- Vangeli dei giorni feriali -

COMMENTO AL VANGELO

 

25a settimana TEMPO ORDINARIO (Lc 8,19-21)

 

In quel tempo, andarono a trovare Gesù la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fu annunziato: “Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti”. Ma egli rispose: “Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”.

 

La scena raccontata dal Vangelo di Luca può lasciarci senza parole. Come è possibile che Gesù sembri rimanere indifferente davanti al desiderio di sua madre e dei suoi fratelli di incontrarlo? Forse è la prima cosa che dovrebbe colpirci è il desiderio di vedere Gesù che sua madre Maria e i suoi parenti manifestano apertamente. Chissà se anche noi abbiamo questo desiderio, o se abbiamo ridotto la nostra fede semplicemente a un voler essere esauditi nelle nostre necessità. In pratica non ci interessa vedere Gesù, ci interessa semplicemente che faccia ciò che vogliamo noi. Ecco allora che le parole usate da Gesù assumono un senso molto più profondo: «Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». Si è cristiani non perché si cercano miracoli, oppure strategie per essere esauditi in tutte le nostre preghiere; ma si è cristiani perché ci si sforza ogni giorno di ascoltare la parola di Dio e si tenta di metterla in pratica. Chi vive così non ha bisogno di nessun altro incontro con Gesù, perché chi vive così vive già in Lui anche se non lo sa. È inutile quindi pensare che abbiamo bisogno di “sentire” chissà quale sensazione, o avere chissà quale esperienza straordinaria per poter entrare in intimità con Gesù, perché in intimità con Gesù non si entra per sensazioni o per cose straordinarie ma per quel quotidiano tentativo di ascoltare e mettere in pratica.

 

Don Luigi Maria Epicoco

 

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Gesù propone un modello famigliare e di relazione che supera ampiamente l'idea sociale e culturale che ci siamo fatti della famiglia e delle relazioni umane (anche noi cattolici!). All'epoca di Gesù l'influenza del clan famigliare era determinante, fortissima, e tutto ruotava intorno alle decisioni del capo-famiglia. La Bibbia riflette lungamente sulle qualità del buon capo-famiglia confermando l'impianto culturale di tale ruolo. Gesù, invece, supera questa impostazione: l'unione fra le persone non è più determinata da legami di sangue ma dalla consapevolezza di essere figli dello stesso Dio, di fare la stessa esperienza di fede, di appartenere alla stessa comunità di vita. Chi ascolta la Parola e la accoglie stabilisce con gli altri fratelli legami più autentici e profondi di quelli, spesso di facciata, determinati dall'appartenenza allo stesso clan. È l'esperienza che fanno molti di noi che vivono un'intensità di relazione molto forte con chi ha fatto la nostra stessa scoperta: siamo figli amati dal Padre. È una consolazione immensa, e non solo per chi ha vissuto una sconfortante esperienza famigliare e che ritrova nel sogno di Dio che è la Chiesa la possibilità di essere accolto e di accogliere, ma per tutti!

 

Paolo Curtaz

 

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