0. Il tema è ancora quello
della preghiera, incastonata nella cornice ampia e
decisiva della fede. La fede senza preghiera
perseverante e umile muore o diventa presuntuosa:
questo è il cuore del messaggio.
Focalizziamo ora alcuni punti.
1.
Scandalo! La parabola cresce intorno a due
punti:
Ø
Il confronto carico di provocazione tra
i due protagonisti: il fariseo, osservante,
“giusto” e l’esattore delle tasse,
considerato da tutti ladro, peccatore, amico del
potere romano....
Ø
Lo scandalo a poco a poco prende forma
nel cuore dell’uditore ebreo, scandalo prodotto dal capovolgimento
del concetto religioso radicato nel giudaismo: la
salvezza sta nell’esatto adempimento della Legge.
Il fariseo si ritiene giusto perché digiuna, paga le
tasse... osserva la Legge. Il suo Dio è
interessato solo alle sue azioni, al suo comportamento!
Il cuore, l’amore con
cui le azioni vengono compiute non c’entrano! La
semplice osservanza della Legge può diventare
autosufficienza, motivo di orgoglio e chi confida solo
in sé non lascia spazio né a Dio, considerato come
un pari (“presumevano di essere giusti”), né
agli altri, considerati inferiori (“e
disprezzavano gli altri”). Anche in noi può
insinuarsi il rischio di abituarci a trattare con Dio
come un pari, vantandoci delle nostre prestazioni
davanti a Lui.
2.
“... a pregare”: salire al tempio a
pregare è di per sé un’azione buona. Sarà
l’intenzione di ognuno dei due protagonisti a
renderla vera preghiera o a renderla preghiera
vana, inutile. In altre parole: la preghiera ci
svela la nostra interiore verità; essa non ci lascia
mai come eravamo prima .
Si impone quindi la grave
domanda: da che cosa è mossa la tua preghiera?
Confrontiamoci con i due
opposti atteggiamenti.
Ø
Il fariseo
prega ritto “davanti a sé”. Da qui nasce
l’insensatezza del suo monologo vanaglorioso: nessuna
richiesta di perdono, né lode, né supplica, né
ringraziamento (l’unico grazie è detto perché
egli si ritiene migliore degli altri).
“Smettete di presentare offerte inutili,
l’incenso è un abominio per me; noviluni, sabati,
assemblee sacre, non posso sopportare delitto e
solennità” (Isaia 1, 13). Una simile preghiera
è abominio davanti a Dio.
Ø
L’esattore
delle tasse (il pubblicano) invece sta lontano,
con gli occhi bassi, battendosi il petto. La
preghiera vera nasce dal senso dell’indigenza e del
bisogno di Dio. Quest’uomo riconosce la
misericordia divina e si mostra disposto alla
conversione: due atteggiamenti che Dio mostra di
gradire. Ai
gesti si unisce la voce del pubblicano: “Dio abbi
pietà di me che sono il peccatore”.
Riconoscere la propria umiltà è ciò che Dio ama.
Non si riconosce come un peccatore qualunque, ma il
peggiore in assoluto: sono IL peccatore, si
legge nel testo greco!
Ammiriamo nel pubblicano la ‘contritio
cordis’’: si tratta di un cuore
‘spezzato’, ‘ridotto
in frantumi’.
Ø
È proprio
quando riconosciamo di essere a pezzi a causa del
peccato commesso e invochiamo la misericordia del
Padre che succede il miracolo: Dio ci tocca con il suo
amore e ci rimette in piedi, ci rinnova nel profondo e
osiamo alzare lo sguardo e invocarlo “Padre
nostro...”
3.
Umiltà e presunzione: dietro i due
personaggi della parabola ci sono i due atteggiamenti
della preghiera, da loro vissuti.
La presunzione nella nostra
giustizia, nelle azioni (anche buone) da noi compiute
non permette la preghiera, non aumenta la nostra fede,
non salva!
q
Il dramma del fariseo è l’aver perso
la coscienza del proprio peccato e della misericordia
divina
q
La fortuna dell’esattore delle tasse
invece è quella di essere consapevole della propria
pochezza e della misericordia divina.
L’umiltà esalta chi la
pratica, fa fiorire la fede, la preghiera ed apre la
strada verso il cielo. Non per nulla Cristo, umile di
cuore (Matteo 11,29), diventa IL maestro di
preghiera perseverante!
4.
La preghiera del cuore: prova a regalarti
un quarto d’ora e a stare davanti a Gesù
Crocifisso, ripetendo con calma la preghiera
dell’esattore delle tasse “Signore
Gesù, abbi pietà di me che sono peccatore”. Ripetila
lentamente, facendo scorrere davanti agli occhi del
tuo cuore i tuoi peccati, le tue infedeltà, le tue
mancanze (grandi e piccole) e ogni volta
“Signore Gesù….”
Nascerà nel cuore il bisogno
di un Salvatore, che ci liberi dal male e ci dia pace;
Cristo Crocifisso è la tua salvezza, la tua
misericordia, la tua pace!
Nascerà nel cuore un profondo
senso di umiltà e di riconoscenza: siamo nulla,
eppure Dio nella sua infinità bontà può trasformare
il nostro nulla in un tesoro, in tanta ricchezza per
te e per altri.
La gioia è il risultato
finale: senti di essere amato/a dalla tenerezza
misericordiosa e gratuità del Padre che ti abbraccia,
ti benedice e ti incoraggia.