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UN ANNO CON DON ALBERIONE

2° Giugno

UMILTA' - II 

 

Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, il quale esistendo nella forma di Dio, non considerò questa sua uguaglianza con Dio come una rapina, ma annichilò se stesso, prendendo la forma di servo e divenendo simile agli uomini, apparve come semplice uomo, umiliò se stesso fattosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil. 3, 5-8). 

 

1. Quanto sia preziosa l'umiltà si conosce in primo luogo dalla stima e dalla pratica che ne fece Gesù, Maestro infallibile. Il figlio di Dio, uguale al Padre nella gloria e nella potenza, rimpicciolì Se stesso, incarnandosi, in ogni momento della vita, specialmente durante la passione e nella SS. Eucaristia. Egli fu poi esaltato dal Padre sopra ogni nome perchè aveva toccato il fondo delle umiliazioni. Nel presepio Lo contempliamo bambino debole, povero, in una mangiatoia, su poca paglia. Non c'era posto per Lui tra gli uomini e dovette nascere in una grotta che serviva di stalla per animali. Alla fine della Sua vita mortale il popolo ingrato ebbe la tenacità di gridare: Via, via, crocifiggilo! Ed Egli sopportò tutto dalle Sue creature alle quali portava la salvezza; tacendo come incapace di difendersi. Fugge in Egitto; al ritorno va ad occultarsi in una poverissima casa di un paesello disprezzato; conduce per trent'anni una vita di nascondimento. Obbedisce come se fosse incapace di guidarsi; lavora come operaio comune; serve alla Madre ed a Giuseppe in cose insignificanti. Esclama perciò Bossuet: «Vieni, o umano orgoglio e muori innanzi a questo spettacolo». 

 

2. Nella vita pubblica Gesù predica, opera prodigi, si dichiara figlio di Dio: ma questo, solo alla gloria di Lui, in spirito di obbedienza e per la salvezza degli uomini. Egli si rivolge specialmente ai poveri, vive di elemosina, per confidenti ed apostoli sceglie alcuni pescatori ed un pubblicano. E' semplice nel parlare, fugge la popolarità, cerca solo la gloria del Padre. Non ha una pietra Sua; spesso proibisce di far conoscere i Suoi prodigi; diverse volte parla della Sua passione. Chiude la Sua vita con umiliazioni che per noi sono un mistero. ContempliamoLo nel Getsemani, o sotto i colpi dei flagelli, o nel dileggio dell'incoronazione di spine. Venduto da un apostolo, rinnegato dall'eletto a fondamento della Chiesa, abbandonato da tutti. Condannato dal tribunale religioso, dal tribunale militare, dal tribunale politico. E quasi sommerso in un mare di accuse; ferito nella dignità di uomo, di re, di giudice; posposto a Barabba malfattore, sentenziato alla croce. Cammina verso il Calvario curvo sotto lo strumento del supplizio; viene spogliato e crocifisso; agonizza per tre ore, muore tra due ladroni. Eppure sempre tacendo, soffrendo e pregando per chi Lo colpiva; dando agli uomini le supreme prove del Suo amore. 

 

3. Dice S. Vincenzo de' Paoli: «La vita di Nostro Signore fu come un continuo atto di stima ed affetto al disprezzo; il Suo cuore ne era così pieno che, ove se ne fosse fatta l'anatomia (come si fece a un certo santo) si sarebbe certamente trovato nell'adorabile cuore di Gesù che la santa umiltà vi era in modo speciale scolpita; e forse non direi troppo, affermando che vi era scolpita a preferenza di tutte la altre virtù». 

 

ESAME. — Ho studiato bene il mistero delle umiliazioni di Gesù? Ne sono innamorato? Sento, come Gesù, questa fame di umiliazioni? 

 

PROPOSITO. — Mi renderò amabile la confusione, i torti, le calunnie, contemplando Gesù, mio amore e mio modello. 

 

PREGHIERA. — «O mio Salvatore, quanto eravate innamorato di questa virtù! E perché abbandonarVi a questi estremi avvilimenti? Soltanto perché conoscevate bene l'eccellenza delle umiliazioni e la malizia del peccato contrario. L'orgoglio, non solo aggrava gli altri peccati, ma rende viziose le opere che di per sé non sarebbero cattive; anzi quelle stesse che sono buone e persino le più sante». Perdonate o Gesù la mia vanità, il mio orgoglio, la mia leggerezza. Concedetemi spazio di penitenza ed emendazione. 

 

FIORETTO: — Spesso nel giorno, presentiamo a Gesù una rosa, cioè un atto d'amor di Dio.

 

 

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