UN ANNO CON DON BOSCO

 

3° Luglio

 

continuo 5/5

 

202) Cosa ci ordina il sesto comandamento? 

 

Il sesto comandamento ci ordina di essere « santi nel corpo », portando il massimo rispetto alla propria e all'altrui persona, come opere di Dio e templi dove Egli abita con la presenza e con la grazia. 

 

228 - Mortificazioni di Domenico Savio. 

 

Chi mirava il Savio nella sua compostezza esteriore ci trovava tanta naturalezza che avrebbe facilmente detto essere stato così creato dal Signore. Ma quelli che lo conobbero da vicino, od ebbero cura della sua educazione possono assicurare che vi era grande sforzo umano coadiuvato dalla grazia di Dio. 

 

a) degli occhi. 

 

I suoi occhi erano vivacissimi, ed egli doveva farsi non piccola violenza per tenerli raccolti. « Da prima, egli ripetè più volte con un amico, quando mi son fatta una legge di voler assolutamente dominare gli occhi miei, incontrai non poca fatica: e talvolta ebbi a patire grave mal di capo ». La riservatezza dei suoi sguardi fu tale che di tutti quelli che lo conobbero, nessuno si ricorda di averlo veduto a dare una sola occhiata, la quale eccedesse i limiti della più rigorosa modestia. Gli occhi, egli soleva dire, sono due finestre. Per le finestre passa ciò che si fa passare. E noi per queste finestre possiamo far passare un angelo, oppure il demonio con le sue corna e condurre l'uno e l'altro ad essere padroni del nostro cuore. Un giorno avvenne che un giovinetto estraneo inconsideratamente portò con sè un giornale sopra cui erano figure sconce ed irreligiose. Una turba di ragazzi lo circonda per vedere le meraviglie di quelle figure che avrebbero fatto ribrezzo ai turchi e ai pagani medesimi. Corre pure il Savio, pensandosi di lontano che colà si facesse vedere qualche immagine devota. Ma quando ne fu vicino fece atto di sorpresa, poi quasi ridendo prese il foglio, e lo fece a minuti pezzi. Rimasero i suoi compagni pieni di stupore, sicché l'uno guardava l'altro senza parlare. Egli allora parlò così: — Poveri noi! il Signore ci ha dato gli occhi per contemplare la bellezza delle cose da lui create, e voi ve ne servite per mirare tali sconcezze inventate dalla malizia degli uomini a danno dell'anima nostra? Avete forse dimenticato quello che tante volte fu predicato? Il Salvatore ci dice che dando un solo sguardo cattivo macchiamo di colpa l'anima nostra; e voi pascete i vostri occhi sopra oggetti di questa fatta? — Noi, rispose uno, andavamo osservando quelle figure per ridere. — Sì, sì, per ridere; intanto vi preparate per andare all'inferno ridendo... ma riderete ancora se aveste la sventura di cadervi? — Ma noi, ripigliò un altro, non ci vediamo tanto male in quelle figure. — Peggio ancora; il non vedere tanto male in guardar simili sconcezze è segno che i vostri occhi sono già abituati a rimirarle; e queste abitudini non vi scusano del male, ma vi rendono più colpevoli. O Giobbe, o Giobbe! tu eri vecchio, tu eri un santo, tu eri oppresso da una malattia per cui giacevi sdraiato sopra un letamaio; nulladimeno facesti un patto coi tuoi occhi di non dar loro la minima libertà intorno alle cose invereconde! A quelle parole tutti si tacquero e nessuno più osò di fargli alcun rimprovero, neppure altra osservazione. 

 

b) del parlare. 

 

Alla modestia degli occhi era congiunta una gran riservatezza nel parlare. O per torto o per ragione quando qualcuno parlava, egli taceva e più volte troncava la propria parola per dar campo ad altri di parlare. I suoi maestri e gli altri suoi superiori vanno tutti d'accordo nell'asserire, che non ebbero mai alcun motivo di soltanto avvisarlo d'aver detto anche una sola parola fuori di proposito nello studio, nella scuola, nella chiesa o mentre aveva luogo l'adempimento di qualche dovere di studio o di pietà. Anzi in quelle stesse occasioni che riceveva qualche oltraggio, sapeva moderare la lingua e la bile. Un giorno aveva avvisato un compagno di una cattiva abitudine. Costui invece di accogliere con gratitudine la fatta ammonizione si lasciò trasportare da brutali eccessi. Lo coprì di villanie, di poi lo percosse con pugni e calci. Il Savio avrebbe potuto far valere la sua ragione coi fatti, poiché era maggiore di età e di forza. Egli per altro non fece altra vendetta se non quella dei cristiani. Divenne bensì tutto rosso nella faccia, ma frenando l'impeto della collera si limitò a queste parole: « Io ti perdono; hai fatto male; non trattar con altri in simile modo ». 

 

 

c) degli altri sensi. 

 

Che diremo poi della mortificazione degli altri sensi del corpo? Mi restringo ad accennare soltanto alcuni fatti. In tempo d'inverno egli pativa i geloni alle mani. Ma comunque ne sentisse dolore, non fu mai udito a fare parola o dar segno di lamento. Piuttosto pareva che ne avesse piacere. Più sono grossi i geloni, egli diceva, e più faranno bene alla sanità, volendo indicare la sanità dell'anima. Molti suoi compagni asseriscono, che nei crudi freddi invernali egli soleva andare a scuola a passo lento, e ciò per il desiderio di patire e fare penitenza in ogni cosa che gliene porgesse occasione. Più volte lo vidi, depone un suo compagno, nel più rigido inverno squarciarsi la pelle ed anche la carne con aghi e punte di penna affinchè tali lacerazioni convertendosi in piaghe lo rendessero più simile al suo divin maestro. Nelle comunità di giovani se ne incontrano di quelli che non sono mai contenti di nulla. Ora si lamentano delle funzioni religiose, ora della disciplina, ora del riposo o degli apprestamenti di tavola; in tutto trovano di che disapprovare. Costoro sono una vera croce per i superiori; perchè il malcontento di uno solo si comunica agli altri compagni, talvolta con non piccolo danno della comunità. La condotta del Savio era totalmente opposta a costoro. Non mai il suo labbro proferiva voce di lamento nè per il caldo dell'estate, nè per il freddo dell'inverno. Facesse bello o cattivo tempo egli sempre era ugualmente allegro. Checché gli si fosse apprestato a mensa si mostrava in tutto soddisfatto. Anzi con un'arte ammirevole trovava ivi un mezzo onde mortificarsi. Quando una cosa era censurata da altri, perchè troppo cotta o troppo cruda, meno o molto salata, egli all'opposto si mostrava contento, dicendo essere quello appunto il suo gusto. Era sua pratica ordinaria trattenersi in refettorio dopo i suoi compagni, raccogliere i minuzzoli di pane lasciati sopra la tavola o dispersi sul pavimento, e quelli mangiarseli come cosa saporita. Ad alcuni che ne facevano le meraviglie egli copriva il suo spirito di penitenza dicendo: le pagnotte non si mangiano intere, e se sono ridotte in briciole è già un lavoro fatto per i denti. Ogni rimasuglio di minestra, di pietanza di altra qualità di cibo era da lui colto e mangiato. Nè ciò faceva per ghiottoneria, perché spesso egli donava la medesima porzione agli altri compagni. Interrogato perchè si desse tanta sollecitudine per raccogliere quegli avanzi che avrebbero mosso taluno a schifo, egli rispondeva: « Quanto abbiamo nel mondo, tutto è dono prezioso fattoci da Dio; ma di tutti i doni, dopo la sua santa grazia, il più grande è l'alimento con cui ci conserva la vita. Perciò la più piccola parte di questo dono merita la nostra gratitudine, ed è veramente degno di essere custodito con la più scrupolosa diligenza ». Il pulire le scarpe, spazzolare abiti ai compagni, prestare agli infermi i più bassi uffici, scopare e fare altri simili lavori era per lui un gradito passatempo. « Ciascuno faccia quel che può, soleva dire: io non sono capace di far cose grandi, ma quello che posso, voglio farlo a maggior gloria di Dio; spero che Iddio nella sua infinita bontà vorrà gradire queste miserabili mie offerte ». Mangiar cose contrarie al suo gusto, evitare quelle che gli sarebbero piaciute: domare gli sguardi anche nelle cose indifferenti; trattenersi ove sentisse ingrato odore; rinnegare la sua volontà; sopportare con perfetta rassegnazione ogni cosa che avesse prodotto afflizione al suo corpo od al suo spirito sono atti di virtù che da Domenico si esercitavano ogni giorno, e possiamo anche dire ogni momento della sua vita. Taccio pertanto moltissimi altri fatti di questo genere che tutti concorrono a dimostrare quanto in Domenico fosse grande lo spirito di penitenza, di carità e di mortificazione in tutti i sensi della persona, e nel tempo stesso quanta fosse industriosa la sua virtù nel saper approfittare delle grandi e piccole occasioni, anzi delle stesse cose indifferenti per santificarsi ed accrescersi il merito davanti al Signore. (Bosco, Vita di Domenico Savio). 

 

FRASE BIBLICA. - Mio Signore e mio Dio. 

 

UNA MASSIMA DI DON BOSCO. - Causa precipua di tante dannazioni: i compagni e i libri cattivi e le perverse abitudini.

 

PREGHIERA DEL MESE. - Venite, Spirito di pietà, infondete nel mio cuore la vera devozione e il santo amor di Dio, affinchè Lui solo io cerchi in tutte le mie pratiche di pietà, e amandoLo lo conservi. Così sia. Pater noster... 

 

FIORETTO. — Diciamo sette Gloria Patri in onore del Preziosissimo Sangue.

 

Oggi hai fatto il fioretto? scrivi il tuo nome e offri una rosa a Gesù e Maria CLICCA QUI

 

 

CAPPELLINA

 

 

 

 Sito versione Desktop