Un re che si dona, che muore amando
Sta morendo e lo deridono tutti, lo prendono in giro: «guardatelo, il re!» Sono scandalizzati i
devoti, gli uomini religiosi: ma che Dio è questo che lascia morire il suo eletto? Si
scandalizzano i soldati, gli uomini forti: se sei il re usa la forza! «Salva, salva, salva te stesso!»
per tre volte. C'è forse qualcosa che vale più di aver salva la vita? Sì. Qualcosa vale di più:
l'amore vale più della vita. E appare un re giustiziato, ma non vinto; un re con una derisoria corona di spine che muore
ostinatamente amando; un re che noi possiamo rifiutare, ma che non potrà mai più rifiutare
noi. E gli si accostavano per dargli da bere aceto. Il vino nella Bibbia è il simbolo dell'amore, l'aceto
è il suo contrario, il simbolo dell'odio. Tutti odiano quell'uomo, lo rigettano. Di che cosa hanno
bisogno questi che uccidono e deridono e odiano il loro re? Di una condanna definitiva, della
pena di morte? No, hanno bisogno di un supplemento d'amore. E Dio si mette in gioco, si
gioca il tutto per tutto per conquistare l'uomo. C'è un malfattore, uno almeno che intuisce e
usa una espressione rivelatrice: non vedi che anche lui è nella stessa nostra pena... Dio nel
nostro patire, Dio sulla stessa croce dell'uomo, Dio vicinissimo nella passione di ogni uomo.
Che entra nella morte perché là va ogni suo figlio. Perché il primo dovere di chi ama è di
essere con l'amato. Costui non ha fatto nulla di male. Che bella definizione di Gesù, nitida semplice perfetta:
niente di male, per nessuno, mai, solo bene, tutto bene. E si preoccupa fino all'ultimo non di sé
ma di chi gli muore accanto. Che gli si aggrappa: Ricordati di me quando sarai nel tuo regno.
E Gesù non si ricorda, fa molto di più, lo porta con sé, se lo carica sulle spalle come fa il
pastore con la pecora perduta e ritrovata, per riportarla a casa, nel regno: sarai con me! E
mentre la logica della nostra storia sembra avanzare per esclusioni, per separazioni, per re-
spingimenti alle frontiere, il Regno di Dio avanza per inclusioni, per abbracci, per accoglienza.
Non ha nessun merito da vantare questo malfattore. Ma Dio non guarda ai meriti. Non ha
virtù da presentare questo ladro. Ma Dio non guarda alle virtù. Guarda alla povertà, al
bisogno, come un padre o una madre guardano al dolore e alle necessità del figlio.
Sarai con me: la salvezza è un regalo, non un merito. E se il primo che entra in paradiso è
quest'uomo dalla vita sbagliata, che però sa aggrapparsi al crocifisso amore, allora le porte del
cielo resteranno spalancate per sempre per tutti quelli che riconoscono Gesù come loro
compagno d'amore e di pena, qualunque sia il loro passato: è questa la Buona Notizia di Gesù Cristo.