- Vangeli dei giorni feriali -

COMMENTO AL VANGELO

 

  

 

26a settimana TEMPO ORDINARIO (Lc 9,51-56)

 

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui. Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”. Ma Gesù si voltò e li rimproverò. E si avviarono verso un altro villaggio.

 

“Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme”. Questa annotazione che leggiamo nel Vangelo di oggi si trova nel cuore del racconto di Luca. Da questo momento in poi secondo la narrazione lucana il camminare di Gesù non è un semplice vagare, ma è un procedere avendo come punto focale, come sua destinazione ultima Gerusalemme. È proprio lì che Gesù compirà il suo destino, ed è un po’ come se il Vangelo di oggi volesse suggerirci di non perdere mai di vista qual è lo scopo della nostra vita, qual è il motivo per cui ci svegliamo al mattino, qual è la motivazione di fondo che ci spinge a fare o non fare qualcosa. Quando perdiamo di vista il nostro destino inevitabilmente la nostra vita comincia ad essere un semplice vagabondare. Quindi sarebbe molto interessante se ognuno di noi potesse porsi oggi questa domanda: verso dove sto andando? Che cos’è che muove la mia vita? Ma c’è anche un altro dettaglio che viene raccontato nell’episodio del Vangelo di oggi, ed è la reazione di Giacomo e Giovanni davanti alla chiusura di un villaggio di Samaritani che si rifiutano di accogliere Gesù: “«Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Ma Gesù si voltò e li rimproverò”. È sempre alta la tentazione di usare la violenza con chi non condivide le nostre idee, le nostre posizioni, i nostri valori. Ma se la nostra fede suscita violenza (in tutte le sue forme, sia fisiche, sia verbali), allora non è la fede di Gesù Cristo. La nostra fede deve invece assomigliare a quell’intuizione meravigliosa di Teresa di Lisieaux di cui oggi facciamo memoria: solo scegliendo la via della piccolezza, dell’infanzia spirituale, dell’abbandono fiducioso in Dio potremmo davvero dire di essere discepoli di Gesù.

 

Don Luigi Maria Epicoco

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Commento (Vangeli Feriali)

 

Gesù ha deciso: andrà fino in fondo alla sua missione. Il volto si indurisce come quello dei profeti; non ha esitazione né ripensamenti. La luna di miele con Israele è finita: la folla si è stufata di questo bizzarro profeta che non sembra intenzionato a scatenare l'attesa rivoluzione, i capi religiosi del popolo temono che i romani possano attuare una rappresaglia togliendo loro l'autonomia appena riconquistata. Tutto sembra perduto. Perciò Gesù decide in cuor suo di salire a Gerusalemme: nella città santa si deciderà il suo destino, perciò decide di giocare tutte le sue carte. In quel gesto già si staglia la croce, somma manifestazione della volontà di Cristo di svelare il vero volto di Dio. Quanto stride, in questo contesto l'arrabbiatura di Giacomo e Giovanni: rifiutati dai samaritani, storici avversari degli ebrei, vogliono scatenare una scenografica pioggia di fuoco modello "Faraone" per punire questi reprobi. Sciocchi e tardi di cuore nel credere! Il Signore è deciso ma mai violento, motivato e determinato ma mai impositivo. Così dobbiamo essere noi discepoli in questi fragili tempi: decisi del testimoniare il Cristo ma sempre con mitezza.

 

Paolo Curtaz

 

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