondo titolo di appartenenza è quello dei numerosi Gruppi di vita consacrata, sia religiosi che secolari, nonché di alcune Associazioni cattoliche, sorte per la forza creativa di alcuni figli di Don Bosco. Esse arricchiscono con particolari espressioni carismatiche e spirituali il comune patrimonio della Famiglia.
Un terzo livello infine è costituito da titoli particolari di appartenenza riconducibili alla cerchia di persone che fanno parte del vasto Movimento Salesiano e trovano nella Famiglia Salesiana il loro nucleo animatore. Esso è formato dagli Amici di Don Bosco, dal Movimento Giovanile Salesiano e, più in generale, dal Volontariato sociale salesiano e da un’ampia presenza di educatori ed educatrici, catechisti e catechiste, adulti professionisti, politici simpatizzanti, collaboratori e collaboratrici, anche appartenenti a differenti religioni e culture, che operano nei cinque continenti.
Il titolo giuridico di appartenenza è conferito dalla lettera di riconoscimento ufficiale che il Rettor Maggiore invia come risposta alla richiesta avanzata dai singoli Gruppi.

Art. 4. Unità e diversità
La Famiglia Salesiana di Don Bosco è una comunità carismatica e spirituale formata da diversi Gruppi, istituiti e riconosciuti ufficialmente, legati da rapporti di parentela spirituale e di affinità apostolica.
Tale comunità riconosce le diversità. Queste sono: la differenza di genere, maschile e femminile; le distinte vocazioni specifiche; i diversi ministeri esercitati al servizio del popolo di Dio; le distinte forme di vita come religiosi o religiose, consacrati o consacrate laici, cristiani e cristiane celibi o uniti in matrimonio; il progetto di vita salesiana proprio di ogni Gruppo e codificato nei rispettivi Statuti; ilvariegato contesto sociale, culturale, religioso ed ecclesiale in cui i vari Gruppi vivono ed operano.
L’unità si alimenta della comune consacrazione battesimale che inserisce tutti nel Mistero trinitario e nella comunione della Chiesa; della partecipazione alla missione salesiana a servizio dei giovani e dei poveri e per la promozione di un nuovo umanesimo cristiano; di una rinnovata cittadinanza e solidarietà globalizzata; della condivisione dello spirito di Don Bosco; dello scambio di doni spirituali all’interno della Famiglia; del comune riferimento a Maria Ausiliatrice e a Don Bosco, loro santo Fondatore o Patriarca; del legame speciale con il Rettor Maggiore, successore di Don Bosco.

Art. 5. Il Mistero trinitario sorgente della comunione
La Famiglia apostolica di Don Bosco è prima di tutto e sopra tutto una Famiglia carismatica, vale a dire un dono dello Spirito alla Chiesa in vista d’una missione (cf. 1Cor 12,1.4-6); le sue radici più vere e profonde si trovano infatti nel Mistero Trinitario, ossia in quell’amore infinito che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito, sorgente, modello e meta di ogni famiglia umana.
Se tale è la sua origine, i membri della Famiglia Salesiana riconoscono nella loro vita il primato del Dio-Comunione. È questo il cuore della mistica salesiana.[3]
Questa comunione col Dio trinitario è opportunamente codificata nei testi costituzionali dei singoli Gruppi.
Il riferimento a Dio Padre ispira e motiva gli appartenenti e i Gruppi della Famiglia Salesiana ad accogliersi cordialmente come fratelli e sorelle, perché da Lui amati e da Lui chiamati a collaborare al vasto campo della missione salesiana; è un invito a superare paure, riserve e diffidenze, ed a valorizzare quanto ciascuno può e riesce a dare.
Il riferimento a Gesù, Apostolo del Padre, inviato specialmente ai piccoli, ai poveri e agli ammalati, motiva ogni Gruppo a mettere in risalto l’uno o l’altro dei suoi lineamenti: Gesù bambino o adolescente; la vita nascosta di Gesù a Nazaret; Gesù obbediente, povero e casto; la sua figura di buon Samaritano; Gesù buon Pastore che benedice i fanciulli e riunisce attorno a sé discepoli e discepole; il Cristo che in croce manifesta il suo amore misericordioso, vittimale od oblativo; il Signore risorto, primizia e speranza dei risorti (cf. 1Cor 15, 20). La Famiglia Salesiana mira in tal modo a rivivere tutti gli atteggiamenti e comportamenti del Signore Gesù, differenziando i suoi servizi a beneficio dei destinatari particolari dei singoli Gruppi.
Il riferimento allo Spirito Santo rinvia alla fecondità della nostra Famiglia perché è lo Spirito che, suscitando Don Bosco Fondatore, gli ha dato una posterità spirituale; sono così sorti Gruppi particolari per opera di diversi fondatori, tutti però legati a Don Bosco come il loro Patriarca.[4]
Lo Spirito perciò sollecita tutti a valorizzare la diversità di carismi e la molteplicità di forze presenti nelle comunità cristiane, a saper cogliere la sua presenza nelle coscienze delle persone, anche al di fuori dei confini della Chiesa,[5] e a stabilire saggi rapporti di dialogo e collaborazione con tutte le persone di buona volontà.

Art. 6. Nella comunione della Chiesa
Lo Spirito di Dio distribuisce ai fedeli differenti carismi «per il bene comune» (1Cor 12,7), inserendoli armoniosamente nella vita della Chiesa in vista della sua missione di salvezza dell’umanità.[6]
Egli è all’origine di una meravigliosa varietà di Gruppi di consacrati e consacrate che, mentre contribuiscono efficacemente alla missione della Chiesa, la arricchiscono con diversi doni, manifestando in tal modo la multiforme sapienza di Dio e rendendo visibili le note caratteristiche della Chiesa stessa, una, santa, cattolica ed apostolica.[7]
La Famiglia Salesiana è un insieme di cristiani e cristiane, di consacrati e consacrate che, con l'originalità del proprio carisma e del proprio spirito, si pongono al servizio della missione della Chiesa, specialmente nel vasto mondo della gioventù, degli ambienti popolari, dei poveri e delle popolazioni non ancora evangelizzate (apostolicità).
Vivendo nel cuore della Chiesa e realizzando la missione salesiana, evidenzia i differenti doni, integra le vocazioni particolari nello spazio vitale di un’unica Famiglia spirituale ed apostolica, esprime la comunione tra i diversi ministeri, tutti orientati al servizio del popolo di Dio(cattolicità).
Presente nelle Chiese locali, favorisce la comunione tra di loro e con il Successore di Pietro, rivivendo così la devozione al Papa trasmessa da Don Bosco (unità); partecipa alla loro azione apostolica, offrendo un contributo originale specialmente nell’ambito della pastorale giovanile e popolare; promuove l'intesa e la collaborazione con altre aggregazioni ed istituzioni per un'educazione integrale della persona; si prende cura dell’orientamento vocazionale dei giovani, educandoli alla fede ed avviandoli all’impegno apostolico nella Chiesa e per il mondo. Per realizzare la missione educativa i vari Gruppi valorizzano l’apporto degli exallievi e delle exallieve anche appartenenti ad altre religioni o a diverse visioni del mondo (cattolicità).
La Famiglia di Don Bosco, sviluppando una caratteristica spiritualità di origine carismatica, arricchisce tutto il Corpo della Chiesa con un modello di vita cristiana tutto particolare[8] (santità). Ne è testimonianza la numerosa schiera di figli e figlie spirituali di Don Bosco già dichiarati santi o sante, o incamminati sulla via della beatificazione e canonizzazione.

Art. 7. Per un nuovo umanesimo cristiano
La Famiglia apostolica di Don Bosco si chiama salesiana perché collegata a san Francesco di Sales, che Don Bosco scelse come ispiratore e patrono in quanto proponeva, con la sua opera e i suoi scritti, quell’umanesimo cristiano e quella metodologia della carità che ben corrispondevano alle sue intime aspirazioni.
È un umanesimo che non ignora la debolezza dell’uomo, ma si fonda sull’incrollabile fiducia nell’intrinseca bontà della persona, perché amata da Dio e da Lui chiamata alla perfezione cristiana, in ogni forma di vita.
Tale umanesimo è un aspetto costitutivo dell’esperienza carismatica e spirituale dei Gruppi fondati da Don Bosco ed è stato fatto proprio, come preziosa eredità, dagli altri Gruppi oggi aggregati all’unica Famiglia.
Tutta la Famiglia Salesiana si inserisce, quindi, in questa grande corrente, offrendo alla Chiesa un contributo originale nell’ambito educativo e nel lavoro apostolico.
Umanesimo “salesiano”per Don Bosco significava valorizzare tutto il positivo radicato nella vita delle persone, nelle realtà create, negli eventi della storia. Ciò lo portava a cogliere gli autentici valori presenti nel mondo, specie se graditi ai giovani; a inserirsi nel flusso della cultura e dello sviluppo umano del proprio tempo, stimolando il bene e rifiutandosi di gemere sui mali; a ricercare con saggezza la cooperazione di molti, convinto che ciascuno ha dei doni che vanno scoperti, riconosciuti e valorizzati; a credere nella forza dell’educazione che sostiene la crescita del giovane e lo incoraggia a diventare onesto cittadino e buon cristiano; ad affidarsi sempre e comunque alla provvidenza di Dio, percepito e amato come Padre.
Con la fondazione dei Gruppi costitutivi della sua Famiglia e con altre iniziative apostoliche, come l’espansione missionaria, Don Bosco intese offrire un proprio contributo alla realizzazione di un progetto di «società cristiana» da restaurare nel contesto di secolarizzazione proprio del secolo XIX, o da fondare in contesti non ancora evangelizzati.
In fedeltà creativa a Don Bosco, i Gruppi della Famiglia Salesiana sono impegnati ad offrire alla società d’oggi il proprio servizio, recependo gli orientamenti innovatori promossi dal Concilio Vaticano II e dal successivo magistero pontificio circa i rapporti della Chiesa con le altre religioni e con la società contemporanea, centrati sul dialogo interreligioso,[9] sulla difesa della dignità della persona umana e della famiglia, sulla promozione della giustizia e della pace,[10] sul dialogo interculturale specialmente in contesti multietnici, e sulla tutela del creato.

Art. 8. Il prezioso apporto della donna
L’esperienza salesiana vissuta dai primi Gruppi e da quelli sorti successivamente è nata e si è arricchita con l’apporto significativo ed efficace di numerose donne.
È riconosciuto che Don Bosco ha ricevuto un rilevante contributo da Mamma Margherita nell’elaborazione del Sistema Preventivo e nella realizzazione del clima di famiglia che si sperimentava a Valdocco.
Né possiamo dimenticare Maria Domenica Mazzarello, che ha saputo compiere una lettura al femminile dell’esperienza di Don Bosco, dandole un volto concreto e originale sia nella vita spirituale che in quella educativa ed apostolica, patrimonio proprio delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Le prime Volontarie di Don Bosco, guidate da Don Filippo Rinaldi, hanno inaugurato la secolarità consacrata femminile nella Famiglia Salesiana: unite tra loro dai vincoli spirituali dei voti di castità, povertà ed obbedienza, hanno svolto la comune missione salesiana nei contesti della famiglia e del quotidiano luogo di lavoro.
All’origine di quasi tutti i nuovi Gruppi di consacrate della Famiglia Salesiana, sorti nel secolo XX, troviamo un piccolo gruppo di cristiane, generalmente di umile condizione e già variamente dedite ad opere apostoliche, che nutrono un ideale di vita consacrata e, guidate da un vescovo o da un sacerdote salesiano, danno vita e sviluppano nuove fondazioni.
Negli ultimi decenni del secolo XX, una giusta considerazione della donna nei vari continenti ha portato i Gruppi della Famiglia Salesiana, e in modo particolare le Congregazioni religiose, gli Istituti secolari femminili e le Associazioni laicali salesiane, a riflettere sulla valorizzazione del genio femminile nel nostro mondo, seguendo gli orientamenti, per tanti aspetti innovativi, del magistero di Giovanni Paolo II.[11]

Art. 9. Per nuove forme di solidarietà
L’attuale fenomeno della globalizzazione ha aumentato l’interdipendenza tra le persone e i popoli nella sfera economica, culturale, politica e religiosa; indubbie sono le opportunità ma reale anche il pericolo di tradursi in quelle forme di dominio che causano nuove povertà e crescente emarginazione; ma c’è un altro modo per interpretare la globalizzazione ed è la solidarietà ispirata e guidata dai valori evangelici.
Essa «non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti».[12]
I Gruppi della Famiglia Salesiana sono impegnati ad esercitare tale solidarietà attraverso svariati tipi di intervento educativo ed apostolico:
1.L’educazione, che è la forma più alta di solidarietà, se compresa e realizzata secondo i criteri suggeriti dall’assistenza salesiana. Oggi potremmo definirla «etica dell’essere prossimo», ossia: interventi personalizzati, rapporti di amicizia e di fiducia, ascolto delle attese più profonde dei giovani e dei poveri, individuazione di risposte possibili ed efficaci, accompagnamento fedele.
2.Il volontariato civile, sociale e missionario, oggi molto diffuso tra giovani e adulti, che può essere per alcuni autentica vocazione, in quanto esige disponibilità di energie e di tempo; esso mette a contatto con i problemi concreti della gente, impegna a sostenere iniziative promozionali, invita ad esercitare la corresponsabilità, sollecita ad educarsi al dono e al servizio.
3.L’impegno sociale e politico, attuato soprattutto dai Gruppi di membri secolari, secondo i criteri espressi dal magistero della Chiesa. Leggiamo nella Gaudium et spes: «La Chiesa stima degna di lode e di considerazione l’opera di coloro che per servire gli uomini si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità»;[13] e nella Christifideles laici: «I fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla “politica”, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune».[14]

 

Art. 10. Nello scambio dei doni
Eredi tutti del carisma e dello spirito salesiano, i Gruppi stabiliscono tra loro un rapporto molto profondo, così che ciascun Gruppo realizza l’identità della Famiglia Salesiana, ma non senza riferimento a quella degli altri.
Infatti, entrare a far parte di un Gruppo, in virtù d’una specifica vocazione, comporta entrare nell’intera Famiglia; è come sentirsi affidati gli uni agli altri in una relazione di reciprocità.
È allora che i diversi membri consentono alla Famiglia di vivere l’interezza dei suoi doni e valori, perché nei vari Gruppi si vedono accentuati particolari aspetti spirituali che sono patrimonio comune e che, per questo, non possono mancare in nessun cuore salesiano. La comunione della Famiglia li mette a disposizione di tutti.
Tutto ciò ricade a beneficio della missione, perché consente di svolgere in modo più adeguato ed efficace la promozione umana e l’educazione cristiana della gioventù, della gente povera, degli ammalati e delle popolazioni non ancora evangelizzate.
La storia, relativamente breve, della Famiglia Salesiana testimonia che senza una reale comunione si fa strada il pericolo di un progressivo impoverimento fino alla infedeltà al progetto di Don Bosco. Avvertire che senza gli altri, i membri di un particolare Gruppo non possono essere se stessi, dovrebbe essere consapevolezza da tutti coltivata, ispirando linguaggi coerenti ed atteggiamenti concreti.

Art. 11. Con Maria in casa
Fin dalla fanciullezza Don Bosco si è riferito a Maria come a Maestra e Madre, perché così gli era stata indicata dal Personaggio del sogno dei nove anni.
Nella sua prima esperienza educativa, inserendosi nel cammino della Chiesa locale, affidò la sua opera alla Madonna Consolata; i ragazzi «poveri e pericolanti», avvertivano in Lei protezione e consolazione.
Più tardi, vivendo in comunione con la Chiesa universale la definizione del dogma mariano, propose loro Maria Immacolata, presentandola come l’educatrice delle energie di amore ed efficace sostegno alla loro crescita, umana e cristiana.
Infine, avendo sperimentato nella fondazione e sviluppo della sua opera che «Maria ha fatto tutto», anche con interventi straordinari, dedicò la nascente Congregazione alla Vergine col titolo di Aiuto dei Cristiani.
Ricevendo poi da Maria l’ispirazione per fondare l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, volle che esso fosse un «monumento vivo» della sua gratitudine all’Ausiliatrice.[15] A Lei affidò pure i Cooperatori Salesiani, affinché ne fossero protetti e trovassero in Lei ispirazione nell’impegno apostolico. Istituì pure l’Associazione dei Devoti di Maria Ausiliatrice, legata al santuario di Torino, come un segno di riconoscenza per la presenza materna della Madonna in tutta la sua opera.
Questo speciale riferimento a Maria ha segnato profondamente l’identità carismatica e spirituale dei vari Gruppi della Famiglia Salesiana sorti lungo il XX secolo. Alcuni l’hanno perfino inserito nella denominazione con cui sono ufficialmente riconosciuti nella Chiesa, come le Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, leSuore Catechiste di Maria Immacolata Ausiliatrice, le Suore Ancelle del Cuore Immacolato di Maria, le Suore Missionarie di Maria Aiuto dei Cristiani, le Figlie della Regalità diMaria Immacolata, le Suore di Maria Auxiliatrix.
Se tutti i Gruppi della Famiglia Salesiana venerano Maria Ausiliatrice come loro principale Patrona, alcuni ne evidenziando la presenza con diversi titoli, per sottolineare aspetti particolari del proprio apostolato.
Maria viene considerata non soltanto come Madre della Chiesa e Ausiliatrice dei cristiani, ma anche come Madre dell’intera umanità, così che collaboratori e collaboratrici di vari Gruppi della Famiglia Salesiana, appartenenti anche ad altre religioni, nutrono per Lei una sincera devozione.
Si può quindi fondatamente affermare che la Famiglia Salesiana è una Famiglia mariana.

Art. 12. Con riferimento a Don Bosco
Iniziatore di una vera scuola di spiritualità apostolica, Don Bosco è punto di riferimento per quanti, rispondendo ad un particolare impulso dello Spirito, si sentono chiamati a condividere, oggi, la sua missione nei vari stati di vita e nelle diverse forme di impegno.
Ciò significa che l’appartenenza alla Famiglia Salesiana si costruisce intorno a Lui come a centro unificatore. Di fatto, i fondatori dei Gruppi sorti nel secolo XX sono tutti figli spirituali di Don Bosco, membri della sua Congregazione. Fu loro costante preoccupazione realizzarne la vasta missione in nuovi contesti e con nuove forze apostoliche, nelle quali hanno infuso lo spirito del loro Padre e Maestro. Ciò che lega i differenti Gruppi e i loro membri in un’unica Famiglia è una specie di parentela spirituale in Don Bosco, dovuta alla presenza dello Spirito, Colui che nella Chiesa unisce tra loro i portatori di particolari carismi.
È una parentela che trova espressione nella carità pastorale propria di Don Bosco. La passione apostolica fu l’energia spirituale che lo spinse cercare le anime e servire solo Dio; una carità che riempì cuore, mente e progetti nell’intento di espandere e dare stabilità alla sua opera. Per questo convocò intorno a sé varie persone; ne coordinò e armonizzò le funzioni, i molteplici doni, nonché i differenti stati di vita e i ministeri.
Don Bosco trovava la sorgente di tanta forza nell’interiorità costantemente aperta alla relazione con Dio. Anche per noi l’amore educativo ed apostolico richiede una forma concreta ed esigente di interiorità.

Art. 13. Il Rettor Maggiore nella Famiglia Salesiana
L’appartenenza alla Famiglia apostolica di Don Bosco è originata dalla comunione e si nutre di comunione. Essa è corrispondenza allo Spirito che fa tendere all’unità dando corpo ad espressioni concrete, anche istituzionalizzate, così da garantire un rapporto efficace ed una collaborazione operativa.
L'appartenenza alla Famiglia Salesiana necessita perciò di un centro vitale che attualizzi il riferimento a Don Bosco, alla comune missione e allo stesso spirito.
Tale centro, secondo il pensiero di Don Bosco, è il Rettor Maggiore. A lui tutti riconoscono un triplice ministero di unità: Successore di Don Bosco, Padre comune, centro di unità dell’intera Famiglia. A lui spetta il compito istituzionale di ammettere alla Famiglia Salesiana i Gruppi che ne fanno richiesta, secondo criteri prestabiliti.
Per questa sua missione avverte il dovere di offrire gli orientamenti necessari per assicurare la fecondità del carisma in ogni Gruppo della Famiglia. Con l’esempio e il magistero tesse la trama dell’unità ed assicura, nella varietà delle vocazioni specifiche, la fedeltà allo spirito e il coordinamento di alcune iniziative. Esercita tale ministero con la paternità che fu propria di Don Bosco: un atteggiamento che richiede comprensione e bontà, attenzione alla crescita di ciascuno, guida nella fedeltà carismatica, impegno per la fecondità della vocazione salesiana in tutte le sue espressioni, proprio come lasciò scritto Don Bosco: «Il vostro Rettore avrà cura di voi e della vostra eterna salvezza».

 

 

Capitolo secondo
LA MISSIONE DELLA FAMIGLIA SALESIANA

Art. 14. Missione carismatica nella Chiesa e per la Chiesa
La missione della Chiesa scaturisce dalla libera iniziativa del Padre, passa attraverso il mandato di Gesù Cristo e viene perpetuata ad opera dello Spirito Santo.[16] È unica ed affidata a tutti i membri del popolo di Dio, in forza del Battesimo e della Cresima. Particolari carismi dello Spirito la fanno però attuare con modalità diverse in rapporto a destinatari differenti.[17]
La missione di Don Bosco e della sua Famiglia spirituale si inserisce nella comune vocazione cristiana all’apostolato. Ma poiché risponde a un dono spirituale, essa è di origine carismatica: è lo Spirito del Padre e del Signore risorto Colui che, come in passato inviò Don Bosco ai giovani e ai ceti popolari, nel corso della storia continua a inviare i suoi figli e le sue figlie spirituali a perpetuarne l’apostolato giovanile, popolare e missionario.
Tale invio particolare è mediato, tra l’altro, dai segni dei tempi.[18] Per noi, i bisogni e le attese, le aspirazioni e le esigenze spirituali della gioventù specialmente povera, della gente semplice e dei popoli non ancora evangelizzati, sono segni attraverso i quali lo Spirito, nel mutare degli eventi e nei differenti contesti sociali e culturali, chiama ed invia i vari Gruppi della Famiglia Salesiana a svolgere la loro missione.
Questa, svolgendosi nella Chiesa e per la Chiesa, è sottoposta all'approvazione della sua autorità e alla sua legislazione, per cui la missione carismatica è inserita nell'armonico svolgimento dell’azione ecclesiale ai vari livelli.
La missione carismatica trova poi pratica attuazione nel diritto particolare di ciascun Gruppo della Famiglia Salesiana. All’interno della Società di San Francesco di Sales, dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e degli altri Istituti religiosi, chi invia o manda sono rispettivamente i legittimi Superiori/e. In alcuni casi, il soggetto che invia è collegiale: ciò avviene, ad esempio, nell’elezione dei membri del Consiglio generale ad opera di un’assemblea capitolare.
Nel caso delle Volontarie di Don Bosco e degli altri Istituti secolari, come pure per i Salesiani Cooperatori, le Dame Salesiane e le altre Associazioni laicali salesiane, non c’è un’autorità che invia. La singola persona è però tenuta a seguire fedelmente le indicazioni circa la missione, contenute nei propri Statuti, che determinano, in base al diritto particolare, l’esercizio concreto dell’apostolato salesiano secolare.

Art. 15. Famiglia apostolica
La Famiglia Salesiana è una Famiglia apostolica. I Gruppi che la compongono sono tutti soggetti responsabili della comune missione, benché in misura e forme diverse.[19]
Don Bosco fondando la Società di San Francesco di Sales e l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, li ha configurati come Congregazioni religiose, non contemplative ma «apostoliche». Secondo lintenzione dei loro Fondatori, figli spirituali di Don Bosco, tutte le altre Congregazioni religiose appartenenti oggi alla Famiglia Salesiana hanno un chiaro orientamento apostolico e fanno parte degli Istituti religiosi riconosciuti come «apostolici». Alcuni Gruppi sono sorti nei cosiddetti luoghi di «missione» con il fine specifico di partecipare all’opera di evangelizzazione ad gentes nella diversità dei contesti e delle culture. Rientrano in questa categoria: le Suore della Carità di Gesù, le Suore ancelle del Cuore Immacolato di Maria, le Suore Missionarie di Maria Aiuto dei Cristiani, le Suore Catechiste di Maria Immacolata Ausiliatrice, le Figlie della Ragalità di Maria Immacolata, le Suore Annunciatrici del Signore, le Suore di Maria Auxialitrix.
Le Associazioni dei Salesiani Cooperatori, delle Dame Salesiane, dei Testimoni del Risorto e di Canção Nova sono Associazioni ecclesiali di tipo apostolico, fondate con l’obiettivo specifico di attuare in modo vasto e capillare, e con modalità secolare, la missione di Don Bosco e dei rispettivi Fondatori.
Gli Istituti secolari delle Volontarie di Don Bosco, delle Figlie della Regalità di Maria Immacolata, dei Volontari Con Don Bosco e dei Discepoli hanno tutti finalità apostoliche: i loro membri svolgono un apostolato salesiano di tipo secolare nel contesto della famiglia, del mondo del lavoro, dei rapporti sociali, degli impegni civili.
In virtù della sua particolare vocazione, la singola persona appartenente ai distinti Gruppi è una inviata, chiamata quindi a svolgere la comune missione secondo il ruolo affidatole, le capacità e le possibilità che le sono proprie.
In base alle norme costituzionali, presso i Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice e gli altri Istituti religiosi, la missione è assunta e attuata innanzitutto dalla comunità - sia ispettoriale che locale - che è, dunque, il soggetto primario della missione.

Art. 16. «Missione giovanile, popolare e missionaria»
La missione della Famiglia Salesiana si rivolge ai giovani ed agli adulti, considerati come protagonisti e destinatari dell’educazione e situati nei loro particolari contesti sociali, culturali, religiosi ed ecclesiali, con particolare riferimento ai «luoghi di missione». Per indicare ciò è divenuta d’uso corrente la formula missione giovanile, popolare e missionaria, tre dimensioni che si integrano a vicenda.

1.Missione giovanile. Secondo le precise intenzioni di Don Bosco, i Gruppi della Famiglia da lui fondati hanno come destinatari privilegiati i giovani poveri, abbandonati, pericolanti o, con linguaggio moderno, la gioventù maschile e femminile più bisognosa di aiuto per situazioni di povertà economica, di carenza affettiva, culturale o spirituale. Questa scelta è condivisa in maniera esplicita da altri Gruppi e codificata nei loro testi costituzionali. Nel mondo dei giovani, tutti i Gruppi prestano una particolare attenzione a quelli che rivelano segni di vocazione apostolica specifica, laicale, consacrata e sacerdotale.
Alcuni Gruppi si rivolgono di preferenza agli adolescenti e ai giovani di sesso maschile. Altri Gruppi privilegiano la gioventù femminile considerata in tutte le tappe dell’età evolutiva. Altri ancora si rivolgono alla totalità della gioventù senza distinzione. Numerosi sono i Gruppi che portano un’attenzione privilegiata ai giovani e alle giovani vittime di gravi forme di emarginazione, sfruttamento e violenza.

2.Missione popolare. Illuminato dall’Alto, Don Bosco si interessò pure degli adulti, con preferenza per quelli più umili e poveri, per i ceti popolari, il sottoproletariato urbano, gli immigrati, gli emarginati, in una parola, per tutti coloro che risultavano più bisognosi di aiuto materiale e spirituale. Fedeli all’orientamento di Don Bosco, i Gruppi della Famiglia Salesiana condividono questa scelta preferenziale. L’Associazione di Maria Ausiliatrice ha inserito nel suo nuovo Regolamento l’apostolato salesiano rivolto in particolare al ceto popolare.
Particolare attenzione viene data alla famiglia, luogo primario di umanizzazione destinato a preparare i giovani all’amore e all’accoglienza della vita, prima scuola della solidarietà tra le persone e i popoli. Tutti sono impegnati a garantirle dignità e saldezza perché diventi, in maniera sempre più evidente, una piccola «chiesa domestica».[20]
Alcuni Gruppi, in virtù di un particolare carisma, allargano il loro apostolato salesiano a categorie particolari di persone: le Figlie dei Sacri Cuori ai lebbrosi, le Suore della Carità di Gesù agli anziani, le Dame Salesiane agli ammalati.

3.Apostolato missionario ad gentes. Don Bosco coltivò l’ideale missionario e partecipò in modo concreto all’opera missionaria della Chiesa del suo tempo. Volle che la Società Salesiana e l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice si dedicassero alle «missioni»; ed è ciò che fecero le due Congregazioni religiose fin dalle loro origini, con una straordinaria espansione che le ha rese presenti in tutti i continenti. La cooperazione missionaria è stata pure, fin dal suo inizio, una dimensione essenziale dell’Associazione dei Salesiani Cooperatori. Anche le Suore Missionarie di Maria Aiuto dei Cristiani e le Suore Catechiste di Maria Immacolata Ausiliatrice si dedicano in maniera prioritaria al lavoro missionario. Tale forma di apostolato salesiano rientra chiaramente nella missione delle Volontarie di Don Bosco, delle Figlie dei Sacri Cuori, delle Salesiane Oblate del Sacro Cuore di Gesù, delle Suore della Carità di Gesù, dei Testimoni del Risorto, delle Dame Salesiane e dei Discepoli.

 

Art. 17. Servizio al Vangelo
Il Figlio di Dio si è incarnato per rivelare il volto di un Padre “amante della vita” e porsi al servizio del «ben-essere» fisico e spirituale degli uomini, specialmente quelli più bisognosi di aiuto e di speranza: «Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45).
Seguendo l’esempio e l’insegnamento di Gesù di Nazaret la Chiesa e, in essa, la Famiglia Salesiana, si pone al servizio (diaconia) dell’umanità per annunciare il vangelo e chiamare tutti alla pienezza della vita.
È un servizio che, secondo le indicazioni del Magistero postconciliare[21] comprende: il rinnovamento dell’umanità con opere sociali e con varie forme di intervento educativo; la testimonianza cristiana personale e comunitaria; l’annuncio esplicito del Vangelo con l’insegnamento religioso e la catechesi; il lavoro missionario tramite il dialogo interreligioso (specialmente la condivisione di vita e di preghiera), la collaborazione con appartenenti ad altre religioni per lottare contro situazioni ingiuste, e il loro accompagnamento quando si dispongono ad entrare nella Chiesa; l’animazione della preghiera, in particolare quella liturgica, della comunità cristiana; le molteplici iniziative di solidarietà umana e cristiana; le molte forme di cooperazione missionaria; la presenza evangelizzatrice in zone segnate da indifferentismo religioso o ateismo.
Formare «buoni cristiani e onesti cittadini» è intenzionalità più volte espressa da Don Bosco per indicare tutto ciò di cui i giovani necessitano per vivere con pienezza la loro esistenza umana e cristiana: vestito, vitto, alloggio, lavoro, studio e tempo libero; gioia, amicizia; fede operosa, grazia di Dio, cammino di santificazione; partecipazione, dinamismo, inserimento sociale ed ecclesiale. L’esperienza educativa gli suggerì un progetto ed un particolare stile di intervento, da lui stesso condensati nel Sistema preventivo, che «si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l’amorevolezza».[22]
I vari Gruppi della Famiglia Salesiana, riprendendo le intuizioni e le esperienze di Don Bosco e rileggendole alla luce della rinnovata ecclesiologia conciliare e del magistero pontificio circa l'evangelizzazione, esprimono la loro azione di educatori ed evangelizzatori con formule diverse: «servizio educativo pastorale», attuato secondo il Sistema preventivo; «educare evangelizzando, evangelizzare educando»; «educazione integrale nello stile del Sistema preventivo»; educare ed evangelizzare secondo la «pedagogia della bontà»; ed altre analoghe formulazioni.
Fondamentalmente, sono tre gli ambiti nei quali la Famiglia Salesiana attua il suo multiforme servizio evangelico: la promozione umana, l’educazione, l’evangelizzazione.
Per tutti i Gruppi l’evangelizzazione, intesa come annuncio e testimonianza del Vangelo, è l’obiettivo prioritario della propria missione.

Art. 18. Nei nuovi contesti religiosi e culturali
Nel cammino di rinnovamento e di comunione tra tutte le forze che la compongono, la Famiglia Salesiana ha maturato alcune scelte fondamentali in ordine all’impegno missionario nei nuovi contesti culturali segnati, tra l’altro, da un sempre più rapido cambiamento di mentalità e costumi e dalla crescente mobilità umana con presenza, sullo stesso territorio, di persone appartenenti a religioni e culture differenti.

 

1.Promuovere l’umanesimo salesiano. Esso pone al centro la persona, la cui dignità va tutelata e promossa in tutte le sue espressioni. In chiave educativa ciò significa risvegliare e mobilitare tutte le potenzialità giovanili: le capacità della ragione; il variegato patrimonio affettivo; le energie della volontà orientate dalla libertà e fortificate dalla grazia.
Apprezza inoltre tutti i valori che risultano autenticamente umani. Tra questi, quelli del lavoro e della cultura, dei rapporti amicali e dell’impegno civile, del gusto artistico, della competenza professionale e delle conquiste scientifiche, dell’onestà morale sia nell’ambito privato che pubblico e delle piccole realtà quotidiane che danno sapore alla vita; tali valori vanno difesi e promossi da parte di tutti.
L’umanesimo salesiano, inoltre, si prodiga per dare senso al vivere di ogni giorno e costruire ragioni di speranza e prospettive di futuro per la persona e la società.
Infine, si prefigge di aiutare ciascuno a trovare il giusto posto nella società e nella Chiesa, riconoscendo che è diritto di ogni giovane esser aiutato ad individuare la propria vocazione.

 

2.Inserirsi nelle concrete situazioni. Per tutti i Gruppi della Famiglia Salesiana che operano nei vari continenti, impegnarsi per la persona è una sfida non facile, data la diversità e complessità dei contesti locali sotto il profilo sociale, culturale e religioso. Per individuare interventi possibili ed efficaci in risposta alle esigenze emergenti, si richiede la capacità di leggere le situazioni del posto con intelligenza e competenza, sempre ispirandosi agli orientamenti del Papa e dell’episcopato locale.

 

3.Curare la significatività. Tale inserimento diventa significativo sia per la testimonianza di condivisione che si offre, sia per le proposte operative che possono nascere dall’ascolto diretto e prolungato della gente, sia per le dinamiche di reciproca educazione che si sviluppano quando davvero si costruisce un comune destino.
Insieme, allora, si affrontano le difficoltà e si individuano le prospettive: i problemi che possono sorgere con persone ed istituzioni; la difesa e promozione dei valori etici nel rispetto, allo stesso tempo, delle posizioni differenti e delle proprie convinzioni di coscienza; le soluzioni nuove, che vanno ricercate partendo da esperienze passate e guardando al futuro; la difesa dei diritti di coloro che sono più deboli ed esposti; la presenza efficace nelle sedi politiche, soprattutto là dove si elaborano le politiche educative; la promozione di un’opinione pubblica nutrita di valori umani, evangelici e salesiani.
È ovvio che il criterio di significatività della presenza salesiana ha applicazioni distinte nei diversi contesti geografici e culturali: ciò che è possibile ed opportuno in un luogo può non esserlo in un altro; ciò che alcuni possono fare in certe situazioni può risultare impossibile per altri. La fedeltà all’unica missione non impone lo stesso cammino a persone diverse.

 

4.Assumere la sfida della comunicazione sociale.Don Bosco intuì l’efficacia della comunicazione sociale e lasciò in eredità alla sua Famiglia spirituale il compito di valorizzarla come strumento di crescita personale e comunitaria, e insieme come difesa e promozione della fede tra i ceti popolari.
Oggi gli strumenti tecnici ed informatici rendono pubblico ciò che un tempo era considerato privato, agiscono in modo istantaneo e pervasivo coinvolgendo masse enormi di popolazione ed affascinando soprattutto i giovani, provocano cambiamenti negli stili di pensiero e di relazione, diffondono proposte di vita non sempre in linea con un umanesimo ispirato a valori cristiani.
D’altra parte, tali strumenti offrono inedite opportunità di educazione e di evangelizzazione. Infatti, le possibilità di collegamento in rete e di comunicazione a distanza consentono di realizzare varie forme di intervento e di attivare sinergie che in passato non erano pensabili. La Famiglia apostolica di Don Bosco intende mettere a frutto le possibilità ancora inesplorate nella missione salesiana e cogliere le opportunità che la società offre, coniugando capacità acquisite e creatività innovativa.

Art. 19. Comunione e collaborazione nella missione
Il legame che unisce i membri della nostra Famiglia è quello di una «comunione missionaria».[23] I diversi Gruppi, perciò, sono chiamati a vivere il dono di comunione che proviene da Dio, svolgendo il comune e pur differenziato servizio evangelico, secondo gli specifici destinatari, i particolari obiettivi e i diversi stili.
Don Bosco dimostrò in tutta la sua azione di educatore, pastore e fondatore una grande capacità di intuire le possibilità e le doti di ciascuno, di corresponsabilizzare anche i più giovani tra i suoi collaboratori, di armonizzare nel lavoro apostolico competenze molto diverse, di individuare per ciascuno un lavoro congeniale all’indole, all’ingegno, alla formazione. Fu sempre consapevole della necessità di una carità cooperativa nel servizio educativo e pastorale, convinto che lo Spirito Santo suscita i carismi a beneficio di tutta la Chiesa.
La comunione tra i Gruppi nella e per la missione si sta dimostrando sempre più indispensabile in ordine all’impegno educativo e missionario; infatti si avverte come urgente la necessità di collegare gli interventi, di proporre diversi modelli di vita cristiana e di garantire ministeri complementari.
Così, l’operare insieme intensifica l’efficacia della testimonianza, rende più convincente l’annuncio del Vangelo, favorisce una più vivace carità apostolica, consente di approfondire i tratti caratteristici di ciascun Gruppo mentre manifesta e potenzia l’identità della Famiglia nella comunione e nella missione.
Per questo, pur rispettando l’autonomia di ciascun Gruppo, occorre custodire e, se necessario, inventare forme possibili di collaborazione.

Art. 20. Autonomia ed originalità di ciascun Gruppo
La comunione nella e per la missione non pregiudica, anzi chiarisce e rafforza l’autonomia e l’originalità di ciascun Gruppo della Famiglia.
I vari Gruppi godono infatti di una propria autonomia non solo spirituale, formativa, economica e di governo, ma anche apostolica, attuando la missione in strutture proprie e secondo modalità peculiari.
Non si tratta infatti d’imporre una uniformità di intervento operativo fra tutti: ciò provocherebbe il livellamento delle differenze, generando confusioni ed incertezze nel lavoro apostolico. Si tratta piuttosto di armonizzare il proprio intervento nell’insieme di un progetto da tutti condiviso.
L’originalità di ogni Gruppo nella comunione va quindi riconosciuta e promossa. È un diritto dei giovani poter usufruire del servizio specifico di ciascun Gruppo; ed è una ricchezza per la Famiglia e per la Chiesa tutta, moltiplicando in tal modo le forze operanti per il bene della gioventù. Questa comunione nell’autonomia invita ad essere corresponsabili nella missione, ma non implica necessariamente corresponsabilità in ogni singola iniziativa o in ogni particolare territorio.

Art. 21. Corresponsabilità apostolica
La corresponsabilità richiede, come condizione previa, che ciascun Gruppo assicuri un’autonoma capacità quanto al proprio sviluppo, alla formazione dei soci, alle iniziative apostoliche, e che realizzi, con il maggior sforzo possibile, la vocazione e missione specifiche garantendo, al suo interno, quella vitalità che è frutto di fedeltà e creatività.
Sono poi auspicabili:
1.Le collaborazioni tra Gruppo e Gruppo per realizzare la missione salesiana nei suoi diversi settori e campi e nei diversi tipi di opere;
2.La collaborazione dei Gruppi che vivono ed operano nello stesso territorio, in collegamento con le strutture pastorali della Chiesa locale e le istituzioni civili, così da offrire il contributo salesiano, vario nelle sue ricchezze e contenuti, alla comune costruzione della civiltà dell’amore.
È ovvio che la realizzazione d’un progetto comune impone un cammino di convergenza che può comportare, alle volte, la rinuncia a particolari punti di vista o a prospettive legate al solo Gruppo di appartenenza.
La corresponsabilità richiede, in ogni caso, il comune impegno a perseguire alcuni obiettivi condivisi. Tutti i Gruppi sono chiamati a diffondere, con i valori del Vangelo, i tratti caratteristici dell’identità carismatica e spirituale della Famiglia apostolica di Don Bosco. Essi qualificano l’intera Famiglia e, perciò, non possono essere preoccupazione solo di alcuni Gruppi. Tutti, anche i singoli membri, sono responsabili, in prima persona, nell’animare e promuovere l’eredità spirituale ricevuta.
Gli obiettivi che devono essere riconosciuti e perseguiti da ogni singolo Gruppo sono:
1.Condividere la preoccupazione educativa nell’attuale contesto storico, cercando le vie più opportune per educare i giovani e le giovani ai valori fondamentali della vita e all’incontro con il Vangelo.
2.Far conoscere il Sistema preventivo: esso rappresenta il condensato della saggezza pedagogica di Don Bosco e costituisce il messaggio profetico che ha lasciato ai suoi eredi e a tutta la Chiesa. È un’esperienza spirituale ed educativa che si fonda su ragione, religione ed amorevolezza.
Ragionesottolinea i valori dell’umanesimo cristiano, quali la ricerca di senso, il lavoro, lo studio, l’amicizia, l’allegria, la pietà, la libertà non disgiunta da responsabilità, l’armonia tra saggezza umana e sapienza cristiana.
Religionesignifica fare spazio alla Grazia che salva, coltivare il desiderio di Dio, favorire l’incontro con Cristo Signore in quanto offre un senso pieno alla vita ed una risposta alla sete di felicità, inserirsi progressivamente nella vita e nella missione della Chiesa.
Amorevolezzaesprime la necessità che, per avviare un’efficace relazione educativa, i giovani non solo siano amati, ma conoscano di essere amati; è un particolare stile di rapporti ed è un voler bene che risveglia le energie del cuore giovanile e le fa maturare fino all’oblatività.
Ragione, religione e amorevolezza sono oggi, più di ieri, elementi indispensabili all’azione educativa e fermenti preziosi per dar vita ad una società più umana, in risposta alle attese delle nuove generazioni.
3.Diffondere con la testimonianza e la parola lo spirito salesiano: l’umanesimo salesiano scommette su ogni singola persona, ed impegna educatori ed educatrici ad operare instancabilmente per la sua crescita, anche in condizioni talora difficili; è la premessa per una nuova civiltà dell’amore.
4.Promuovere il Movimento salesiano: Don Bosco coinvolgeva molti nel suo disegno educativo e missionario; chiedeva, a tutti i livelli, attenzione per i suoi ragazzi e per la gente bisognosa. L’ampio Movimento salesiano e il collegamento tra le molteplici forze in esso operanti sono un’offerta utile a tutti.

 

 

Capitolo terzo
LA SPIRITUALITÀ DELLA FAMIGLIA SALESIANA

Art. 22. Orizzonti della spiritualità apostolica della Famiglia Salesiana
La spiritualità apostolica è il centro ispiratore e animatore della vita di comunione nella e per la missione della Famiglia Salesiana. È una comunione, infatti, che non nasce da progettualità umana, né coincide con un’organizzazione per quanto perfetta o con tecniche pur raffinate di aggregazione, ma scaturisce da quella carità pastorale che, suscitata dallo Spirito nel cuore di Don Bosco, lo animò fino alla santità.
Spiritualitàsignifica che la nostra vita è guidata dallo Spirito, Colui che gratifica dei suoi carismi i vari Gruppi appartenenti all’unica Famiglia. Apostolica significa un dinamismo interiore che spinge al dono e al servizio, dando efficacia salvifica all’azione educativa ed evangelizzatrice ed unificando tutta l’esistenza attorno a questo centro ispiratore.
Mossi da fede, speranza e carità, i membri della Famiglia Salesiana partecipano all’azione di Dio che sempre opera per comunicare ad ogni persona il suo amore misericordioso e si sentono profondamente inseriti nella comunione e nell’apostolato della Chiesa.

Art. 23. Collaborare con Dio Padre
Porre Dio come centro unificatore della propria vita, sorgente della comunione fraterna ed ispiratore della propria azione, suppone una certa immagine di Dio. Non il Dio lontano, tutto immerso nel suo solitario e imperturbabile silenzio e disinteressato della terra, ma il Dio-Amore (cf. 1Gv 4,16) che totalmente si dona all’umanità, un «Padre che opera sempre» (Gv 5,17) condividendo la vita dei suoi figli, impegnato nel venire incontro fattivamente e con infinito amore alle profonde attese delle persone; un Dio così coinvolto nella nostra storia da esporsi alla libertà dell’uomo accettando il rischio del rifiuto, sempre donandosi come amore che perdona (agape).[24]
Silenzioso ma efficace Operatore dentro la storia, questo Dio associa a Sé collaboratori attivi e collaboratrici operose che, nelle concrete situazioni di vita, impegnano le loro energie nell’annunciare il Suo amore e nel compiere opere di bene, attingendo da Lui la forza per amare, donare e servire.
Per la Famiglia Salesiana e i suoi componenti, «vivere alla presenza di Dio» significa coltivare un’intensa e continua relazione d’amore con Lui (“unione con Dio”); sentirsi perciò colmati da un amore simile al Suo, quello che si dona in modo benevolo e disinteressato e si prodiga per i destinatari privilegiati della propria missione; significa anche saper cogliere e accogliere i segni della sua misteriosa presenza nelle attese e nelle richieste degli uomini e delle donne del nostro tempo.
È a questo Dio, Padre misericordioso, che Don Bosco ha rivolto la sua accorata invocazione: «Da mihi animas, cetera tolle». A tutti i suoi discepoli e discepole Don Bosco ripete: «La più divina delle cose divine è cooperare con Dio alla salvezza delle anime, ed è una strada sicura di alta santità».

Art. 24. Vivere i sentimenti di Cristo
Don Bosco ha posto al centro della sua vita spirituale ed azione apostolica una convinta devozione a Gesù presente nell’Eucaristia, il Padrone di casa - come egli soleva dire -, e al divin Salvatore, di cui ha inteso imitare i gesti salvifici.
Innestati in Cristo in forza del Battesimo, ci lasciamo assimilare a Lui, docili all’azione dello Spirito, fino a poter dire con san Paolo: «Per me il vivere è Cristo» (Fil 1,21), « non vivo più io, ma Cristo vive in me » (Gal 2,20); ma accogliendo pure l’altra esortazione dell’Apostolo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5).
Questi sono: la vigile consapevolezza di essere l’Inviato di Dio, guidato in tutto dallo Spirito; l’incondizionata ubbidienza al volere del Padre nel compiere la missione affidatagli, affrontando con coraggio difficoltà e contrasti (cf. Gv 5, 17s); il costante e generoso impegno per liberare le persone da ogni forma di morte e comunicare a tutti vita e gioia; la cura appassionata dei piccoli e dei poveri con la sollecitudine del Buon Pastore; l’amore che perdona sempre fino a diventare vittima sulla croce; la promessa di essere compagno di strada dei suoi discepoli come lo fu con i due di Emmaus.
È l’icona del Buon Pastore, in particolare, ad ispirare e guidare la nostra azione, indicando due preziose prospettive di spiritualità apostolica salesiana.
La prima: l’apostolo/a del Signore Gesù pone al centro della sua attenzione la persona in quanto tale e la ama così com’è, senza pregiudizi ed esclusioni, proprio come fa il Buon Pastore, anche con la pecorella smarrita.
La seconda: l’apostolo/a non propone se stesso/a ma sempre e solo il Signore Gesù, l’unico che può liberare da ogni forma di schiavitù, l’unico che può condurre a pascoli di vita eterna (cf. Gv 10,1-15), l’unico che non abbandona mai chi è smarrito ma si fa solidale con la sua debolezza e, pieno di fiducia e di speranza, lo cerca, lo recupera e lo riconduce perché abbia vita in pienezza.
Radicarsi in Cristo e conformarsi a Lui è la gioia più profonda per un figlio ed una figlia di Don Bosco. Da qui l’amore alla Parola e il desiderio di vivere il mistero di Cristo ripresentato dalla liturgia della Chiesa; la celebrazione assidua dei sacramenti dell'Eucaristia e della Riconciliazione, che educano alla libertà cristiana, alla conversione del cuore e allo spirito di condivisione e di servizio; la partecipazione al mistero della Pasqua del Signore, che apre alla comprensione nuova della vita e del suo significato personale e comunitario, interiore e sociale.

Art. 25. Essere docili allo Spirito
La vita cristiana è, per sua natura, vita nello Spirito. Coinvolta nel cammino di rinnovamento promosso dal Concilio Vaticano II, la Famiglia Salesiana ha cercato di approfondire i rapporti con lo Spirito del Signore Risorto, definendo la propria identità attorno al carisma di Don Bosco, vero dono dello Spirito e sorgente della spiritualità che anima la sua Famiglia apostolica.
I lineamenti della figura dello Spirito Santo tratti dalla Parola rivelata risultano particolarmente illuminanti per la vita spirituale-apostolica degli appartenenti ai vari Gruppi della Famiglia Salesiana: lo Spirito è Creatore e dà la vita; è l’Inviato dal Padre e dal Risorto per prolungarne, nella storia, l’opera di salvezza; è Colui che introduce i credenti nella Verità/Cristo perché vivano in Lui e di Lui; è Voce che parla alle coscienze delle persone per aprirle alla luce della verità e disporle al dono d’amore;[25] Presenza particolarmente viva ed efficace nelle comunità cristiane, unificandole nella comunione e nel servizio, infondendo nei fedeli lo spirito della missione; è Colui che precede, assiste ed accompagna quanti sono impegnati nell’opera di evangelizzazione.[26]
Gli atteggiamenti che i membri della Famiglia Salesiana sono chiamati ad assumere nei suoi confronti sono: serenità e fiducia, nella certezza che siamo sempre sostenuti dalla forza dello Spirito; docilità alle sue segrete ispirazioni; sapiente discernimento della sua presenza nelle vicende umane, sia personali che comunitarie; saggia e coraggiosa collaborazione al suo operare per l’avvento del Regno di Dio nella vita delle persone, nella Chiesa e nella società; riconoscenza per il carisma di Don Bosco e generosità nell’attuare il suo progetto educativo ed apostolico.

Art. 26. Comunione e missione nella Chiesa
Don Bosco ebbe un grande amore per la Chiesa e lo manifestò nel senso di appartenenza alla comunità ecclesiale. Allo stesso tempo, consapevole d’aver ricevuto un carisma particolare per l’educazione della gioventù, lo sviluppò per l’edificazione della Chiesa nei vari contesti culturali.
La Famiglia di Don Bosco ha tra i tesori di casa una ricca tradizione di fedeltà filiale al Successore di Pietro, e di comunione e collaborazione con le Chiese locali: «Qualunque fatica è poca, quando si tratta della Chiesa e del Papato».[27] «Quando il Papa ci manifesta un desiderio, questo sia per noi un comando».[28]
Questa dedizione incondizionata al Papa, esprime, in Don Bosco, la sua passione per la Chiesa. Ed è un’eredità che noi accogliamo e viviamo.
La Chiesa, infatti, è presenza visibile del Cristo risorto nella storia dell’umanità; è comunione dei fratelli nell’unità della fede e nella varietà dei carismi e dei ministeri; è carità che spinge a far conoscere l’amore di Dio annunciando il Vangelo; è servizio reso all’umanità per la costruzione d’un mondo che corrisponda al disegno di Dio; è famiglia che trova il centro di unità nel Cristo Signore e il servitore dell’unità nel Successore di Pietro.
La spiritualità ereditata da Don Bosco è eminentemente ecclesiale: manifesta ed alimenta la comunione della Chiesa costruendo, in seno alle comunità cristiane, una rete di rapporti fraterni e di collaborazioni fattive; è una spiritualità educativa che si propone di aiutare i giovani e i poveri a sentirsi a loro agio nella Chiesa, ad essere costruttori di Chiesa e partecipi della sua missione; è una spiritualità che arricchisce tutta la Chiesa col dono della santità di tanti suoi figli e figlie.

Art. 27. Spiritualità del quotidiano
Don Bosco si ispirò a San Francesco di Sales riconoscendolo come maestro d’una spiritualità semplice perché essenziale, popolare perché aperta a tutti, simpatica perché carica di valori umani e perciò particolarmente disponibile all’azione educativa. Nella sua opera fondamentale (Trattato dell’amore di Dio o Teotimo) il santo vescovo di Ginevra parla di “estasi”. Tale parola non indica tanto fenomeni spirituali straordinari, quanto, secondo l’etimologia del termine, l’uscita da sé e il protendersi verso l’altro; è l’esperienza di chi si lascia attrarre, convincere e conquistare da Dio, penetrando sempre più nel Suo mistero.
Per San Francesco di Sales sono tre le forme di estasi:
•l’estasi intellettiva: è stupore per ciò che Dio è, ma anche meraviglia per le grandi opere che ha compiuto nella creazione e tuttora compie nella vita delle persone e nella storia degli uomini; è uno sguardo che matura se ci si applica alla meditazione della Parola: è la Parola, infatti, che apre gli occhi e fa vedere le cose con lo sguardo stesso di Dio;
•l’estasi affettiva: è fare esperienza personale dell’amore di Dio per noi, così che cresce il desiderio di corrispondervi, e, nutriti da tale amore, siamo disposti a donare talenti e vita per la sua gloria e la causa del Regno; suppone costante vigilanza, purificazione del cuore, pratica della preghiera;
•l’estasi dell’azione e della vita: per San Francesco di Sales, è quella che corona le altre due, perché quella intellettiva potrebbe risolversi in pura speculazione e quella affettiva in semplice sentimento. L’estasi dell’azione invece rivela una generosità ed una gratuità che possono venire solo da Dio; e si trasforma in dedizione concreta e dinamica per il bene delle persone in svariate forme di carità.
La Famiglia Salesiana, nella rilettura di Don Bosco Fondatore, ha tradotto le esigenze della spiritualità e della mistica di San Francesco di Sales con una formulazione semplice e impegnativa: spiritualità del quotidiano.

Art. 28. La «contemplazione operante»di Don Bosco
La mistica di Don Bosco trova espressione nel suo motto Da mihi animas, cetera tolle, e si identifica con l’«estasi dell’azione» di San Francesco di Sales. È la mistica di un quotidiano operare in sintonia di pensiero, di sentimento e di volere con Dio; per cui i bisogni dei fratelli, in particolare dei giovani, e le preoccupazioni apostoliche invitano alla preghiera, mentre la preghiera costante alimenta il generoso e sacrificato operare con Dio per il bene dei fratelli.
È la mistica della «contemplazione operante» così descritta dal beato Don Filippo Rinaldi, profondo conoscitore del mondo interiore di Don Bosco: «Don Bosco ha immedesimato alla massima perfezione la sua attività esterna, indefessa, assorbente, vastissima, piena di responsabilità, con una vita interiore che ebbe principio dal senso della presenza di Dio e che, un po’ per volta, divenne attuale, persistente e viva così da essere perfetta unione con Dio. In tal modo ha realizzato in sé lo stato più perfetto, che è la contemplazione operante, l’estasi dell’azione, nella quale s’è consumato fino all’ultimo, con serenità estatica, alla salvezza delle anime».[29]
La Famiglia Salesiana assume questa mistica, tanto intensamente vissuta da Don Bosco, e da lui lasciata in preziosa eredità ai suoi discepoli/discepole spirituali.

Art. 29. Carità apostolica dinamica
La carità apostolica dinamica rappresenta il cuore dello spirito di Don Bosco, la sostanza della vita salesiana, nonché la forza dell’impegno apostolico dei membri della Famiglia Salesiana.
Caritàè il nome stesso di Dio (cf. 1Gv 4,16). Non indica solo le energie del cuore umano ma è partecipazione alla misericordia preveniente del Padre, al cuore compassionevole di Cristo e all’indicibile amore dello Spirito Santo. È questo il distintivo dei discepoli del Signore: amarsi gli uni gli altri con lo stesso amore con cui Dio ama.
Apostolica:è partecipazione all’amore infinito del Padre che invia Gesù perché gli uomini abbiano vita in abbondanza; è condivisione della premura del Buon Pastore per la salvezza di tutti; è apertura al flusso d’amore con cui lo Spirito opera nelle coscienze e nella storia delle persone.
Dinamica:esprime vivacità di movimento, capacità di innovazione, di non accontentarsi del già fatto, di non adagiarsi nell’abitudine, di evitare ogni forma di mediocrità e di comodo, ma piuttosto cercare, con passione e creatività, ciò che è più necessario ed efficace per rispondere concretamente alle attese dell’universo giovanile e del ceto popolare.
Per Don Bosco tutto questo prende il nome di cuore oratoriano: è fervore, zelo, messa a disposizione di tutte le risorse, ricerca di nuovi interventi, capacità di resistere nelle prove, volontà di ripresa dopo le sconfitte, ottimismo coltivato e diffuso; è quella sollecitudine, piena di fede e di carità, che trova in Maria un esempio luminoso di donazione di sé.
Nei Gruppi il cui il servizio salesiano si rivolge all’infanzia e alla fanciullezza, la carità apostolica dinamica diventa evangelica tenerezza; nei Gruppi che educano adolescenti e giovani diventa accoglienza, partecipazione e guida verso i traguardi di crescita; nei Gruppi dediti alla cura di persone affette da svariate forme di povertà assume il tono dell’amore misericordioso e provvidente; nei Gruppi che dirigono il loro apostolato ai malati e agli anziani si trasforma in carità compassionevole; nelle Figlie dei Sacri Cuori si manifesta come amore vittimale, specialmente verso i lebbrosi; nei Gruppi impegnati in un apostolato salesiano tra persone semplici, sperdute in villaggi lontani o immerse nelle degradate periferie urbane, si trasforma in umile amore solidale ed oblativo.

Art. 30. Grazia di unità
I termini utilizzati nell’esperienza salesiana per esprimere la sorgente della carità apostolica sono: grazia di unità, interiorità apostolica, dimensione contemplativa della vita, sintesi vitale, unico movimento di carità verso Dio e verso i giovani, liturgia della vita.
Evangelizzare educando e educare evangelizzandoè una formula ormai diffusa per esprimere l’unità interiore dei membri della Famiglia Salesiana, poiché non riguarda solo la metodologia educativa, ma anche la spiritualità dei singoli e dei Gruppi: quando ci si lascia guidare dallo Spirito, allora vita e apostolato formano un tutt’uno, come preghiera ed azione, amore di Dio e amore al prossimo, cura di se stessi e dedizione agli altri, educazione dell’umano e annuncio del vangelo, appartenenza ad un Gruppo ed inserimento nella Chiesa. Tutto converge in unità; ed è la sintesi vitale propria della santità. Da qui deriva una forza incredibile di azione e di testimonianza, per l’energia dello Spirito che ha preso possesso di tutta la persona e può farne libero e gioioso strumento della sua azione.
La carità apostolica costituisce, per ogni appartenente alla Famiglia Salesiana, il principio interiore e dinamico capace di unificare le molteplici e diverse attività e preoccupazioni quotidiane. Favorisce la fusione in un unico movimento interiore dei due poli inseparabili della carità apostolica: la passione per Dio e la passione per il prossimo.

Art. 31. Predilezione per i giovani e dedizione al ceto popolare
Per svolgere in modo efficace la missione giovanile e popolare, i discepoli e le discepole di Don Bosco coltivano una reale predilezione per i giovani e si prodigano per il ceto popolare. Sono convinti che fanno esperienza di Dio proprio attraverso coloro ai quali sono mandati: la gioventù e la gente comune, in particolare i poveri.
I giovani e le giovanisono riconosciuti come dono di Dio alla Famiglia Salesiana; sono il campo indicato dal Signore e da Maria a Don Bosco in cui svolgere la sua azione, sono per noi tutti sostanza della vocazione e della missione salesiana.
Essere dediti ai giovani significa avere il cuore continuamente rivolto verso di loro, cogliendo aspirazioni e desideri, problemi ed esigenze. Vuol dire anche incontrarli nel punto in cui si trovano nella loro maturazione; ma non solo per far loro compagnia, bensì per portarli là dove sono chiamati; per questo gli educatori intuiscono le energie di bene che i giovani si portano dentro e li sostengono nella fatica della crescita, sia umana che cristiana, individuando con loro e per loro cammini possibili di educazione. Nel cuore di appassionati educatori ed evangelizzatori risuona sempre l’appello paolino: «La carità di Cristo ci sospinge continuamente» (cf. 2Cor 5,14).
Il ceto popolareè l’ambiente naturale e ordinario dove incontrare i giovani, soprattutto quelli più bisognosi di aiuto. L’impegno della Famiglia di Don Bosco si rivolge alla gente comune, sostenendola nello sforzo di promozione umana e di crescita nella fede, evidenziando e promuovendo i valori umani ed evangelici di cui è portatrice, quali il senso della vita, la speranza di un futuro migliore, l’esercizio della solidarietà.
Don Bosco tracciò, anche con l’Associazione dei Salesiani Cooperatori e l’Associazione di Maria Ausiliatrice, un cammino di educazione alla fede per il popolo, valorizzando i contenuti della religiosità popolare.
Si prodigò inoltre a promuovere la comunicazione sociale, per raggiungere il maggior numero possibile di persone in funzione educativa ed evangelizzatrice.

Art. 32. Amorevolezza salesiana
L’amorevolezza di Don Bosco è, senza dubbio, un tratto caratteristico della sua metodologia pedagogica ritenuto valido anche oggi, sia nei contesti ancora cristiani sia in quelli dove vivono giovani appartenenti ad altre religioni.
Non è però riducibile solo a un principio pedagogico, ma va riconosciuta come elemento essenziale della nostra spiritualità.
Essa infatti è amore autentico perché attinge da Dio; è amore che si manifesta nei linguaggi della semplicità, della cordialità e della fedeltà; è amore che genera desiderio di corrispondenza; è amore che suscita fiducia, aprendo la via alla confidenza e alla comunicazione profonda (“l’educazione è cosa di cuore”); è amore che si diffonde creando un clima di famiglia, dove lo stare insieme è bello ed arricchente.
Per l’educatore, è un amore che richiede forti energie spirituali: la volontà di esserci e di starci, la rinuncia di sé e il sacrificio, la castità degli affetti e l’autocontrollo negli atteggiamenti, l’ascolto partecipe e l’attesa paziente per individuare i momenti e i modi più opportuni, la capacità di perdonare e di riprendere i contatti, la mansuetudine di chi, talora, sa anche perdere ma continua a credere con speranza illimitata. Non c’è amore vero senza ascetica e non c’è ascetica senza l’incontro con Dio nella preghiera.
L’amorevolezza è frutto della carità pastorale. Diceva Don Bosco: «Questa nostra reciproca affezione sopra quale cosa è fondata? […] Sul desiderio che ho di salvare le vostre anime, che furono redente dal sangue prezioso di Gesù Cristo, e voi mi amate perché cerco di condurvi per la strada della salvezza eterna. Dunque il bene delle anime nostre è il fondamento della nostra affezione».[30]
L’amorevolezza diventa così segno dell’amore di Dio, e strumento per risvegliare la sua presenza nel cuore di quanti sono raggiunti dalla bontà di Don Bosco; è una via all’evangelizzazione.
Da qui la convinzione che la spiritualità apostolica della Famiglia Salesiana si caratterizza non per un amore genericamente inteso, ma per la capacità di amare e di farsi amare.

Art. 33. Ottimismo e gioia nella speranza
In Gesù di Nazaret Dio si è rivelato come il «Dio della gioia»[31] e il Vangelo è una “lieta notizia” che esordisce con le “Beatitudini”, partecipazione degli uomini alla beatitudine stessa di Dio. Si tratta di un dono non superficiale ma profondo perché la gioia, più che sentimento effimero, è un’energia interiore che resiste anche alle difficoltà della vita. Ricorda san Paolo: «Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione» (2Cor 7,4). In questo senso la gioia che proviamo quaggiù è un dono pasquale, anticipo della gioia piena di cui godremo nell’eternità.
Don Bosco ha intercettato il desiderio di felicità presente nei giovani e ha declinato la loro gioia di vivere nei linguaggi dell’allegria, del cortile e della festa; ma non ha mai cessato di indicare Dio quale fonte della gioia vera. Alcuni suoi scritti, qualiIl Giovane Provveduto, la biografia di Domenico Savio, l’apologo contenuto nella storia di Valentino, sono la dimostrazione della corrispondenza che egli stabiliva tra grazia e felicità. E la sua insistenza sul “premio del paradiso” proiettava le gioie di quaggiù nella prospettiva del compimento e della pienezza.
Alla scuola di Don Bosco, l’appartenente alla Famiglia Salesiana coltiva dentro di sé alcuni atteggiamenti che favoriscono la gioia e la comunicano agli altri.
1.La fiducia nella vittoria del bene:«In ogni giovane, anche il più disgraziato - scrive Don Bosco -, c’è un punto accessibile al bene; è dovere primo dell’educatore di cercare questo punto, questa corda sensibile del cuore, e di trarne profitto».[32]
2.L'apprezzamento dei valori umani: Il discepolo/a di Don Bosco coglie i valori del mondo e rifiuta di gemere sul proprio tempo: ritiene tutto ciò che è buono, specie se gradito ai giovani e alla gente.
3.L'educazione alle gioie quotidiane: occorre un paziente sforzo di educazione per imparare, o imparare nuovamente, a gustare, con semplicità, le molteplici gioie umane che il Creatore mette ogni giorno sul nostro cammino.
Poiché si affida totalmente al «Dio della gioia» e testimonia in opere e in parole il «Vangelo della gioia», il discepolo e la discepola di Don Bosco sono sempre lieti. Diffondono questa gioia e sanno educare alla letizia della vita cristiana e al senso della festa, memori dell’appello di san Paolo: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti» (Fil 4,4).

Art. 34. Lavoro e temperanza
L’esercizio della carità apostolica include l’esigenza di conversione e di purificazione, ossia la morte dell’uomo vecchio perché nasca, viva e si sviluppi l’uomo nuovo che, a immagine di Gesù Apostolo del Padre, è pronto a sacrificarsi quotidianamente nel lavoro apostolico. Donarsi è svuotarsi e svuotarsi è lasciarsi colmare da Dio, per farne dono agli altri. Distacco, rinuncia, sacrificio, sono elementi irrinunciabili, non per gusto di ascetismo, ma semplicemente per la logica dell’amore. Non c’è apostolato senza ascetica e non c’è ascetica senza mistica. Chi mette tutto se stesso a servizio della missione non ha bisogno di penitenze straordinarie; bastano, se accolte con fede ed offerte con amore, le difficoltà della vita e le fatiche del lavoro apostolico.
L'ascesi raccomandata da Don Bosco ha diversi aspetti: ascesi di umiltà per non sentirsi altro che servi davanti a Dio; ascesi di mortificazione, per rendersi padroni di sé, custodendo i propri sensi e il proprio cuore e vigilando perché la ricerca del comodo non inaridisca la generosità; ascesi del coraggio e della pazienza per poter perseverare nell’azione quando ci si scontra con la dura realtà; ascesi di abbandono quando gli avvenimenti ci portano più vicino alla croce di Cristo.

Art. 35. Iniziativa e duttilità
Il desiderio di fare il bene impegna a cercare le vie più adatte per realizzarlo. In gioco sono: la lettura corretta dei bisogni e delle possibilità concrete, il discernimento spirituale alla luce della Parola di Dio, il coraggio di prendere iniziative, la creatività nell’individuare soluzioni inedite, l’adattamento alle mutevoli circostanze, la capacità di collaborazione, la volontà di verifica.
Don Filippo Rinaldi ricorda ai Salesiani - e la sua affermazione è valida per tutti i Gruppi della Famiglia Salesiana -: «Questa elasticità di adattamento a tutte le forme di bene che vanno di continuo sorgendo nel seno dell’umanità è lo spirito proprio delle nostre Costituzioni; e il giorno in cui si introducesse una variazione contraria a questo spirito, per la nostra Società, sarebbe finito».[33]
Sono molte le parole di Don Bosco che raccomandano lo spirito di iniziativa: «Nelle cose che tornano a vantaggio della pericolante gioventù o servono a guadagnare anime a Dio io corro avanti fino alla temerità».[34] «Si accondiscenda proprio sempre molto dove si può; pieghiamoci alle esigenze moderne, anche ai costumi e alle consuetudini dei vari luoghi, purché non si abbia a fare contro coscienza».[35]
Non è solo un problema di strategie, ma un fatto spirituale, perché comporta un continuo rinnovamento di se stessi e della propria azione in obbedienza allo Spirito e alla luce dei segni dei tempi.
La nascita di numerosi Gruppi della Famiglia Salesiana sorti nel secolo XX è stata il frutto dello spirito di iniziativa e della duttilità dei rispettivi Fondatori, fedeli e creativi figli di Don Bosco.

Art. 36. Lo spirito di preghiera salesiano
Quella salesiana è una preghiera apostolica; è un movimento che parte dall’azione per giungere a Dio, ed è un movimento che, da Dio, riconduce all’azione portando Lui, perché mente e cuore sono colmi del Suo amore.
Don Bosco non dedicava lunghi tempi alla preghiera né usava metodi o forme particolari (gli bastavano le “pratiche del buon cristiano”), perché azione e preghiera, in lui, facevano un tutt’uno. Il lavoro straordinario che lo impegnava da mattina a sera non disturbava la sua preghiera, anzi la suscitava e la orientava; e la preghiera coltivata nel profondo del cuore nutriva in lui rinnovate energie di carità per dedicarsi con tutto se stesso al bene dei suoi poveri giovani.
Il nome stesso di oratorio dato alla sua prima istituzione sta a significare che tutto, in quell’ambiente, era preghiera o poteva diventare preghiera; e che quanto di bene si compiva in quella casa era frutto della preghiera: di Don Bosco, dei suoi collaboratori e dei suoi ragazzi.
La preghiera diffusa è, dunque, tipica di quanti vivono la spiritualità di Don Bosco e realizzano la sua missione. Senza però trascurare quei momenti di preghiera esplicita, nutrita di ascolto della Parola di Dio e risposta d’amore, che trasformano la vita in preghiera e la preghiera in vita.

Art. 37. Maria Ausiliatrice, Maestra di spiritualità apostolica
La devozione a Maria è stata (assieme a quelle verso Gesù Eucaristia e al Papa) una delle tre devozioni che hanno segnato la vita spirituale e apostolica di Don Bosco. Tutta la Famiglia Salesiana è e si sente Famiglia mariana, nata per la sollecitudine materna dell’Immacolata Ausiliatrice. Tutti i Gruppi infatti esprimono tale convinzione nei testi costituzionali loro propri.
Per i Salesiani, Maria Ausiliatrice è modello e guida nella loro azione educativa e apostolica,[36] madre e maestra nella loro esperienza formativa,[37] particolarmente invocata nella loro preghiera.[38]
Per le Figlie di Maria Ausiliatrice, Maria vergine madre, umile ancella, madre del Salvatore, è madre ed educatrice di ogni vocazione salesiana e «vera superiora dell’Istituto».[39] Ella è modello di fede, di speranza, di carità e di unione con Cristo, di sollecitudine e di bontà materna, di vita consacrata, di preghiera, di disponibilità, di ascolto, di docilità e collaborazione, di carità apostolica.[40]
Il Salesiano Cooperatore/trice «scopre nella Vergine Immacolata e Ausiliatrice l’aspetto più profondo della sua vocazione: essere vero “cooperatore di Dio” nella realizzazione del suo disegno di salvezza».[41]
Per gli appartenenti all’Associazione di Maria Ausiliatrice, l’affidamento a Maria si traduce nel «vivere la spiritualità del quotidiano con atteggiamenti evangelici, in particolare con il ringraziamento a Dio per le meraviglie che continuamente compie, e con la fedeltà a Lui anche nell’ora della difficoltà e della croce, sull’esempio di Maria».[42]
Secondo le Suore della Carità di Gesù, Maria le aiuta a vivere animate dallo Spirito Santo, a porre al centro della propria vita Gesù Cristo, a nutrire un sincero amore e una grande fiducia in Lei nelle proprie relazioni con le persone, a imitarne gli esempi di Donna credente che cerca il volere di Dio nel quotidiano,di Madre amorosa e sollecita degli altri,di Discepola del Figlio di cui ascolta la Parola,di Consolatrice degli afflitti,di Aiuto dei cristiani e di Madre dell’umanità.[43]
Le Dame Salesiane così si esprimono nel loro Ideario: «Maria è la prima laica impegnata, la quale, nella donazione del suo essere, accoglie fedelmente il piano di Dio, trasforma in vita la sua parola, come donna, sposa e madre, maestra e testimone, prima evangelizzata ed evangelizzatrice. Ella è l’ispirazione e il modello da seguire per la Dama Salesiana, e tutto ciò ci spinge a proclamarla Prima Dama Salesiana, norma, guida, ispirazione, madre, sorella e fedele compagna nella nostra missione».[44]
Il quotidiano affidamento a Maria caratterizza, dunque, la nostra spiritualità. L’affidamento è un dinamismo ascendente: è compiere il gesto del dono di sé per rispondere con generosità ad una missione da realizzare; ma è anche un dinamismo discendente: accogliere con fiducia e riconoscenza l’aiuto di Colei che guidò Don Bosco e continua a guidare la Famiglia spirituale che da lui ha tratto origine.

 

 

Capitolo quarto
FORMAZIONE ALLA COMUNIONE E MISSIONE NELLA FAMIGLIA SAALESIANA
Ogni Gruppo della Famiglia Salesiana cura la formazione dei propri membri attingendo al patrimonio comune e alle specificità proprie. Tuttavia si possono individuare elementi comuni, convergenze possibili, collaborazioni auspicabili.

Art. 38. Conoscenza delle identità specifiche
La comunione della Famiglia Salesiana si fonda, oltre che sul comune carisma e sulla medesima missione, anche sulla conoscenza e l’apprezzamento dei diversi Gruppi che la compongono. L’unità, infatti, non è mai uniformità, ma pluralità di espressioni convergenti verso un unico centro.
È allora necessario favorire la conoscenza reciproca per godere dei doni e delle peculiarità di ciascuno, in quanto concorrono a formare una ricchezza che ricade a beneficio di tutti.
Possono giovare i contatti occasionali o regolari, informali o istituzionalizzati, gli incontri di fraternità e i momenti di preghiera in comune.
La diffusione della Carta dell’identità carismatica e spirituale, degli scritti riguardanti Don Bosco, dei profili dei Fondatori/trici o Confondatori/trici, della Strenna annuale del Rettor Maggiore, dei documenti programmatici dei singoli Gruppi, del Bollettino salesiano, delle esperienze apostoliche particolarmente significative, potranno concorrere alla conoscenza e stima reciproche rinsaldando, al contempo, l’unità della Famiglia.
Una particolare attenzione va data ai Gruppi direttamente iniziati da Don Bosco e a quelli presenti ed operanti nel proprio territorio.

Art. 39. Formazione condivisa
Per garantire l’unità dello spirito e la convergenza sulla missione sono necessari anche momenti di formazione in comune, soprattutto quando si tratta di mettere in luce o di approfondire aspetti essenziali del carisma o di ideare progetti da condividere. Il tutto e sempre nel rispetto delle legittime autonomie, ma anche in quello spirito di famiglia che esprime e rinsalda l’unità.
Per formarsi insieme, occorre anzitutto imparare a pensare insieme, perché c’è sempre il pericolo di ridurre l’altro al proprio punto di vista. Questo è possibile quando si vince la paura di confrontarsi e di condividere, quando ciascuno si decentra da sé per concentrarsi sugli altri, quando si ha di mira il bene in se stesso e non la propria affermazione, quando si unisce la verità alla carità.
Occorre inoltre imparare a lavorare insieme, individuando le modalità e le strategie per una ricerca condivisa ed un dialogo costruttivo.
Sempre e comunque occorre pregare insieme perché è lo Spirito Luce di verità e vincolo di unità, l’Ispiratore di tutto ciò che è buono, giusto ed opportuno in ordine al bene dei singoli e dell’insieme.
Le occasioni di formazione in comune possono essere molteplici:
•sessioni di studio su aspetti della comune e differenziata esperienza carismatica, della spiritualità che ci è propria, del patrimonio ereditato da Don Bosco, delle sfide che i segni dei tempi pongono, dei principali eventi ecclesiali o delle importanti direttive del Magistero pontificio ed episcopale;
•confronto su impegni e problemi di pastorale giovanile, su particolari temi della pedagogia salesiana, sulle strategie di missione in ordine alla nuova evangelizzazione;
•partecipazione al discernimento in situazioni di particolare difficoltà o in vista di programmi formativi o di progetti apostolici da realizzare insieme.
Particolare rilevanza ha, in tal senso, la Consulta della Famiglia Salesiana, che sollecita la presenza e l’apporto di tutti i Gruppi.

Art. 40. Inserimento nei differenti contesti
La missione richiede la capacità di inserirsi in contesti culturali, sociali ed ecclesiali diversificati, sapendo intuire urgenze e bisogni e dimostrando capacità di collaborazione con quanti operano per il bene.
Per questo è necessario formarsi un’attitudine all’ascolto senza pregiudizi, accoglienza senza sospetti, apprezzamento senza invidie, partecipazione senza riserve.
È in tal modo che si concorre all’inculturazione della fede e del carisma mentre si edifica la comunione ecclesiale, sempre più vasta di quella particolare di un Gruppo e della stessa Famiglia Salesiana.
È una formazione che si attua nel terreno concreto dell’incontro con gruppi, movimenti ed associazioni che esprimono la ricchezza della Chiesa e si pongono al servizio del Regno.
Primo tra questi è il vasto Movimento salesiano, del quale la Famiglia spirituale di Don Bosco costituisce il centro animatore.
Altri vitali spazi che favoriscono questa formazione sono costituiti dalla presenza dei Gruppi della Famiglia nelle Chiese locali e dalla collaborazione con altre aggregazioni ecclesiali operanti sul territorio. La multiforme grazia di Dio data ai diversi movimenti ecclesiali si esprime in una particolare spiritualità e in una originale forma apostolica che va riconosciuta ed accolta, mentre a tutti facciamo dono della nostra identità carismatica e dell’apporto della specifica missione.
È una formazione che educa alla stima vicendevole, al prevenirsi nella carità e nella volontà di collaborazione, all’agire con pazienza e lungimiranza, alla disponibilità al sacrificio che ciò, talvolta, può comportare.
Come Famiglia Salesiana, stimolati dall'esempio di Don Bosco che verso tutti ebbe sentimenti e parole di accoglienza e di riconoscenza e con tutti seppe condividere intuizioni, esperienze e realizzazioni, siamo chiamati a riconfermare il dono ricevuto condividendolo con tutta la Chiesa.

Art. 41. Metodologia di collaborazione
Saper collaborare non va da sé; esige una formazione che tenga presenti alcuni elementi essenziali.
1.Occorre innanzitutto educarsi alla condivisione progettuale. Ogni attività educativa ed apostolica parte dall’analisi della situazione dei propri destinatari e mira a raggiungere determinati obiettivi a breve, medio e lungo termine. Tutto ciò va studiato e programmato insieme, valorizzando le competenze, rispettando la diversità di vedute e favorendo la convergenza.
2.Occorre insieme attivare le logiche del coordinamento. Il concorso di forze diverse in vista di un’impresa non è mai un fatto automatico. Si richiedono infatti alcune capacità: conoscere esattamente il problema che si intende risolvere, chiarire la finalità che ci si propone, vagliare realisticamente le possibilità d’intervento, valutare le forze e le risorse disponibili, dichiarare onestamente gli apporti che si possono e s’intendono dare.
3.Occorre anche sottoporsi alla logica della reciprocità.Dare e ricevere non sono mai a senso unico. La reciprocità è consapevolezza del dono proprio e dell’altro, è riconoscimento del valore proprio e altrui, è accoglienza e scambio di sensibilità, idee e competenze complementari, è offerta di prestazioni fatta con generosità ed umiltà.
4.Occorre da ultimo educarsi alla responsabilità condivisa. Il buon esito della collaborazione in campo educativo ed apostolico dipende sia dall’accettazione d’una responsabilità primaria che coordina il progetto, sia dal riconoscimento delle responsabilità altrui, dando spazio a tutti perché partecipino attivamente al compimento del disegno comune.

 

Art. 42. Ruolo del sacerdote nella Famiglia Salesiana
Il Concilio Vaticano II presenta i presbiteri come guide ed educatori del popolo di Dio. Dichiara: «Di ben poca utilità saranno le cerimonie più belle o le associazioni più fiorenti, se non sono volte a educare gli uomini alla maturità cristiana».[45]
E giustifica così l’affermazione: «Spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede, di curare, per proprio conto o per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione specifica secondo il Vangelo, a praticare una carità sincera e operosa, ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati».[46]
Il sacerdote salesiano è chiamato così alle sue responsabilità più significative nel settore della formazione. La Parola di Dio, i sacramenti e particolarmente l’Eucaristia, il servizio dell’unità e della carità rappresentano il tesoro più grande della Chiesa.
Parafrasando una parola conciliare, si può asserire che non è possibile formare spiritualmente una Famiglia apostolica come quella salesiana se non si assume come radice e come cardine la celebrazione dell’Eucaristia, dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi educazione tendente a formare lo spirito di famiglia.[47]
I Gruppi della Famiglia Salesiana hanno sempre evidenziato questa esigenza formativa e la riaffermano in questa Carta dell’identità.

 

 

Capitolo quinto
COMPOSIZIONE ED ANIMAZIONE DELLA F. S.

 

Art. 43. Una Famiglia in crescita
La Famiglia Salesiana, in questi ultimi decenni, ha conosciuto un’autentica primavera. Ai Gruppi originari si sono uniti, sotto l’impulso dello Spirito Santo, altri Gruppi che, con vocazioni specifiche, hanno arricchito la comunione e allargato la missione salesiana.
Agli occhi di tutti è evidente quanto è cresciuta la Famiglia, come si è moltiplicato il lavoro apostolico in diversi Paesi del mondo e come si è esteso il campo di azione a beneficio di tanti giovani e adulti. Ciò invita non solo a rendere grazie a Dio, ma suscita pure la consapevolezza di una maggiore responsabilità: infatti la vocazione della nostra Famiglia è, come ogni altra vocazione, a servizio della missione, in modo particolare per la salvezza della gioventù, specie la più povera, abbandonata e pericolante.[48]
I Gruppi formalmente iscritti alla Famiglia Salesiana sono i seguenti:
1.La Società di San Francesco di Sales (Salesiani di Don Bosco)
2.L’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice
3.L’Associazione dei Salesiani Cooperatori
4.L’Associazione di Maria Ausiliatrice
5.L’Associazione degli Exallievi e delle Exallieve di Don Bosco
6.L’Associazione delle Exallieve ed degli Exallievi delle Figlie di Maria Ausiliatrice
7.L’Istituto delle Volontarie di Don Bosco
8.Le Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria
9.Le Salesiane Oblate del Sacro Cuore di Gesù
10.Le Apostole della Sacra Famiglia
11.Le Suore della Carità di Gesù
12.Le Suore Missionarie di Maria Ausiliatrice
13.Le Figlie del Divino Salvatore
14.Le Ancelle del Cuore Immacolato di Maria
15.Le Suore di Gesù Adolescente
16.L’Associazione Damas Salesianas
17.I Volontari Con Don Bosco
18.Le Suore Catechiste di Maria Immacolata Ausiliatrice
19.Le Figlie della Regalità di Maria Immacolata
20.I Testimoni del Risorto
21.La Congregazione di San Michele Arcangelo
22.La Congregazione delle Suore della Risurrezione
23.La Congregazione delle Suore Annunciatrici del Signore
24.The Disciples
25.Cançao Nova
26.Le Suore di San Michele Arcangelo o Micaelite
27.Le Suore di Maria Ausiliatrix
28.La Comunità della Missione di Don Bosco
29.Le Suore della Regalità di Maria Immacolata

 

Art. 44. Una Famiglia aperta
La Famiglia Salesiana, che si configura come un grande Movimento per la salvezza dei giovani e si esprime in varietà di forme per l’apostolato nelle missioni, negli ambienti popolari, nella comunicazione sociale e nella cura delle vocazioni, è aperta ad altri Gruppi che chiedano ufficialmente il riconoscimento del Rettor Maggiore.
I criteri essenziali per essere riconosciuti nella Famiglia Salesiana sono:
1.La partecipazione alla “vocazione salesiana”: ossia la condivisione, in qualche aspetto rilevante, dell’esperienza umana e carismatica di Don Bosco. Egli infatti rimane, per tutti i Gruppi, l’ispiratore originario di un particolare cammino di discepolato e di apostolato; in quanto tale, è fonte di ispirazione e punto di convergenza.
2.La partecipazione alla missione giovanile e/o popolare salesiana. Questo significa che ogni Gruppo, tra i suoi fini specifici, include qualche elemento tipico della missione salesiana, pur declinato in forme e modalità particolari.
3.La condivisione dello spirito, del metodo educativo e dello stile missionario, ossia del patrimonio spirituale e pedagogico di Don Bosco.
4.La vita evangelica secondo lo spirito salesiano, vale a dire una vita ispirata ai consigli evangelici quale via alla santità; essa si concretizza sia nella professione dei voti propria della consacrazione religiosa, sia nelle diverse forme di promesse o di impegno che definiscono la fisionomia di ogni singolo Gruppo.
5.Una fraternità attivache porta ogni gruppo a collegarsi e ad operare in sintonia e sinergia con gli altri gruppi della Famiglia Salesiana.

 

Art. 45. Punti di riferimento
In forza della loro comunione apostolica di natura carismatica, i Gruppi che costituiscono la Famiglia Salesiana riconoscono nel Rettor Maggiore, Successore di Don Bosco, il Padre e centro di unità della Famiglia stessa.
I Salesiani di Don Bosco poi, eredi particolari della sua ricchezza carismatica, portano la responsabilità di animare l’insieme della Famiglia Salesiana. Essi infatti hanno la «responsabilità di mantenere l’unità di spirito, stimolare il dialogo e la collaborazione fraterna per un reciproco arricchimento e una maggiore fecondità apostolica».[49] Realizzano perciò un servizio che non attiene all’autorità di governo, ma all’umile e gioiosa dedizione di chi promuove un cammino di fedeltà al dono ricevuto, favorendone la comunicazione, la condivisione e la realizzazione.

Art. 46. Organismi di animazione e momenti di incontro
Per assicurare un’animazione regolare ed efficace alla Famiglia Salesiana, disponiamo di alcuni essenziali organismi di coordinamento e favoriamo specifiche occasioni di incontro.
A livello mondiale, regionale, nazionale, ispettoriale e locale, l’unità e l’animazione viene sostenuta e incrementata da Consigli o Consulte della Famiglia Salesiana.
L’incontro della Consulta, ai vari livelli, intende favorire i seguenti obiettivi:
1.Studiare ed approfondire la figura di Don Bosco, la sua vita, la sua pedagogia, la sua spiritualità per conoscere, capire e assumere sempre meglio il suo progetto apostolico e i suoi criteri di azione pastorale.
2.Rafforzare il senso di appartenenza, favorendo una conoscenza diretta e concreta dei diversi gruppi della Famiglia e valorizzandone la specifica identità.
3.Proporre incontri ed esperienze di formazione in comune.
4.Conoscere le sfide pastorali della società e della Chiesa locale, nella quale si inserisce la Famiglia Salesiana, studiando le possibili sinergie pastorali, secondo la specificità dei singoli gruppi, e nella comunione della stessa missione salesiana.
5.Cercare di attivare, ogni volta che è possibile, concrete iniziative apostoliche, condivise da tutti i gruppi nel territorio.
La Consulta Mondiale si incontra ogni anno presso la Casa Generalizia dei Salesiani e propone linee essenziali di animazione per il successivo anno pastorale.
Nelle singole regioni o ispettorie si celebra ogni anno la Giornata della Famiglia Salesiana, con la proposta di significativi momenti di formazione e di condivisione.
A livello mondiale, si celebrano ogni anno le Giornate di Spiritualità della Famiglia Salesiana. Esse rappresentano un momento di comunione, di riflessione e di condivisione, durante il quale si intende approfondire specificamente il contenuto della Strenna del Rettor Maggiore. Tale documento viene proposto annualmente dal Successore di Don Bosco come un invito a coordinarsi nella riflessione e nell’attuazione concreta di un particolare aspetto della spiritualità e missione salesiane.

Art. 47. Preghiera
Padre e Maestro della gioventù,
San Giovanni Bosco,
che, docile ai doni dello Spirito Santo,
hai lasciato in eredità alla Famiglia Salesiana
il tesoro della tua predilezione
per “i piccoli e i poveri”,
insegnaci ad essere
ogni giorno per essi
segni e portatori dell’amore di Dio,
coltivando nel nostro animo
gli stessi sentimenti
di Cristo Buon Pastore.
Chiedi per tutti i membri della tua Famiglia
un cuore pieno di bontà,
costanza nel lavoro,
sapienza nel discernimento,
coraggio per testimoniare il senso di Chiesa
e generosità missionaria.
Ottieni dal Signore per noi
la grazia di essere fedeli
all’alleanza speciale
che il Signore ha fatto con noi,
e fa che, guidati da Maria Ausiliatrice,
percorriamo con gioia,
insieme ai giovani,
il cammino che conduce all’Amore.
Amen.

 

 

NOTE
[01] E. VIGANÒ, Maria rinnova la Famiglia Salesiana di Don Bosco, in ACG n. 289, Roma 25 marzo 1978.
[02] ACGS 7.
[03] Cf. VIGANÒ E., Discorso di chiusura, in Atti del Convegno di studio sulla Animazione della Famiglia Salesiana. (Roma 1980) 56.
[04] Cf. ACGS 171.
[05] Cf. GS 22e.
[06] Cf. LG 12b; AA 3c.
[07] Cf. PC 1b.
[08] Cf. ACGS 159.
[09] Cf. LG 16; NAe 2-5.
[10] Cf. GS 77-93.
[11] Cf. MD 20 21 28-31; VC 57-58.
[12] Cf. SRS 38.
[13] GS75.
[14] ChL42b.
[15] Cost FMA art. 1; cf. MB X, p. 600.
[16] Cf. LG 2-4; AG 2-4; UR 2.
[17] Cf. LG 9b 13ab 17 32; AA 2a; AG 2a 5 6 10 35-37.
[18] Cf. GS 11.
[19] Cf. ACGS 163.
[20] G11b.
[21] Cf. L’enciclica Evangelii nuntiandi di Paolo VI e l’enciclica Redemptoris Missio di Giovanni Paolo II.
[22] G. Bosco, Il sistema preventivo nella educazione della gioventù, in Pietro Braido (ed.), Don Bosco Educatore, scritti e testimonianze, LAS, Roma 31997, p. 248 ss.
[23] ChL32.
[24] Cf. DCE 10.
[25] Cf. AA 29c; GS 22e.
[26] Cf. AG 4.
[27] MB V, p. 577; Cost SDB art. 13.
[28] Cf. MB V, p. 573.
[29] RINALDI F., Conferenze e scritti (LDC, Leumann- Torino 1990) p. 144.
[30] Giovanni Bosco, Lettera a don Giuseppe Lazzero e alla comunità degli artigiani di Valdocco, Roma 20 gennaio 1874, in Epistolario, vol. IV p. 208, a cura di Francesco Motto, LAS Roma 2003.
[31] SAN FRANCESCO DI SALES, Lettre à la Présidente Brulart, Annecy, 18 febbraio 1605, in Oeuvres, vol. XIII, p.16.
[32] MBV, p. 367.
[33] E. VIGANÒ, Don Filippo Rinaldi, genuino Testimone e Interprete dello «spirito salesiano» , in ACG n. 332, Roma 5 dicembre 1989.
[34] Lettera a Vespignani. Epistolario Ceria III, p. 166-167; cf. anche MB XIV, p. 662.
[35] MB XIII, p. 283.
[36] Cf. Cost SDB artt. 20 34 92.
[37] Cf. Ivi art. 98.
[38] Cf. Ivi artt. 84 87 92.
[39] Cf. Cost FMA artt. 17 18 44 79 114.
[40] Cf. Ivi artt. 4 7 11 14 37 39 44 79 71.
[41] SPVAart. 20.
[42] Nuovo Regolamento ADMAart. 4.
[43] Cf. Cost SCG art.12.
[44] Cf. Ideario DS art.14.
[45] PO6.
[46] Ivi.
[47] Cf. Ivi.
[48] Cf. Pascual Chávez, La Famiglia Salesiana ieri ed oggi: il seme è diventato un albero e l’albero un Bosco, Strenna del Rettor Maggiore. Roma 2009.
[49] Cost SDB art.5c.

ABBREVIAZIONI 
AA - Apostolicam actuositatem: decreto del Concilio Vaticano II sull’apostolato dei laici.
AG - Ad gentes: decreto del Concilio Vaticano II sull’attività missionaria.
CD - Christus Dominus: decreto del Concilio Vaticano II sul ministero dei Vescovi.
ACG - Atti del Consiglio Generale sdb.
ACGS - Atti del Capitolo Generale Speciale SDB (1971-1972).
ChL - Christifideles laici: Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II sui fedeli laici (1988).
Const - Constituciones oppure Constitutions (+ sigla del Gruppo della FS).
Cost - Costituzioni (+ sigla del Gruppo della FS).
DCE - Deus caritas est: Enciclica di Benedetto XVI (2006).
DS - Damas Salesianas.
FMA - Figlie di Maria Ausiliatrice.
FS - Famiglia Salesiana.
GS - Gaudium et spes: Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo.
LG - Lumen Gentium: Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II sulla Chiesa.
MB - Memorie Biografiche di Don Giovanni Bosco, a cura del Sac. Giovanni Batt. Lemoyne.
MD - Mulieris dignitatem: Lettera apostolica di Giovanni Paolo II sulla dignità e vocazione della donna (1988).
NAe - Nostra aetate: dichiarazione del Concilio Vaticano II sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane.
PC - Perfectae caritatis: decreto del Concilio Vaticano II sulla vita consacrata.
PO - Presbyterorum ordinis: decreto del Concilio Vaticano II sul ministero presbiterale.
PVA - Progetto di vita apostolica dei Salesiani Cooperatori (2007).
SCG - Suore della carità di Gesù.
SDB - Salesiani di Don Bosco.
SPVA - Statuto del Progetto di vita apostolica dei Salesiani Cooperatori (2007).
SRS - Sollicitudo rei socialis : Enciclica di Giovanni Paolo II sulla questione sociale (1987).
VC - Vita consecrata: Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II sulla vita consacrata (1996).

 

 

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