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UN ANNO CON SAN GIUSEPPE

7° Settembre

LA VISITAZIONE.

 

Atto della presenza di Dio ecc. come il primo giorno.

 

Virtù: Umiltà esteriore.

 

Il sacro testo, dopo aver parlato dell'Annunciazione, ci dice: «E Maria in quegli stessi giorni andò frettolosamente nella montagna ad una città di Giuda». Questa fretta indica l'impulso divino che la spingeva a liberare dai lacci del peccato originale il precursore di Cristo. Secondo l'Agreda, i due Santi Sposi partirono da Nazaret quattro giorni dopo l'Incarnazione. La Chiesa però trasportò la festa della Visitazione al 2 di Luglio, cioè al giorno in cui Maria si congedò da Elisabetta, perchè rimanendo al 2 di Aprile sarebbe caduta spesso nella settimana santa. La descrizione, che fanno di questo viaggio tanto Maria di Agreda quanto la Emmerich, è bellissima, ma troppo estesa per queste piccole letture. Mi limiterò quindi a quel poco) solo che possa animarci all'imitazione di Giuseppe e Maria, soprattutto nella loro grande umiltà. Racconta la venerabile d’Agreda che, durante il viaggio, la Beata Vergine cantava alle volte le lodi dell’Altissimo, oppure parlava con il suo santo sposo di Dio e delle profezie del Messia, ma per lo più se ne stavano raccolti in orazione. Maria consultò il Signore se dovesse dire a Giuseppe il suo segreto, ma fu ispirata per maggiore umiltà ad abbandonarsi alla provvidenza. Il santo Patriarca le aveva procurato un asinello, ma essa ne scendeva sovente per offrirlo al suo sposo, che però mai non lo accettò. Giuseppe era tutto edificato della santa sua compagna, e sprofondandosi nel suo nulla, si stimava indegno di vivere con un simile Angelo. Giunti a Gerusalemme, andarono al tempio a far orazione, dopo di che, come dice il P. Cochem, Giuseppe cercò una buona donna, che accompagnasse Maria da Elisabetta, e restò per le feste Pasquali con gli altri uomini a Gerusalemme. Passata la settimana di Pasqua, si unì al sacerdote S. Zaccaria, e si misero in viaggio per raggiungere le loro spose nelle montagne. Santa Elisabetta accolse Giuseppe con rispettosa cordialità, ed avrebbe voluto trattenerlo in casa sua, perché si era formata un gran concetto della sua santità, tanto per l'eroica umiltà del santo, d’aver preferito un genere di vita infimo a quella agiata e rispettata della sua alta condizione, quanto per essere stato prescelto sposo della madre di Dio. Ma appunto questi onori erano a lui di tormento, e così pochi giorni dopo, data licenza a Maria di restar da sua cugina, per assisterla nel parto, pregò Zaccaria ed Elisabetta a permettergli di ritornare a Nazaret, allegando per motivo di non poter stare lungamente lontano dalle sue occupazioni. Secondo la venerabile Agreda, S. Giuseppe andò a Nazaret, ma ritornò da Zaccaria pochi giorni dopo la nascita di S. Giovanni Battista, per ricondurre Maria a casa sua. Quando il giorno della partenza di Maria si avvicinava Sant'Elisabetta era molto afflitta. La Madonna però le rappresentò come Dio ordinava ch'essa obbedisse al suo sposo, e così otto giorni dopo la nascita di San Giovanni Battista, Elisabetta dovette farne il sacrificio a Dio. La venerabile Agreda scrive una cosa così edificante, del rivedersi di Maria con Giuseppe, e del loro congedo da Zaccaria ed Elisabetta, che, trattandosi di queste due sublimissime creature, vero abisso di umiltà, mi pare assai verosimile. Essa dice dunque che quando Maria rivide Giuseppe si volle inginocchiare dinanzi a lui per domandargli perdono d'averlo lasciato tre mesi solo, sebbene non lo avesse fatto che con il suo consenso. Ma i santi non guardano se hanno colpa o no, e approfittano d'ogni occasione per umiliarsi. Poi soggiunge che, quando Giuseppe e Maria erano per partire, Maria s'inginocchiò dinanzi a Zaccaria, gli baciò la mano, e gli chiese umilmente la benedizione sacerdotale, e perdono del disturbo cagionato con la sua lunga dimora in casa sua, ringraziandolo in pari tempo dell'ospitalità, e che si provò almeno a far lo stesso con Elisabetta. Giuseppe non vi è nominato, perchè la venerabile d’Agreda scriveva soltanto la vita di Maria SS.; ma come si può mai credere che l'umilissimo fra tutti gli uomini abbia tenuto un contegno più sostenuto della sua santissima Sposa? Misi espressamente tutti questi piccoli dettagli di atti d'umiltà esterna, che la venerabile Maria d'Agreda vide nelle sue visioni, perchè purtroppo questa virtù, fuori delle case religiose, è totalmente posta in dimenticanza, e non se ne vede più traccia. Non si abituano nemmeno i figli (non ostante il comandamento espresso di Dio), ad essere rispettosi verso i genitori. E come si vuol mai che ragazzi, che non furono mai educati a tali atti, si mostrino in età adulta umili verso i loro superiori? o che voglia baciar la mano a un vescovo colui, che da bambino non la baciò mai a un prete, e nemmeno al proprio padre o madre? Insormontabile diviene l'orgoglio umano, se non è domato, o dalla educazione religiosa in tenera età, o da atti eroici in appresso. E però, che cosa siamo noi poveri vermiccioli? che cosa eravamo cento anni fa? e che cosa saremo (riguardo al corpo) in altri cent'anni?

 

MASSIMA. - Pensa, o uomo, che cosa eri? che cosa sei? che cosa diverrai? per svergognare la tua superbia.

 

GIACULATORIA. – S. Giuseppe benedetto, aiutami a trionfare del mio orgoglio, e forma in me un cuore umile, secondo quello di Gesù.

 

ORAZIONE. - O umilissimo S. Giuseppe, che sebbene santificato già prima di nascere, sempre vissuto in perfetta innocenza, e destinato a così alti uffici, quali erano quelli di sposo di Maria e padre putativo di Gesù, aveste nondimeno un così basso concetto di voi stesso, da aver care tutte le occasioni per abbassarvi; deh! infondete nel mio cuore un poco del vostro spirito d'umiltà, affinchè vinca nelle occasioni il mio amor proprio, e lo faccia con intima persuasione, che nulla valgo, nulla merito, e che tutto è troppo per una creatura così indegna come sono io.

 

FIORETTO. - Fa oggi qualche atto d' umiltà esteriore, vincendo perciò l'amor proprio e il rispetto umano.

 

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