- Vangeli dei giorni feriali -

COMMENTO AL VANGELO

 

26a settimana TEMPO ORDINARIO (Lc 10,13-16)

 

In quel tempo, Gesù disse: “Guai a te, Corazin, guai a te, Betsaida! Perché se in Tiro e Sidóne fossero stati compiuti i miracoli compiuti tra voi, già da tempo si sarebbero convertiti vestendo il sacco e coprendosi di cenere. Perciò nel giudizio Tiro e Sidóne saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafarnao, "sarai innalzata fino al cielo? Fino agli inferi sarai precipitata!". Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato”.

 

“Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi”. I segni, le delicatezze, gli investimenti di tempo e di persone che delle volte Dio ci dona, servono ad aiutarci a cambiare, a crescere, a migliorarci, a diventare noi stessi, cioè a convertirci. Ma se tutto questo noi ce lo viviamo solo come spettatori o credendo che è un nostro diritto tutto questo spreco di energie nei nostri confronti, allora è accovacciata alla nostra porta la tragedia. Ma non è colpa di Dio, è colpa di quella nostra strafottenza che delle volte ci fa dare tutto per scontato fino al giorno in cui non sbattiamo il muso e ci facciamo seriamente male. È così che delle volte perdiamo delle persone importanti nella nostra vita o delle occasioni che non torneranno più indietro, semplicemente perché avevamo avuto l’opportunità di cambiare, di accogliere, di trattenere ciò che ci era capitato di buono e invece abbiamo preferito rimanere le vecchie persone di sempre, con le medesime mediocri certezze e abitudini. Abbiamo preferito rimanere fermi quando dovevamo metterci in cammino. Abbiamo preferito rimandare ciò che non tornerà più indietro. Ma fin che c’è vita c’è speranza che ci ravvediamo. Allo stesso tempo però noi abbiamo la responsabilità di vivere in prima persona tutto questo perché anche gli altri vedendo la nostra vita possano comprendere come la fede non è alienazione, non è disertare il reale, non è scappare dalle circostanze, non è rimandare, non è credere in un al di là che non ha niente a che fare con l’al di qua. Credere significa valorizzare tutto quello che c’è ora. È imparare la lezione del vangelo di oggi che ci dice che se solo ascoltassimo davvero non faremmo la fine di chi arriva a un punto di non ritorno. “Qui ed ora” è il presente di Dio, l’eternità.

 

Don Luigi Maria Epicoco

 

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Guai a te Corazim, guai a te Betsaida! Dice Gesù e oggi aggiungerebbe: guai a te occidente! Guai a voi che pensate che la fede sia una cosa acquisita una volta per tutte! Guai a voi che contrapponete le civiltà e le religioni! Guai; cerchiamo guai quando ci sediamo, quando pensiamo che la fede consista nel trasmettere ciò che abbiamo ricevuto senza fantasia, senza entusiasmo, seduti sulle nostre piccole certezze senza riconoscere la novità di Dio. Israele attendeva allo spasimo la venuta del Messia eppure il cuore dei grandi uomini di fede, dei responsabili del Tempio e delle sinagoghe è rimasto chiuso; né i dottori della legge, né gli scribi sono riusciti ad uscir fuori dalle loro teorie per abbracciare la realtà della venuta del Messia figlio di Dio. Così accade, sempre: quando l'abitudine si infiltra nell'entusiasmo della fede e dell'amore lentamente ma inesorabilmente allontaniamo Dio dal nostro cuore e restiamo inchiodati alle nostre devozioni senza più fantasia, non accorgendoci che Dio ci raggiunge in maniera sempre nuova. Stiamo attenti ai segni dei tempi, senza disprezzare ciò che Dio non disprezza, ma anzi riconoscendo l'opera di Dio anche là dove abitualmente non la vediamo; ricordiamoci che Gesù apparve agli occhi dei suoi contemporanei come un bestemmiatore! Che il Signore scuota le nostre comunità sedute, le svegli, le motivi, le sproni all'annuncio del Vangelo!

 

Paolo Curtaz

 

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