Non
sappiamo dove sia Emmaus, quel nome è un simbolo di
tutte le nostre strade, quando qualcosa sembra finire,
e si torna a casa, con le macerie dei sogni. Due
discepoli, una coppia, forse un uomo e una donna,
marito e moglie, una famigliola, due come noi: «Lo
riconobbero allo spezzare del pane», allo spezzare
qualcosa di proprio per gli altri, perché questo è
il cuore del vangelo. Spezzare il pane o il tempo o un
vaso di profumo, come a Betania, e poi condividere
cammino e speranza.
È cambiato il cuore dei due e cambia la strada:
“Partirono senza indugio e fecero ritorno a
Gerusalemme”. L’esilio triste diventa corsa
gioiosa, non c’è più notte né stanchezza né
citta nemica, il cuore è acceso, gli occhi vedono, la
vita è fiamma. Non patiscono più la strada: la
respirano, respirando Cristo. Diventano profeti.
Stanno ancora parlando e Gesù di persona apparve in
mezzo a loro, e disse: Pace a voi. Lo incontri e
subito sei chiamato alla serenità: è un Signore che
bussa alla mia vita, entra nella mia casa, e il suo
saluto è un dono buono, porta pace, pace con me
stesso, pace con chi è vicino e chi è lontano. Gesù
appare come un amico sorridente, a braccia aperte, che
ti accoglie con questo regalo: c’è pace per te. Mi
colpisce il lamento di Gesù “Non sono un
fantasma” umanissimo lamento, c’è dentro il suo
desiderio di essere accolto come un amico che torna da
lontano, da stringere con slancio, da abbracciare con
gioia. Non puoi amare un fantasma. E pronuncia, per
sciogliere dubbi e paure, i verbi più semplici e più
familiari: “Guardate, toccate, mangiamo insieme!”
gli apostoli si arrendono ad una porzione di pesce
arrostito, al più familiare dei segni, al più umano
dei bisogni. Lo conoscevano bene, Gesù, dopo tre anni
di strade, di olivi, di pesci, di villaggi, di occhi
negli occhi, eppure non lo riconoscono. E mi consola
la fatica dei discepoli a credere. E’ la garanzia
che la Risurrezione di Gesù non è un’ipotesi
consolatoria inventata da loro, ma qualcosa che li ha
spiazzati. Il ruolo dei discepoli è aprirsi, non
vergognarsi della loro fede lenta, ma aprirsi con
tutti i sensi ad un gesto potente, una presenza amica,
uno stupore improvviso. E conclude oggi il vangelo: di
me voi siete testimoni. Non predicatori, ma testimoni,
è un’altra cosa. Con la semplicità di bambini che
hanno una bella notizia da dare, e non ce la fanno a
tacere, e gli fiorisce dagli occhi. La bella notizia:
Gesù non è un fantasma, è potenza di vita; mi
avvolge di pace, di perdono, di risurrezione. Vive in
me, piange le mie lacrime e sorride come nessuno.
Talvolta vive ‘al posto mio’ e cose più grandi di
me mi accadono, e tutto si fa più umano e più vivo.