Una
di quelle pagine in cui pare custodita l’essenza del
cristianesimo, le cose determinanti della fede: come
il Padre ha amato me, così io ho amato voi, rimanete
in questo amore. Un canto ritmato sul vocabolario
degli amanti: amare, amore, gioia, pienezza...
“Dobbiamo tornare tutti ad amare Dio da innamorati,
e non da servi” (L. Verdi).
E
una strada c’è, perfino facile, indicata nelle
parole: rimanete nel mio amore. Ci siete già dentro,
allora restate, non andatevene, non fuggite
via. Spesso noi resistiamo, ci difendiamo
dall’amore, abbiamo il ricordo di tante ferite e
delusioni, ci aspettiamo tradimenti. Ma il Maestro, il
guaritore del disamore, propone la sua pedagogia:
Amatevi gli uni gli altri. Non semplicemente: amate.
Ma: gli uni gli altri, nella reciprocità del dare e
del ricevere. Perché amare può bastare a riempire
una vita, ma amare riamati basta per molte vite. Poi
la parola che fa la differenza cristiana: amatevi come
io vi ho amato. Come Cristo, che lava i piedi ai suoi;
che non giudica e non manda via nessuno; che mentre lo
ferisci, ti guarda e ti ama; in cerca dell’ultima
pecora con combattiva tenerezza, alle volte coraggioso
come un eroe, alle volte tenero come un innamorato.
Significa prendere Gesù come misura alta del vivere.
Infatti quando la nostra è vera fede e quando è
semplice religione? “La fede è quando tu fai te
stesso a misura di Dio; la religione è quando porti
Dio alla tua misura” (D. Turoldo). Sarà Gesù ad
avvicinarsi alla nostra umanità: Voi siete miei
amici. Non più servi, ma amici. Parola dolce, musica
per il cuore dell’uomo. L’amicizia, qualcosa che
non si impone, non si finge, non si mendica. Che dice
gioia e uguaglianza: due amici sono alla pari, non
c’è un superiore e un inferiore, chi ordina e chi
esegue. È l’incontro di due libertà. Vi chiamo
amici: un Dio che da signore e re si fa amico, che si
mette alla pari dell’amato! Ma perché dovrei
scegliere di rimanere dentro questa logica? La
risposta è semplice, per essere nella gioia: questo
vi dico perché la mia gioia sia in voi e la vostra
gioia sia piena. L’amore è da prendere sul serio,
ne va del nostro benessere, della nostra gioia. Dio,
un Dio felice (“la mia gioia”), spende la sua
pedagogia per tirar su figli felici, che amino la vita
con libero e forte cuore e ne provino piacere, e ne
gustino la grande bellezza.
La gioia è un sintomo: ti assicura che stai
camminando bene, che sei sulla via giusta, che la tua
strada punta diritta verso il cuore caldo della vita.
Gesù, povero di tutto, non è stato però povero di
amici, anzi ha celebrato così gioiosamente la
liturgia dell’amicizia, da sentire vibrare in essa
il nome stesso di Dio.