A Nazaret
il sogno di un mondo nuovo
Tutti gli occhi erano fissi su di lui. Sembrano più
attenti alla persona che legge che non alla parola
proclamata. Sono curiosi, lo conoscono bene quel
giovane, appena ritornato a casa, nel villaggio
dov'era cresciuto nutrito, come pane buono, dalle
parole di Isaia che ora proclama: «Parole così
antiche e così amate, così pregate e così agognate,
così vicine e così lontane. Annuncio di un anno di
grazia, di cui Gesù soffia le note negli inferi
dell'umanità» (R. Virgili).
Gesù davanti a quella piccolissima comunità presenta
il suo sogno di un mondo nuovo. E sono solo parole di
speranza per chi è stanco, o è vittima, o non ce la
fa più: sono venuto a incoraggiare, a portare buone
notizie, a liberare, a ridare vista. Testo
fondamentale e bellissimo, che non racconta più
"come" Gesù è nato, ma "perché"
è nato. Che ridà forza per lottare, apre il cielo
alle vie della speranza. Poveri, ciechi, oppressi,
prigionieri: questi sono i nomi dell'uomo. Adamo è
diventato così, per questo Dio diventa Adamo. E lo
scopo che persegue non è quello di essere finalmente
adorato e obbedito da questi figli distratti, meschini
e splendidi che noi siamo. Dio non pone come fine
della storia se stesso o i propri diritti, ma uomini e
donne dal cuore libero e forte. E guariti, e con occhi
nuovi che vedono lontano e nel profondo. E che la
nostra storia non produca più poveri e prigionieri.
Gesù non si interroga se quel prigioniero sia buono o
cattivo; a lui non importa se il cieco sia onesto o
peccatore, se il lebbroso meriti o no la guarigione.
C'è buio e dolore e tanto basta per far piaga nel
cuore di Dio. Solo così la grazia è grazia e non
calcolo o merito. Impensabili nel suo Regno frasi
come: «È colpevole, deve marcire in galera».
Il programma di Nazaret ci mette di fronte a uno dei
paradossi del Vangelo. Il catechismo che abbiamo
mandato a memoria diceva: «Siamo stati creati per
conoscere, amare, servire Dio in questa vita e poi
goderlo nell'eternità». Ma nel suo primo annuncio
Gesù dice altro: non è l'uomo che esiste per Dio ma
è Dio che esiste per l'uomo. C'è una commozione da
brividi nel poter pensare: Dio esiste per me, io sono
lo scopo della sua esistenza. Il nostro è un Dio che
ama per primo, ama in perdita, ama senza contare, di
amore unilaterale.
La buona notizia di Gesù è un Dio sempre in favore
dell'uomo e mai contro l'uomo, che lo mette al centro,
che dimentica se stesso per me, e schiera la sua
potenza di liberazione contro tutte le oppressioni
esterne, contro tutte le chiusure interne, perché la
storia diventi totalmente "altra" da quello
che è. E ogni uomo sia finalmente promosso a uomo e
la vita fiorisca in tutte le sue forme.