UN ANNO CON DON BOSCO

 

3° Maggio

 

155) Che cosa particolarmente giova a tenerci lontani dal peccato? 

 

A tenerci lontani dal peccato giova particolarmente il pensiero che Dio è da per tutto e vede il segreto dei cuori, e la considerazione dei « Novissimi », ossia di quanto ci attende alla fine di questa vita e alla fine del mondo. 

 

a) Fuga del peccato. 

 

495. - Lontano dalle occasioni. 

 

Entrato Don Bosco in un caffè, si presentò a servirlo un giovane, col quale subito intavolò discorso. Una parola tira l'altra. A dir breve : il garzoncello, vinto dalle paterne maniere del prete, finì per svelargli lo stato deplorevole della sua anima. Don Bosco concluse: — Chiedi licenza al tuo padrone di venire all'Oratorio e poi qualche cosa decideremo. Il giovane espose le gravi difficoltà che si frapponevano. Allora Don Bosco, stante il pericolo grave che correva, lo consigliò di fuggire. Ed eccolo all'indomani all'Oratorio. Vi trovò pane, tetto, educazione: divenne modello dei compagni e poi eccellente cristiano. (M. B. IV, 7-8). 

 

b) Dio vede tutto: 

 

496. - Che palmate! 

 

Nel 1863, quando Don Bosco si trovava agli Esercizi spirituali a Sant'Ignazio sopra Lanzo, due giovani dell'Oratorio, una domenica, in tempo di predica, andarono di nascosto a bagnarsi nella Dora. Dopo aver guazzato nella poca acqua corrente si sdraiarono sulla sabbia. Ad un tratto si sentono replicatamele cadere sul dorso una palmata data da mano pesante, che lasciò loro sulla pelle l'impronta delle dita. Guardando attorno e non vedendo nessuno, sentendosi bruciare le spalle con vivo dolore, si ricordarono, benché troppo tardi, di ciò che era accaduto l'anno prima in quelle vicinanze a tre dei loro compagni e si misero ambedue a gridare: — Ecco Don Bosco! Vestiti in fretta ritornarono correndo all'Oratorio, credendosi inseguiti. Giunsero a casa pallidi come la morte; entrati con precauzione per la porta della chiesa, andarono a nascondersi in una camerata. L'indomani Don Alasonatti ricevette da Don Bosco un biglietto in cui diceva : « Ho veduto in questo momento i giovani Bastia e Bezzetti, fuggire, oggi, domenica, dall'Oratorio per andare a bagnarsi nelle acque del fiume Dora. Là ascoltai che avevano incominciato discorsi poco, convenienti e diedi loro un ricordo che dovrà durare per un pezzo». Don Alasonatti investigò e i due giovani confessarono che loro ancora dolevano le spalle. Anzi uno di loro ad un amico confidò: — Sai... mi vennero sopra, senza che io vedessi alcuno, tre colpi, e il terzo fu veramente terribile e doloroso. I due giovani fecero giudizio. (M. B. VII, 486-487). 

 

497. - L'occhio di Dio. 

 

Spesso Don Bosco accondiscendeva a mandare i suoi giovani musici nei paesi che li richiedevano ; ma voleva che in queste circostanze fossero di edificazione al popolo. Tali giovani, erano accolti bene dai terrazzani, e venivano a gruppetti albergati alla meglio in case private o in osterie. Un anno alcuni di questi trovarono preparata la cena con vivande di grasso; ed era vigilia. — Mangiate pure — diceva il padrone — non abbiate scrupoli : Don Bosco non vi vede, non lo saprà. Ma un giovane rispose coraggiosamente: — Don Bosco lo so che non mi vede; ma vi è un altro che mi; vede : Dio ! E si accontentarono di pane e frutta. (M. B. V, 792-793). 

 

c) Considerazione dei Novissimi. 

 

498. - Predica ai Ministri. 

 

Nel 1876 a Lanzo, in occasione dell'inaugurazione della ferrovia, le autorità visitano il Collegio Salesiano. I Ministri Nicotera, Depretis, Zanardelli, Ercole, Ricotti... si trattengono a lungo con Don Bosco. Si parla di tutto : di Don Bosco che fa troppi preti, troppi professori, troppi papalini. Infine i Ministri vengono a scherzare su chi di loro è più peccatore, e si chiede a Don Bosco la sentenza. Il Santo si schermisce, ma intanto fa loro una predica e fa riflettere qualcuno sullo stato della sua coscienza. — Del resto — dice, — per conoscere uno, bisognerebbe che venisse qui non per un'oretta, ma per fare gli Esercizi Spirituali ; pensasse alla vita passata, alla morte, con la quale finisce la scena di questo mondo, alla vanità delle cose terrene e alla preziosità delle cose celesti, ai giudizi di Dio, all'eternità... pensasse che in punto di morte quello che darà contentezza sarà il bene fatto e che tutte le altre cose, non daranno che angustie... e poi facesse una sincera confessione generale: allora potrei dare un giudizio del suo interno. (M. B. XII, 421-426). 

 

d) Considerazione della morte. 

 

499. - L'esercizio di buona morte. 

 

Nel 1850 toccò a Don Bosco far la chiusa di un Ritiro Spirituale, e diede i seguenti ricordi: — Fate ogni mese l'esercizio di buona morte. Fate bene ogni mese l'esercizio di buona morte. Fate infallantemente e bene ogni mese l'esercizio di buona morte. (M. B. TV, 117). 

 

500. - Come se fosse l'ultima... 

 

All'esercizio di buona morte Don Bosco dava grande importanza. Avvisava i giovani in antecedenza. All'Oratorio parteciparono per parecchi anni a questo pio esercizio uomini insigni. Grande impressione faceva nei giovani il Pater, Ave, Gloria per quello che sarebbe stato il primo a morire. Per dare poi un'aria festiva a quel giorno si dava il companatico a colazione. Don Bosco soleva dire : — Io penso che si possa affermare assicurata la salvezza dell'anima di un giovane, che fa ogni mese la sua Confessione e Comunione come se fosse l'ultima della sua vita. (M. B. IV, 683-684). 

 

501. - Mi cucisco il lenzuolo. 

 

Scrive Don Ruffino, uno dei primi salesiani: « Il 10 settembre 1861 domandai a Don Bosco: — Di grazia, io notai che il 3 di giugno V. S., annunziando l'esercizio della buona morte, ci esortava a farlo bene, dicendo che vi era uno fra noi il quale non l'avrebbe più fatto. Don Bosco mi rispose: — Fra poco potrò dirti chi fosse quel tale. Egli era in casa quando dissi ciò che or tu rammenti; ma non fece nemmeno allora l'esercizio della buona morte. Ti dirò di più, chè io vidi in sogno i giovani dell'Oratorio che facevano il loro esercizio ; mancavano però alcuni e fra questi vi era il sopraddetto. Io vidi costui fuori della chiesa, in atto di cucire un lenzuolo e gli domandai: « Che cosa stai facendo?». « Mi cucisco il lenzuolo — mi rispose — per ripormi dentro ». « Ma gli altri vanno in chiesa per farvi l'esercizio della buona morte ». « Oh, io non ci vado più ». Costui era dunque uscito dall'Oratorio e Don Bosco non ne aveva più saputo novelle. Ma queste interrogazioni ci fanno intendere che egli non poteva arrischiarsi a dare tali annunzi, se non era persuaso della verità, essendo alla presenza di centinaia di testimoni, che nulla dimenticavano ». (M. B. vi, 1007). 

 

502. - Don Bosco non sbaglia. 

 

Nel dicembre del 1866 Don Bosco aveva pubblicamente detto ai giovani che si mettessero in pace con Dio, poiché uno dell'Oratorio sarebbe passato all'eternità prima di Natale. Questa volta fra gli alunni si destò un gran panico e un certo numero di essi voleva ritornare alle proprie famiglie. Alcuni parenti avendo conosciuto dai figli questa funebre rivelazione, dopo essersi lagnati con Don Bosco, andarono alla Questura e fecero le più vive lagnanze, ricevendo la promessa che l'autorità avrebbe preso la cosa in considerazione. Infatti giunse all'Oratorio in tempo di ricreazione lo stesso Procuratore del Re, senza farsi conoscere. Non si presentò a Don Bosco, ma passeggiò in cortile interrogando vari giovani sulle cose che Don Bosco loro narrava. Così venne ad accertarsi della verità della deposizione. Dopo qualche giorno entrava in camera di Don Bosco un delegato di polizia, che lo ammonì di non fare uso di tali mezzi « pericolosi » spaventando i giovani con predizioni di morte. Don Bosco rispose che talora si sentiva obbligato in coscienza a dare avvisi. E non conveniva certamente dire a uno : « Tu devi morire tra poco! ». E allora?... avvisava in pubblico. Il delegato, pensieroso, chiese il nome di colui che doveva morire, promettendo il segreto. Don Bosco pronunziò Boggero Giovanni: l'altro scrisse, fece un inchino, e uscì. Il sacerdote Giovanni Boggero, di Cambiano, contava 26 anni. Allettato dai parenti, ritornò presso di loro e si stimava contento. Ma il mattino del 14 dicembre, quasi improvvisamente era chiamato al tribunale di Dio. Passate le feste natalizie, comparve il delegato nel cortile dell'Oratorio come persona che venisse a visitare la casa. Dalle interrogazioni fatte ai giovani mentre giocavano, venne a sapere che Boggero Giovanni, il nome di quelli che portava sul taccuino, era morto. Salito da Don Bosco: — Signore, — esclamò — dica pure quel che vuole ai suoi giovani: da questo momento le do tutte le licenze immaginabili, e saprò che cosa rispondere a chi si lamentasse delle sue previsioni. — Gli baciò la mano commosso e se ne andò. (M. B. VIII, 548-555). 

 

503. - Quel delle 22 lune. 

 

Don Bosco sognò di trovarsi in cortile tra i giovani che giocavano. Ad un tratto vede uno uscire da una porta con in capo un turbante trasparente in forma di una luna. Sopra di questa v'era la cifra « 22 ». S'avvicina a lui per dirgli che smetta quell'arnese da carnevale. Intanto a un segnale di campanello, tutti i giovani corrono sotto i portici, disposti in fila. Colà Don Bosco vede quello delle 22 lune con una coltre funebre sulle spalle. Un personaggio si avvicina al Santo e gli dice che quello ha ancora 22 lune di vita, perciò lo tenga d'occhio e lo prepari alla morte. Alla ventesima luna Don Bosco mise in una cameretta il chierico Cagliero con due giovani e gli disse che vegliasse bene sui suoi assistiti. Al dicembre Don Bosco alla sera annunciò che prima di Natale doveva morire uno; allora non v'era nessun ammalato. Giovanni Gurgo era forse uno dei più forti. Alla metà di dicembre però fu preso da una colica violenta, ma ancora guarì. Il padre suo voleva condurlo a casa per il riposo. Don Bosco lasciò fare. Il 23 dicembre Gurgo domandò a suo padre un po' di carne e questi l'accontentò. Quindi ritornò all'Oratorio, ma la notte lo riprese la colica e morì quasi improvvisamente, assistito da Cagliero. Alla mattina questi incontrò Don Bosco che gli disse: — Adesso sai perchè ho voluto che tu andassi a dormire in quella cameretta. Interrogato se era Gurgo quel delle 22 lune, Don Bosco disse di sì. (M. B. V, 377 sgg.). 

 

504. - Una visita alle camerate. 

 

Nell'anno 1866, circa 15 giorni avanti la festa di San Giuseppe, Don Bosco narrava: « Sognai che mi si presentò un individuo o fantasma con una lucerna accesa in mano, dicendomi: — Don Bosco! Alzati su e vieni con me! Mi vesto e vado dietro a costui, il quale non lasciò mai che io potessi vederlo in volto. Mi fece traversare varie camerate. Osservai passando che sopra i letti stavano gattacci che con le zampe anteriori tentavano di graffiare il volto ai giovani dormienti. Finalmente si ferma al letto d'un giovane, e mi dice: — Per la festa di San Giuseppe questo giovane deve venire con me ! Io intesi che sarebbe morto. Allora gli chiesi con tono assoluto : — Voglio sapere chi sei e a nome di chi parli. — Se vuoi sapere chi sono, eccoti! In quel mentre sparì e con lui anche la lucerna, in modo che io rimasi al buio. Io allora mi avviai per andarmene nuovamente a letto, ma strada facendo urtai non so se in un baule o in un letto e mi svegliai ». Fatta questa narrazione spiegò che quei gatti in atto di divorare i giovani significavano i nemici dell'anima, che stanno sempre intorno a loro per farli cadere se sono in grazia di Dio, o per strozzarli se si trovano in disgrazia del Signore. (M. B. VIII, 314). 

 

505. Estote parati. 

 

Nelle notti dell'8 e 10 novembre 1873 Bosco faceva questo sogno. Gli pareva di andare a visitare i dormitori, e i giovani erano tutti seduti sul letto, quand'ecco vide comparire un uomo sconosciuto che gli prese la lucerna di mano, dicendogli: — Vieni e vedrai! Don Bosco lo seguì. Passarono davanti al letto di ciascuno. Guardando in fronte Don Bosco poteva leggere i peccati dei singoli individui. In un angolo della camerata trovarono dei giovani che avevano la fronte e il volto candidi come la neve. Proseguendo nell'osservazione trovarono uno che aveva il volto tutto coperto di macchie nere. Giunti in fondo al corridoio-camera sentirono il canto del Miserare, e la guida disse a Don Bosco: — È morto colui che hai osservato tutto coperto di macchie ! — Ma come, — interruppe Don Bosco, — se ieri sera era ancor vivo! — Guarda su questo almanacco la data, — gli rispose la guida. Don Bosco guardò e vide il giorno 5 dicembre 1873.Il sogno si avverò. Quel giovane il 4 dicembre giocava ancora in cortile, e verso le cinque pomeridiane fu colto da grippe. Dai parenti fu portato all'ospedale di San Giovanni, e il 5 dicembre, due pomeridiane, passava all'eternità. Alla buona notte della sera dopo, Don Bosco assicurava che il giovane aveva fatto pochi giorni prima la sua confessione generale. (M. B. X, 79). 

 

506. - Avvisi della Madonna. 

 

Nella mente e nel cuore di Don Bosco primeggiava sempre l'amabilissima figura di Maria Santissima, e una sera nei primi giorni di luglio annunziava di aver visto in sogno una persona (pare fosse la Vergine benedetta) passare in mezzo ai giovani e presentare loro una borsa riccamente lavorata, perchè ciascuno tirasse a sorte un bigliettino fra i molti che vi erano rinchiusi. Don Bosco le si mise a fianco. Di mano in mano che un giovane estraeva il biglietto egli notava la frase o la parola che su quello era scritta. Finì il suo breve racconto col dire che tutti presero il loro biglietto, fuorché uno, il quale non andò e stette in disparte; e avendo Don Bosco voluto vedere ciò che era scritto sulla cartolina rimasta in fondo alla borsa, vi lesse : Morte, (M. B. VII, 472). 

 

507. - L'aquila della morte. 

 

Nel febbraio 1865 Don Bosco aveva sognato di essere nel cortile con i suoi giovani. Ad un tratto era apparsa un'aquila maestosa che roteando scendeva sui giovani. La guida gli aveva detto che il giovane su cui l'aquila si sarebbe posata, presto sarebbe volato in Paradiso. Si posò sul giovane Ferraris Antonio. Don Bosco lo riconobbe e spaventatosi si svegliò; e accortosi d'essere veramente desto fece questa domanda: — Signore, se questo veramente non è un sogno, ma realtà, quando dovrà verificarsi ? Si riaddormentò ed ecco in sogno riapparire lo stesso personaggio il quale gli disse : — Il giovane Ferraris non farà più di due volte l'esercizio della Buona morte. E disparve. Don Bosco diede annunzio ai giovani di questo. Il giovane morì santamente il giorno 16 marzo. (M. B. VIII, 52-53). 

 

e) Considerazione del Giudizio. 

 

508. - L'onestà del fabbro. 

 

Evasio Savio era un vero galantuomo cristiano. Nel 1862 parlando con Don Bosco, il discorso passò sul far buon uso della ricchezza e fra l'altro Savio disse: — Il mio maggior fastidio è questo: marcare sul libro il prezzo del lavoro da fabbro ferraio compiuto. E penso: chissà se la cifra che io noto qui sarà anche notata allo stesso modo dal Signore? Se noto in più, questa cifra non sarà per la mia condanna? Per questo dò la mia roba sempre il 20 per cento meno degli altri. (M. B. I, 306). 

 

f) Considerazione dell'inferno e del Paradiso. 

 

509. - Un eletto e un reprobo. 

 

Il 23 ottobre 1885 Don Bosco raccontò: «Andai a riposo con la mente stanca: essendomi pienamente addormentato sognai: mi pareva di camminare, e al mio fianco stava O' Donnelland (chierico irlandese, morto alcuni giorni prima), così bello che sembrava un angelo, con un sorriso di Paradiso, e tutto risplendente di luce. Io non poteva saziarmi di guardarlo. Alla mia sinistra camminava un giovane il quale teneva la testa bassa, sicché non poteva distinguerne la fisionomia. Gli rivolsi la parola : — Tu chi sei ? — Non rispose : insistetti, ma egli non parlava. Dopo un lungo viaggio arrivai innanzi ad uno stupendo palazzo le cui porte erano spalancate, e al di là delle soglie si scorgeva come un immenso portico sormontato da un'eccelsa cupola dalla quale scendevano torrenti di luce di tal vivezza, da non potersi paragonare a qualsiasi luce mortale. Una gran moltitudine di persone tutte splendenti stava radunata là entro, e in mezzo a queste una Signora vestita con molta semplicità; ma ogni punto del suo vestito risplendeva per tanti raggi che spiccavano vivissimi in mezzo a tutti gli altri splendori. Tutta quell'assemblea pareva che fosse in attesa di qualcheduno. Intanto notai che quel giovane cercava sempre di nascondersi dietro di me. Io allora gli rinnovai le mie interrogazioni: — Ma, dimmi, chi sei? quale è il tuo nome? . E il giovane rispose: — Tra poco lo saprà. La sua voce suonava rabbiosa. In quel mentre avvicinandosi O' Donnelland alla porta di quel gran palazzo, quella bella Signora gli mosse incontro... O' Donnelland entrò. Allora da un fosso di quella pianura uscirono due mostri spaventosi. Erano grossi, erano lunghi e si avviarono verso quel giovane che stava dietro di me. Tutta la luce era scomparsa. — Che cosa è questo? — dissi io. — Chi sono questi mostri? E dietro di me quella voce cupa e rabbiosa : — Tra poco lo saprà, tra poco lo saprà... Tosto quei due mostri si slanciarono su quel giovane, uno lo addentò sopra una spalla e l'altro tra la nuca e il collo. Le ossa scricchiolarono come se fossero pestate in un mortaio. Io mi guardavo attorno, cercavo gente che mi dessero aiuto, e non vedendo nessuno mi slanciai contro quei mostri dicendo: — Giacché non c'è nessuno, bisogna che vada io in soccorso. — Ma i due mostri si rivolsero verso di me e spalancarono le loro fauci. Ancor vedo il biancheggiare dei loro denti, il rosso delle loro gengive. Il mio spavento fu tale che mi svegliai ». (M. B. XVII, 505-507). 

 

510. - Paradiso! Paradiso! 

 

Fin da giovanetto Don Bosco fu sempre sobrio nel mangiare e nel bere, sicché dopo il cibo egli era in grado di intraprendere qualsiasi occupazione scientifica o letteraria. Qualche volta gli fu detto di avere un po' di riguardo alla sua sanità: ma egli rispondeva: — Il nostro riposo sarà in Paradiso! Oh, Paradiso! Oh, Paradiso! Chi pensa a te in questo mondo non patisce più stanchezza. Altre volte diceva: — L'uomo è veramente infelice in questo mondo! l'unica cosa che lo potrebbe consolare, sarebbe il poter vivere senza mangiare, senza dormire per occuparsi unicamente a lavorare per il Paradiso! (M. B. IV, 525). 

 

511. - Una grande chiave! 

 

Il 16 maggio 1857 un giovane domandò a Don Bosco in pubblico qual fu la regola o la chiave che Domenico Savio usava per divenire così buono e santo da essere veramente un figlio della Madonna. Don Bosco gli rispose : — La chiave e la serratura che usava Domenico Savio per entrare nella via del Paradiso e chiudere il passaggio al demonio, era l'obbedienza e la gran confidenza nel Direttore spirituale. (M. B. V, 649). 

 

512. - C'è la Provvidenza. 

 

Mentre Don Bosco era angustiato per un debito di 300 lire che bisognava pagare senza dilazione, ecco entrare in cortile un uomo di età matura, il quale avvicinatosi a lui, gli disse: — Io sono un impiegato governativo in ritiro. Ho qualche risparmio sulla mia pensione ed ho pensato di fare un po' di bene per l'anima mia. Così dicendo porgeva a Don Bosco una borsa. — Ma poi lei si è serbato qualche cosa in caso di malattia? — chiese Don Bosco. — C'è la Provvidenza — concluse il brav'uomo, — e poi prima di morire, voglio mandarmi innanzi all'eternità qualche merito. Se verrò ammalato, ci sono gli Ospedali. E senza dire altro se ne andò. In quella borsa vi erano precisamente 300 lire. (M. B. VI, 182). 

 

FRASE BIBLICA. - Ad acque tranquille mi conduci. 

 

UNA MASSIMA DI DON BOSCO. - Procurate da una confessione all’altra di non far peccati e sarà questo il più bel frutto della confessione.

 

PREGHIERA DEL MESE. - Venite, o Spirito di fortezza, e date forza al mio cuore, mantenetelo costante nelle tentazioni e traversie, datemi vigore e fortezza a respingere gli assalti dei miei nemici, affinchè non mi lasci mai indurre ad abbandonare Voi, mio unico bene. Così sia. Pater noster... (Da il Cattolico provveduto, 1868, don Bosco)

 

FIORETTO: - Ama Maria e confida in Lei come nella più tenera delle mamme.

 

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CAPPELLINA

 

 

 

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