UN ANNO CON SAN GIUSEPPE

 

27° Marzo

 

Giuseppe morente 

 

I. — Preziosa fine. Se è preziosa al cospetto di Dio la morte del giusto, quella di Giuseppe, che fu definito dallo Spirito Santo il giusto per eccellenza, dovette esser sopra ogni altra, preziosissima. In qual epoca sia avvenuta, il vangelo non ce lo dice, ma dottori, come s. Girolamo, s. Bonaventura, ed altri, affermano che divenne all'inizio della vita pubblica di Gesù, prima delle Nozze di Cana di Galilea. Ed è naturale che, se fosse vissuto ancora, l'avremmo incontrato certamente nella passione, a piè della croce, per assistere Gesù e confortare Maria con la sua dolce presenza. Col termine della vita nascosta di Gesù, la sua missione era compiuta. Una pia tradizione, che mette capo a un'autorevole storia orientale, narra che fu preavvisato da un angelo del tempo della sua morte, e che egli abbia implorato e ottenuto l'assistenza dell'Arcangelo s. Michele e la presenza del suo angelo custode. Ma ciò che rende singolare la morte di Giuseppe, esempio unico nella storia dei santi, è la presenza sensibile di Gesù e di Maria al suo capezzale. Quale morte invidiabile: L'innocenza inalterata, una purezza verginale angelica, un serto di virtù eroiche a un grado ineguagliabile, una pienezza di grazia, coronata da un cumulo di meriti ne arricchivano l'anima, riposante in una celestiale serenità! Gesù e Maria lo avevano assistito affettuosamente, prestandogli i più accurati servizi, ma nell'ora estrema gli stettero immobili accanto, e si prodigarono in tratti di affetto e di devozione delicatissimi. Espressioni di cielo, pensieri più che santi, parole divinamente sublimi, effusioni le più tenere sgorgavano dal Cuore di Cristo in quell'ora, in cui il dolce padre suo in terra varcava la soglia del tempo. Mentre Maria si struggeva in lacrime cocenti, Gesù ne sorreggeva il capo con la mano sua amorosa, e gli prospettava l'eterno premio. Questa commovente visione, degna di profondi riflessi, ci sia stimolo possente a ben prepararci alla morte. L'arte di ben morire formava l'occupazione dei santi. È vero che la morte è il triste tributo del peccato, ed è avvolta in una nube di spavento, ma è vero altresì che è dolce morire per le anime che vivono come già morte alle creature e a sé medesime. «Non avrei creduto che fosse così dolce morire», esclamava il venerabile Suarez in quell'ora estrema. Facciamo ogni cosa, come se fosse l'ultima della nostra vita. Potremo allora attendere con ferma speranza la preziosa morte dei giusti. 

 

II. — Felice transito. — Mentre Gesù gli pronunciava l'ultima e più rassicurante parola di affetto, e Giuseppe si abbandonava nelle sue braccia, tenendo stretta la sua mano divina, lo spirito suo eletto volava nel seno di Abramo, detto comunemente il limbo. Questo era il luogo riservato ai giusti, nell'attesa della venuta del Salvatore, e colà dovette fermarsi Giuseppe certamente, ma in una condizione distinta. Gersone e altri sacri scrittori affermano che tra i corpi risorti dei santi padri, alla risurrezione di Gesù, fu certamente il corpo di Giuseppe, che ricongiunto all'anima si recò presso la diletta sposa, e apparsole raggiante di gloria la colmò di consolazione. Il giorno poi dell'Ascensione gloriosa di Gesù, brillò di luce radiante in mezzo allo stuolo di angeli e di santi, che facevano corteggio al re immortale della gloria, e in anima e corpo fu introdotto con Lui nel cielo. È questa la conclusione di una sublime santità. Com'è bello contemplare la glorificazione del nostro caro santo! Tale visione, mentre ci sospinge in alto al desiderio sincero della perfezione, ci apre il cuore alla più consolante speranza di averlo nostro patrono e nostro conforto nell'ora estrema. Egli è deputato precisamente a questo compito dalla divina Provvidenza. S. Teresa di Gesù narra la morte edificante delle sue prime religiose tanto devote di s. Giuseppe: «Ho osservato in esse — così. scrive — nel momento di rendere l'ultimo respiro, una calma e una tranquillità indicibile: si sarebbe detto che esse cadessero in un'estasi, e nel soave riposo dell'orazione; nulla indicava esternamente che la minima tentazione turbasse l'intima pace che godevano». Facciamoci animo dunque. Adoperiamoci a battere con alacrità la via della virtù, e riponiamo in una fervida devozione a s. Giuseppe tutta la nostra fiducia per quell'ora estrema, decisiva, della nostra eternità. 

 

Fioretto: Proporre d'invocare ogni giorno l'aiuto e l'assistenza di s. Giuseppe alla propria morte e per i moribondi della giornata. 

 

Giaculatoria: O s. Giuseppe, patrono dei moribondi, prega per noi. 

 

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CAPPELLINA

 

 

 

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