UN ANNO CON DON ALBERIONE

 

17° Marzo

 

IL PECCATO MORTALE - III 

 

Figliolo, hai peccato? non peccar più; ma prega anche per le colpe passate, per ottenerne il perdono. Come alla faccia del serpente, così fuggi dal peccato: se a lui ti accosti ti morderà, e i suoi denti son denti di leoni che uccidono le anime degli uomini (Ecl. 21, 1-3). 

 

1. E' una follia. Per esso l'anima rinuncia al cielo e si condanna all'inferno. Il Paradiso è il possesso eterno di Dio, sommo bene ed eterna felicità. Il peccatore ne chiude la porta per preferire le ricchezze, qualche comodità, qualche piacere, qualche capriccio passeggero. Esaù aveva ceduto la primogenitura per una scodella di lenticchie; ma una volta saziato, urlava per il grande dolore. Gionata affamato, contro l'ordine del re, aveva gustato un po' di miele prima che finisse la battaglia. Condannato a morte esclamava con la più profonda amarezza: Ho gustata una goccia di miele; per così breve piacere ecco la morte. — Sventura! Somma sventura è, dunque, il peccato. Dice la Scrittura: «Quelli che peccano e si abbandonano all'iniquità sono nemici dell'anima loro» (Tb. 12, 10). Si dice che Lutero una sera mirando il cielo splendido, esclamasse: O Lutero, guarda quale patria hai perduta!... 

 

2. Chi pecca si condanna all'inferno. L'esecuzione è ritardata fino alla morte, ma la condanna il peccatore l'ha scritta e sottoscritta da sè. «Il peccato dell'uomo diverrà causa del suo tormento» (Sap. II, 17). E nel libro dei Proverbi (8, 36): «Chi mi offenderà aprirà una piaga nell'anima sua». «Chi pecca cade sotto la schiavitù del suo peccato» (Gv. 8, 34). «Erravimus!» (Sap. 5, 6). Abbiamo sbagliato! Gridano dall'inferno coloro che hanno peccato. Una goccia di piacere, ed ecco un mare di fuoco. Una sera d'inverno, Lutero si scaldava al fuoco; una scintilla gli cadde sulla mano. Egli l'osservava, anzichè scuoterla da sè. A chi si stupiva rispose: tanto bisogna abituarsi. Era la disperazione, aggiunta al peccato. 

 

3. Solo mi rimane la misericordia! Signore, a me sono diretti i Vostri richiami: «Avevo dei figli, che ho nutriti ed esaltati: ma essi mi hanno disprezzato» (Is. 1,2), «Che cosa ti ho fatto, o popolo mio, in che ti ho contristato? Come una vigna eletta io ti piantai, e tu mi hai dati frutti amari. Ti condussi via dall'Egitto, per te affogai l'esercito del Faraone nel mare, ti precedetti con una colonna di nube; e tu mi hai consegnato in mano a Pilato. Ti ho guidato attraverso il deserto, cibandoti con la manna, ma tu mi hai colpito con schiaffi e con flagelli» (Lit. del Venerdì Santo).

 

ESAME. — Oggetto di utile meditazione: «Per te feci scorrere l'acqua dalla pietra; e tu mi hai abbeverato di fiele ed aceto... Io ti ho coperto di mille benefici; per quale di questi mi vuoi lapidare?... Tu sei arrivato sino a servirti dei miei doni per peccare...». Penso io qualche volta alla stoltezza del peccato? 

 

PROPOSITO. — Piuttosto morire che ancora macchiarmi. Una sola cosa temerò: il peccato. 

 

PREGHIERA. — Io sono stato folle. Ben a proposito Voi, Signore, avete detto, parlando dei crocifissori: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno». Io non consideravo il male che facevo, peccando. O Gesù, da questa croce ripetete anche per me simile preghiera al Padre Vostro. Io spero il perdono del passato e la perseveranza per l'avvenire. Mi voglio imprimere nella mente il Vostro avviso: «Fuggi il peccato come fuggiresti un serpente». 

 

 

FIORETTO: — Vinci il rispetto umano; recita lo Stabat Mater (clicca)  o sette Ave Maria.

 

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