UN ANNO CON DON BOSCO

 

25° Agosto

 

continuo 4/4

 

249) Come si dà prova della carità? 

 

Si dà prova della carità osservando i comandamenti  ed esercitando le opere di misericordia, e se Dio chiama, seguendo i consigli evangelici.

 

c) Opere di misericordia spirituale. 

 

1) Insegnare agli ignoranti. 

 

454 - Effetto inatteso. 

 

Don Bosco, dopo aver scritto un libro sulla misericordia di Dio, lo  fece stampare sul finire del 1846 a sue spese. Nella tipografia dove  fu stampato il libro accadde un fatto degno di memoria. Alcune  persone ebbero a caso tra le mani il manoscritto di Don Bosco,  ed una di esse prese a leggerlo ad alta voce con animo di mettere in  burla l'autore. Ma Iddio, sempre buono, usò un tratto di sua paterna  bontà. Dopo la lettura delle prime pagine, si fece da quei beffardi un  profondo silenzio; al riso sottentrò viva compunzione e finirono con l'andare a dichiarare le loro colpe ai piedi di un confessore, abbandonando così la loro vita disordinata. (M. B., II, 552). 

 

455 - Prete a quell'età? 

 

Giovanni Bosco, studiando a Chieri, nonostante i suoi molti lavori, si prese l'incarico di insegnare il latino al sacrestano del Duomo  di Chieri, Carlo Palazzolo, che, nonostante i suoi 35 anni voleva cominciare a studiare per farsi prete. Così per due anni, senza mai accettare un compenso, ogni giorno dava lezione a quest'uomo che potè  iniziare gli studi ecclesiastici e diventare poi sacerdote.  (M. B., I, 293). 

 

2) Ammonire i peccatori. 

 

456 - Don Bosco e un ufficiale. 

 

Una domenica sera un ufficiale con una sgualdrina entrò nella  Cappella, sedette e quasi si tolse sulle ginocchia quella sfacciata. Era  tempo di funzione e la Cappella stipata di giovanetti, i quali restarono storditi dalla impudenza di quel militare. Don Bosco gli si avvicinò con volto infuocato, e presa quella briffalda per un braccio, la respinse tre o quattro passi lontano, fuori della soglia. L'ufficiale furente mise la destra sull'elsa della spada per sguainarla, ma la mano di  Don Bosco si portò sulla sua, stringendola come fra le morse di una  tenaglia, sicché non poteva divincolarsi. L'ufficiale teneva gli occhi  scintillanti di rabbia in volto a Don Bosco, che lo fissava con uno sguardo calmo, ma imperterrito. Tacevano ambedue. L'ufficiale stringeva  le labbra per il vivo dolore cagionato da quella stretta, e, vedendo che  Don Bosco non lo lasciava:  — Ma dunque? gridò.  — Ma dunque, gli rispose Don Bosco, se io volessi le faccio togliere queste spadine che lei disonora con la sua condotta.  Alla minaccia inaspettata, l'ufficiale abbassò le arie, pensò ai casi  suoi e disse umilmente:  — Mi perdoni!  Don Bosco lo lasciò e senza nuda aggiungere gli additò la porta,  dicendogli:  — Allora vada! (M. B., II, 542). 

 

457 - Tre parole. 

 

Raccontò Don Bosco: « Il giovane Delma venuto da poco tempo  all' Oratorio, si aggirava di qua e di là, stava all'erta guardando se  era spiato, da per tutto trovava aria e terreno a lui non confacente.  Da ogni parte si vedeva osservato. Finalmente venne una sera a visitarmi. Io gli domandai:  — Come ti chiami?  — Delma...  — Come ti chiami?  — Delma...  — Come ti chiami?  — Delma..  — Io chi sono?  — Don Bosco!  — Io chi sono?  — Don Bosco!  — Ripeti ancora una volta: Io chi sono?  — Lei non è Don Bosco?  — Sai perchè ti faccio ripetere tre volte queste parole? Perchè  tre sono le parole che ti dice il Signore. Cioè: lascia il peccato; aggiusta  gl'imbrogli di tua coscienza; datti a Dio che è tempo. Arrivederci.  Il giovane se ne partì tutto turbato, andò a dormire e passò tutto  l'indomani sopra questi pensieri, che io gli avevo espressi. Alla sera  me lo vedo giungere in mia camera tutto fuori di sè. Io credevo, al  primo vederlo, che avesse altercato con qualcuno, ma egli piangendo  mi disse: — Don Bosco, io sono nelle sue mani; mi aiuti a salvarmi  l'anima». {M. B., VII, 184-185). 

 

458 - Capelli e corde. 

 

Don Bosco disse ai suoi giovani: « Vi ricordate che si legge nella  storia, come avendo i Romani tolte le armi ai Cartaginesi, costoro  non avendo corde da mettere agli archi, tagliarono i capelli alle loro  donne, e intrecciatili ne fecero delle corde? Bene, io voglio essere il vostro parrucchiere e voglio tagliare i capelli a tutti. Santa Teresa  dice che anche l'anima ha i suoi capelli, i quali, se si lasciano crescere, diventano corde. Questi capelli dell'anima sono i difetti che ciascuno ha. Son piccoli da principio, sottili come un capello, ma se non si  tagliano quando incominciano a manifestarsi, diverranno in breve così  grossi, così lunghi, che il demonio ne farà delle corde per tirarvi alla  rovina. Ad uno salta la voglia di fumare e fuma nascostamente: ecco  un piccolo capello che cresce... Un altro ama i liquori, cerca di averne  provvista nel baule, di quando in quando ne beve un bicchierino:  ecco il capello... E così andate avanti discorrendo. Si comincia dal  poco e si va al molto. Insomma aiutatemi a correggervi dalle mancanze leggere con la vostra buona volontà. Lasciatemi tagliare questi  piccoli capelli e il demonio non riuscirà ad afferrarvi e a trascinarvi  al male ».  (M. B., VII, 600-601). 

 

(...) 

 

3) Consolare gli afflitti. 

 

(...)

 

463 - Per una zufolata. 

 

Nel 1858, mentre Don Bosco visitava l'ospizio di San Michele in  Roma, accompagnato da un Cardinale e da qualche superiore, si udì  zufolare e poi cantare. Ed ecco un giovanetto che discendeva lo scalone, e che ad uno svolto si trovò all'improvviso alla presenza del Cardinale, del suo direttore e di Don Bosco. Il canto gli morì subito in  bocca e stette con il berretto in mano e con la testa bassa. Il direttore gli fece una romanzina e poi soggiunse:  — E lei, signor Don Bosco, scusi...  — Che cosa?, replicò Don Bosco, mentre quel giovane si era allontanato. Io non ho nulla da scusare, e non saprei in che abbia mancato  quel poveretto.  — E quello zufolare villano non le sembra un'irriverenza?  — Involontaria però; e lei, mio buon signore, sa meglio di me che  San Filippo Neri era solito a dire ai giovani che frequentavano i suoi  Oratori: « State fermi se potete! e se non potete, gridate, saltate, purché non facciate peccati ». Io non bado a certe piccole trasgressioni  cagionate dalla irriflessione. Meglio un po' di rumore che un silenzio  rabbioso, sospetto... Ma ciò che ora mi fa pena è che quel povero  figliuolo sarà in fastidio per la sua sgridata... nutrirà qualche risentimento... Non le sembra che sia meglio che lo andiamo a consolare nel suo laboratorio?  Quel Direttore fu tanto cortese da aderire al suo desiderio, e come  furono nel laboratorio, Don Bosco chiamò a sé quel giovane, che,  dispettoso e avvilito, cercava di nascondersi e:  — Amico, gli disse, ho una cosa da dirti. Vieni qui che il tuo buon  superiore te lo permette. Il giovane si avvicinò e Don Bosco proseguì:  — Ho accomodato tutto, sai? Ma con un patto che d'ora innanzi  sii sempre buono e che siamo amici. Prendi questa medaglia, e, per  compenso, dirai un'Ave Maria alla Madonna per me.  Il giovane, vivamente commosso, baciò la mano che gli presentava la medaglia e disse:  — Me la metterò al collo, e la terrò sempre per sua memoria.  I suoi compagni, che già sapevano il caso succeduto, sorridevano,  e salutavano Don Bosco che attraversava quella vasta sala, mentre  il Direttore faceva il proponimento di non più rimproverare alcuno  tanto forte per un nonnulla e ammirava l'arte di Don Bosco per guadagnarsi i cuori. (M. B., V, 844-846). 

 

464 - Carità squisita. 

 

II giorno di Maria Ausiliatrice l'Oratorio era tutto in festa e in  santa letizia, e suoni e canti accrescevano la gioia di quel giorno, in  cui gli alunni solevano spendere, in trastulli e nell'acquisto di buoni  libretti, i pochi soldi guadagnati con le mancie e con la buona condotta,  o avuti in dono dai parenti. Tutti avevano il loro peculio da godere,  perchè alcuni di quelli che n'erano ben forniti con piccole offerte avevano pensato a farne parte a chi non ne aveva. Tra questi caritatevoli  vi fu uno di quinta ginnasiale, Secondo Amerio, il quale, dopo aver  fatta la sua offerta s'incamminava allegro e contento a spendere, forse  in qualche ricordo per la mamma, ciò che gli restava. Ma ecco che,  accostandosi al banchetto dei libri, vede là accanto, come nascosto per  vergogna, un compagno di classe, tutto melanconico, che pareva volesse piangere.  — Che hai, che sei così triste, caro Domenico?..., gli chiese Amerio.  — Non ho nemmeno un soldo da godere cogli amici; mia madre  è povera; mio padre è morto; come posso star allegro?...  A queste parole Amerio dimenticò il dono e i libri che voleva comperare; tirò fuori le sei lire che ancora aveva, e mettendone tre in mano  al povero Domenico:  — Prendi, gli disse; queste tre le manderai a tua madre; il resto  lo godremo noi due.  E per tutto d giorno furono sempre insieme! Il buon Amerio, che  aveva sedici anni, benché studente di ginnasio, era già ascritto alla  Pia Società, e nel 1878 saliva al sacerdozio e quattr'anni dopo volava  al cielo! (M. B., X, 328-329). 

 

465 - La prima buona notte. 

 

In una tarda serata piovosa del maggio 1847, un giovane quindicenne, madido di pioggia, si presentò a Don Bosco e alla sua madre,  chiedendo pane e ricovero. Accolto amorevolmente, riscaldato e asciugato, consumò una fumante minestra e pane. Così ristorato potè declinare le sue generalità: Orfano della Valsesia, muratore in cerca di  lavoro. Non aveva ancora fatto la Comunione nè ricevuta la Cresima, si era confessato qualche volta quando viveva la madre. Ora  domandava per carità di passare ivi la notte. Ciò detto, scoppiò in  pianto. Pianse pure la pia Margherita e si commosse assai Don Bosco,  il quale gli assicurò che lo terrebbe in casa se non fosse un ladruncolo. Alla decisa affermazione: « Sono povero, ma non ho mai rubato  nulla » madre e figlio decisero di trattenere in cucina l'orfanello. Con  pochi mattoni e due assi passò la prima notte sul materasso di Don  Bosco. Prima di coricarsi, la buona donna gli fece un sermoncino suda  necessità del lavoro, della fedeltà e della religione, dando così origine  alla tradizionale buona notte salesiana. Con lui recitò le preghiere che  egli aveva dimenticate e poi i buoni ospiti andarono a riposo, avendo  avuto la cura di chiudere a chiave la cucina. L'onesto giovane potè  trovare lavoro in città. Pino al sopraggiungere dell'inverno continuò  a portarsi all'Oratorio per mangiare e dormire e poi ritornò in patria,  nè più si ebbero sue notizie. Si crede che egli sia morto poco dopo,  perchè a nulla approdarono le molte indagini. Era la Provvidenza che  voleva umile ed oscuro l'inizio di una grandiosa opera.  (M. B.,III, 207-209). 

 

(...) 

 

4) Perdonare le offese. 

 

468 - Responsio mollis frangit iram. 

 

Don Bosco per i suoi giovani non risparmiava né fatiche né umiliazioni. Talora non trovava che buone parole; sovente incontrava  mortificazioni, insulti e amare ripulse, ma tutto soffriva con gaudio, senza offendersi, né mai diminuire l'ardore della sua carità. Moltiplicava le sue lettere alle persone facoltose, supplicandole per aver soccorsi, e un giorno a chi gli aveva mandato un biglietto insultante, rispondeva incaricando uno dei suoi a scrivergli, e indicandogli le parole che doveva usare: « Scrivigli, disse che se egli non vuole o non può  aiutare i miei orfanelli è padrone di farlo; ma che però l'ingiuriarmi  perchè mi occupo di loro, non è cosa gradita al Signore; tuttavia presentagli i miei rispetti, assicuralo che non conservo per ciò nessun risentimento ». E quel Signore nel ricevere tal lettera si rimise a più  miti consigli e da quel punto divenne amico e ammiratore di Don Bosco.  (M. B., IV, 9). 

 

469 - Amare anche i nemici. 

 

Diceva uno dei primi salesiani: « Una cosa che spesso mi sorprese fu il vedere come Don Bosco trattasse dolcemente e con la più  grande carità persone notoriamente a lui avverse, che si sapeva come  screditassero il suo Istituto e parlassero e scrivessero male di lui, narrando cose non vere. Interrogato una volta perchè si mostrasse così  benigno verso persone così nemiche, rispondeva: Perchè è nostro dovere di amare tutti ed anche i nemici». (M. B., VI, 692-693). 

 

470 - Torna il sereno. 

 

A Pino Torinese abitava la famiglia Ghivarello della quale il  figlio Carlo da più anni era alunno dell'Oratorio. Fra i vari amici che  Don Bosco contava in questo paese v'era un vecchio contadino, ricco  proprietario. Questi per certo equivoco di parole conservava amarezza col parroco e schivava ogni occasione d'incontrarlo e di parlargli.  Don Bosco da molto tempo meditava il modo per riuscire ad una conciliazione. Ora quell'uomo cocciuto, ma non cattivo, lo aveva invitato  un anno a passare a Pino con i suoi giovani e ad intrattenersi un giorno intero in casa sua. Don Bosco aveva accettato, e andava volentieri per i santi suoi fini. Il vecchio fuor di sè per la gioia, apparecchiò  una buona cena; i giovani suonarono le loro musiche e alla sera fecero  il teatro. Ivi passarono la notte. Don Bosco aveva fatto il possibile per  accaparrarsi l'animo di quell'uomo. Quindi cercò l'occasione per entrare in argomento e qualche volta riuscì a far cadere il discorso sulla  necessità della pace. Ma tutto era inutile. Il vecchio non capiva ragione.  Il domani Don Bosco nel partirsi da quella casa, fece avviare la  sua brigata verso la casa parrocchiale col pretesto di fare una breve  suonatina, come era conveniente, sotto le finestre della canonica. Giunti  là, il parroco avvisato gli esce incontro ed invita tutti ad entrare in  canonica. Il vecchio ne provò ripugnanza grande, pure non potò sottrarsi all'invito fatto a lui con modi festevoli e cordiali; e, introdotto  in casa, fu accolto con mille riguardi. Il parroco aveva preparato del  buon vino e pregò il vecchio a ridonargli la sua amicizia. Quegli, a  tali preghiere e alle nuove e replicate istanze di Don Bosco, non seppe  resistere, fece la pace e così fu compensato largamente dell'ospitalità  data a Don Bosco. (M. B., VI, 757-758). 

 

471 - Il perdono più bello. 

 

Nel 1851, una domenica Don Bosco non si vede in cortile. Il giovane Brosio lo trova triste, quasi piangente, in una stanzetta della  casa. Don Bosco, gli dice che la sua tristezza è causata da un giovane che l'ha oltraggiato villanamente. «Ma riguardo a me, soggiunse,  non me ne importa; ciò che mi duole è che quel malcauto si trova sulla  via della perdizione ». Brosio vorrebbe dare una lezione all'oltraggiatore. E Don Bosco: « Tu vuoi punire l'offensore di Don Bosco e ne hai  ragione; ma la vendetta la faremo insieme: sei contento? ». Lo conduce in chiesa e pregano a lungo. Brosio si calma, si sente un altro.  Lo dice a Don Bosco, e il buon Padre a lui: « Essendo la vendetta del  vero cattolico il perdono e la preghiera per la persona che ci offende,  avendo tu pregato per questo compagno, hai fatto ciò che piace al Signore e perciò ora ti trovi contento. Se tu farai sempre così, passerai  una vita felice». (M. B., IV, 311-312). 

 

5) Sopportare pazientemente le persone moleste. 

 

472 - Accontentar tutti. 

 

Il segretario di Don Bosco un giorno gli chiese che gli suggerisse  il modo di accontentare tutti i visitatori, ed il Santo: « Tutti?... Impossibile! Senti: stamane venne da me una signora per esporre i suoi  affari, ma pretendeva, con vive insistenze, che scendessi in chiesa per trattarli in confessionale.  — Ma veda, le risposi io, non ho tempo; e poi queste cose non appartengono al confessionale.  La signora scattava, dicendo:  — San Francesco di Sales non faceva così coi suoi penitenti.  Ed io:  — Se San Francesco di Sales si fosse incontrato con lei in questa circostanza, le avrebbe dato la mia stessa risposta.  E quella buona signora non volle persuadersi e partì rannuvolata.  Tuttavia, in queste occasioni la calma, senza alcuna acrimonia, toglie  o diminuisce di molto una impressione disgustosa. Ma per ottenere  quest'effetto è necessaria un'abitudine di preparazione: cioè preghiera,  matura riflessione, amabilità di modi, congiunta ad una grande pazienza ed amore della verità ». (M. B., VII, 31-32). 

 

473 - Zanzare affezionate. 

 

Negli anni 1851 e 1853, quando Don Bosco andava in riviera, in  confessionale veniva punzecchiato nella faccia e nelle mani dalle zanzare, e mentre i penitenti se ne liberavano col fazzoletto, Don Bosco  lasciava che mordessero a loro piacimento; e poi scendendo a cena e  scorgendo le sue mani coperte di punture, diceva scherzando al superiore della casa: « Vedete come le zanzare vogliono bene a Don Bosco!? ». Per questa causa un mattino uscì di camera col volto tutto  gonfio e sanguinante. Quanti lo incontravano lo compativano; ma  quella faccia era sempre ilare. (M. B., IV, 206). 

 

474 - Don Bosco flagellato! 

 

Nel suo viaggio in Francia nel 1886 a Grenoble Don Bosco è ricevuto dal popolo e dal clero con grande entusiasmo. Il parroco della  chiesa di San Luigi lo invitò a benedire tutti: Don Bosco fu preso d'assalto: quelli che non arrivavano a toccarlo, brandivano le corone del  rosario, battendoglielo sulle spalle, sul collo, sulla testa: Don Rua chiamò  tale scena: « Pia flagellazione ». Al Seminario il superiore, vedendolo, gli disse:  — Padre, lei sembra molto sofferente... ma nessuno sa meglio di lei quanto la sofferenza santifichi.  — No, no, disse Don Bosco, quello che santifica è la pazienza.  (M. B., XVIII, 128-129). 

 

6) Pregare Dio per i vivi e per i morti. 

 

475 - Figliuol prodigo. 

 

La signora Maria Bruzzone nativa di Rossiglione e dimorante a  Varazze aveva un figlio di nome Giuseppe che frequentava compagnie sospette per moralità. La madre angosciata piangeva. La venuta  di Don Bosco le allargò il cuore. Si porta al collegio... impossibile avvicinarlo. Si porta alla stazione per aspettarlo alla partenza. La gente  formicolava. La speranza di parlare a Don Bosco vien meno. Con sua  meraviglia viene avvicinata da un prete di Don Bosco che la invita a  seguirlo, e la conduce da Don Bosco. La poveretta cade ai suoi piedi e  scoppia in pianto. Espone al Santo il suo dolore. Don Bosco le raccomanda tranquillità, le infonde coraggio e assicura di pregare per la  sua intenzione nella Santa Messa. Alla sera il figlio, invece di andare  come al solito con le cattive compagnie, andò a dormire. Mutò vita,  andò in America e ritornò e non commise leggerezza di sorta.  (M. B., XVIII, 48-49). 

 

476 - Tuono a ciel sereno. 

 

Don Bosco pregava, benediceva, e pareva che col suo sguardo seguisse anche da lontano i suoi figliuoli. Uno di questi, avuta la licenza,  andò per qualche giorno presso alcuni parenti in vacanza. Ma là gli  era teso un laccio, del quale il poverino in sul principio non si era accorto. Un giorno, di gran calore, mentre ai piedi di un albero sonnecchiava, lo svegliò un rumore forte e rimbombante a guisa di tuono.  S'avvide in quel momento che si tendevano insidie alla sua virtù e  senz'altro tornò all'Oratorio. Intanto, rientrato Don Bosco in casa,  aveva subito chiesto ove fosse quel giovane e si vedeva preso da tale  agitazione ed impazienza da far meravigliare. Il giovanetto, tosto che  fu giunto, si presentò a Don Bosco, il quale rasserenatosi, lo fissò con  quel suo sguardo singolare e penetrante ed esclamò un eloquentissimo:  — Ah! va bene!  — Oh Don Bosco! se sapesse...  — So tutto, gli rispose Don Bosco, ed ho pregato per te.  (M. B., VII, 719-720). 

 

FRASE BIBLICA. - Vieni, Signore, a giudicare la terra. 

 

UNA MASSIMA DI DON BOSCO: - Fondamento della carità è la correzione fraterna. 

 

PREGHIERA DEL MESE. — Venite, Spirito del timor di Dio, e penetrate il mio cuore di un timore salutare affinchè io abbia sempre Voi, mio Dio, innanzi agli occhi e attentamente mi guardi da ogni cosa, che in qualsiasi modo possa offendere la divina Maestà vostra. Così sia. Pater noster... 

 

FIORETTO. — Paradiso, paradiso, esclamava S. Filippo Neri. Sii sempre modesto negli occhi.

 

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CAPPELLINA

 

 

 

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