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UN ANNO CON DON ALBERIONE

18° Marzo

IL PECCATO MORTALE - IV 

 

I figli dei peccatori diventano figli d'abominazione e così pure quelli che frequentano le case degli empi. L'eredità dei figli dei peccatori va in perdizione, e l'obbrobrio accompagnerà sempre i loro posteri. I figli dell'empio si lamentano del loro padre, perché per colpa di lui vivono nell'ignominia. Guai a voi, uomini empi che avete abbandonato la legge del Signore altissimo! Quando nascerete, nascerete nella maledizione, e quando morirete, la maledizione sarà il vostro avere (Ecl. 41, 8-12). 

 

1. Anche in questa vita il peccato è dannoso. Priva della vita soprannaturale e divina: è la morte dell'anima. In stato di grazia io sono il tempio di Dio; Dio è unito a me come l'anima al corpo nella vita naturale. Egli è il principio vitale; le mie azioni sono Sue; tutto è meritorio per il cielo. Ma, caduto in peccato, io divento: a) Il tralcio separato della vite, non servo più ad altro che ad essere gettato sul fuoco. b) Perdo tutti i meriti della vita passata; ancorchè fossi già arrivato ad eminente santità. c) Le opere buone, ancorchè virtuose ed eroiche, nulla guadagnano per il cielo. La radice è infetta. Se sono unito a Dio porto molti frutti; ma, separato da Lui, nulla! «Senza di me nulla potete fare» (Gv. 15, 5). 

 

2. Chi pecca colpisce, dilania, martorizza il proprio essere. Dio può fare a meno dell'uomo; ma l'uomo non può fare a meno di Dio. Compie un male maggiore quando scandalizza il prossimo. Il male cade in chi lo commette. Le pietre tirate in alto, cadono sopra se stessi. Col peccato credo di soddisfarmi e di trovar la felicità: errore disastroso. Apro invece una piaga cancrenosa nel mio spirito, nel mio cuore, nella mia carne. Patirà lo spirito per quella lettura atta per maliziosa curiosità. Patirà il cuore per quell'affetto sensuale in cui si cerca il contento. Patirà tutto l'essere per quella falsità. 

 

3. Ho bisogno forse, o Signore, dell'esperienza altrui? Non sono di lezione a me stesso? Da dove mi sono venute tutte le piaghe di cui soffro? Sarei ingiusto se ne accusassi la Provvidenza! Sono i miei peccati che le hanno aperte in me! 

 

ESAME. — Sono così leggero da sorridere o restare indifferente dinanzi al peccato? Penso come l'insensato che dice: «Ho peccato e che m'è venuto di male?». Mi fermo a considerare le cose nella loro realtà? 

 

PROPOSITO. — Considererò, almeno oggi, i grandi torti che ho fatto a me stesso. Penserò che io stesso mi sono fabbricate le croci che mi fanno gemere. 

 

PREGHIERA. — Sento, o Signore, che essendo causa del mio male, devo piangere me stesso. Le mie umiliazioni sono nate dall'orgoglio. Io ho prodotto tante rovine nell'anima mia che nel battesimo era diventata la felice e onorata abitazione della SS. Trinità. Io ho profanato questo tempio; mille piaghe ho aperto nella mia vita, ho ucciso me stesso. Sanatemi, o Gesù. «Anima Christi, sanctifica me. Corpus Christi, salva me. Aqua lateris Christi, lava me». 

 

 

FIORETTO: - Fa una penitenza; e recita il Miserere.

 

 

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