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UN ANNO CON SAN GIUSEPPE

14° Marzo

Giuseppe animato da viva fede 

 

I. — Spirito di fede. — Giuseppe, che rifulse di una luce superiore nella schiera dei santi, fu per eccellenza l'uomo dello spirito di fede. "Quella fede che passa ogni velo" (Manzoni). Se giudichiamo la sua persona e la sua vita, di là da questa luce, ci appare un uomo comune, un povero fabbro, perseguitato dalla sorte e tenuto in nessun conto dai suoi contemporanei. Ma, se penetriamo nel suo interno, e lo consideriamo al cospetto di Dio, alla luce della rivelazione, ci apparirà la personificazione del tipo perfetto del giusto, che vive precisamente di fede. Che cosa mai gli fece abbracciare, in quei tempi nebulosi dell'ebraismo, la negletta vita della verginità? Qual motivo lo indusse a legarsi in connubio con una vergine, se non una fede viva? Quel silenzio rigorosamente serbato, quel desiderio incessante di occultarsi, di scomparire, nel passare inosservato nelle circostanze più solenni della vita di Gesù, erano l'espressione del senso profondo della sua missione alla luce radiante della sua fede viva. Se la fede fosse il faro della nostra vita! Se le verità rivelate fossero la norma dei nostri apprezzamenti, il principio movente di tutte le nostre azioni! Se scorgessimo Iddio padre in tutti i nostri superiori, l'immagine di Gesù in tutti i nostri prossimi, in noi stessi un cumulo di misericordie da parte di Dio, un niente assoluto e miserabile da parte nostra, come sarebbe ben dritto e regolato il cammino della nostra vita verso la mèta finale! 

 

II. — Le prove della fede. — Senza le prove non si ha la fede ferma. "Perché eri buono, fu necessario che la tentazione ti provasse". Sono le prove, a cui Dio suol sottoporre le anime più forti e più care al suo cuore. Così agì con i grandi patriarchi, come Abramo, Giuseppe, Giobbe; così fece con Maria, così pure con Giuseppe. Quel bambino povero ed esile, respinto d'ogni parte, riparato in una stalla, giacente sulla paglia, riscaldato dall'alito di due animali, poteva mai credersi il divin Salvatore del mondo? Eppure Giuseppe si prostrò dinanzi a quella culla, per adorarlo profondamente e abbracciarlo qual suo figliolo putativo. Come mai quel Dio, che nutre tutte le generazioni, che alimenta gli uccelli dell'aria e veste i gigli dei campi, ha bisogno di stentare, qual umile garzone, presso il banco del fabbro, per procurare il sostentamento giornaliero? Poteva Egli almeno scegliere un'occupazione più decorosa, e riscuotere con l'ammirazione della sua sapienza il prestigio conveniente alla sua divina missione. Ma Giuseppe s'inchina dinanzi ai disegni e alle vie imperscrutabili della divina Provvidenza, e in quel fanciullo suo collaboratore riconosce il Figlio del Dio vivente, da poter esclamare in cuor suo con una fede più illuminata del principe degli apostoli: Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente. La fede, di cui vive il giusto, va soggetta a prove di ombre e di tenebre, che riescono a dissipare soltanto quelli che resistono da forti, fortes in fide. Siamo spesso spettatori su questa terra di fatti inesplicabili all'umana prudenza; le penose traversie delle anime buone e la prosperità degli empi, l'arrogante fortuna del male, il governo ingiusto, animato da passioni, di superiori che abusano del potere, l'insuccesso di opere intraprese per la gloria di Dio, i flagelli comuni a colpevoli e innocenti, le incessanti preghiere non esaudite, le forti e interminabili tentazioni dei giusti, il potere arruffato da mani indegne, il numero sterminato dei non credenti e dei peccatori, e così via. Ma il cristiano, che ha lo spirito di fede, sa bene che questa è terra d'esilio, palestra di combattimento, luogo di purificazione e di merito per il cielo, in cui spesso domina la potestà delle tenebre. Nell'eternità poi ci saranno svelati, tra gli splendori della visione, i misteriosi e amorosi disegni del Padre comune. 

 

Fioretto: Fare una visita a Gesù Sacramentato, parlandogli, come se lo vedessimo, ed esponendogli tutte le nostre necessità. 

 

Giaculatoria: O Giuseppe, fedelissimo, prega per noi. 

 

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