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UN ANNO CON SAN GIUSEPPE

23° Settembre

RITORNO DALL'EGITTO.

 

Atto della presenza di Dio ecc. come il primo giorno.

 

Rappresentati il deserto.

 

Eguaglianza d'umore.

 

Maria e Giuseppe avevano tanto da patire fra quel popolo idolatra, che se non avessero sofferto tutto per amore del Signore, non era da potersi sostenere. Ciò però non alterava l'amabile serenità dei loro volti, e l'eguaglianza ammirabile del loro umore. Quello per tanto che loro dava forza, era la compagnia dolcissima di Gesù, perchè il caro Bambinello rendeva loro leggera ogni croce, e con la sua presenza raddolciva ogni amarezza. Noi sappiamo, dice il P. Cochem, che quanto più si ama, tanto più si prova piacere allorchè è dato godere l'oggetto del proprio affetto. Siccome però Giuseppe amava quasi infinitamente il Bambino Gesù, oh! quanto avrà goduto quando il suo carissimo tesoro si sedeva a pranzo con loro, faceva sentire la sua melodiosa vocina, quando contemplava il suo affettuoso visetto, le sue limpide pupille, e la stupenda sua personcina! Il divino Pargoletto poi ricompensava con carezze e celesti consolazioni al suo Padre putativo, tanta pena che si dava, anche solo per mantenerlo con i suoi lavori, e gli mostrava una tenera riconoscenza. Talvolta Giuseppe gli baciava le manine con tale trasporto di affetto, che le lacrime gli cadevano su quelle, come due ruscelletti. Del resto però, la dimora in Egitto diveniva di anno in anno più dolorosa a San Giuseppe. La gente tributava un empio culto agli Dei: anche gli ebrei ne erano infetti. Avevano un tempio, che era solo una farsa, un'arca a modo loro, ed ivi tante figure gentilesche. In generale erano caduti nell'idolatria, e non più da riconoscere. S. Giuseppe, continuando il suo mestiere di falegname, doveva trattare con loro, e ne aveva il cuore martoriato. Quando Gesù aveva già compiuti i 7 anni, una sera S. Giuseppe ritornò più tristo che mai a casa, perchè non gli avevano voluto dare la mercede, ed erano in gran bisogno. In tale angoscia, s'inginocchiò in un cantuccio, ed espose a Dio il suo bisogno, chiedendogli aiuto. La notte seguente appena messo al riposo, gli comparve in sogno un Angelo che gli disse: «Sorgi, prendi il fanciullo e la madre di Lui, e va nella terra d'Israele; che sono morti coloro che cercavano a morte il Bambino». — Giuseppe lo disse subito alla Madonna, e a Gesù; tutti e tre erano molto consolati, e dopo aver ringraziato Iddio, presero in gran fretta il poco che avevano, e Gesù lo sparti quasi tutto di propria mano ai poveri (Oh come doveva esser carino Gesù Bambino facendo elemosina!). Giuseppe condusse quindi il loro solito asinello, la Madre con il Figlio vi montarono sopra ; S. Giuseppe andava a piedi, conducendolo, e così incominciarono il loro viaggio di ritorno, scortati da innumerabili angeli. Alcune conoscenze che lo seppero in tempo, vennero a portar loro delle provvigioni, in piccoli vasetti, e tutti erano sinceramente afflitti. Il viaggio andò felicemente. Quando le provvigioni finirono, Gesù le fece provvedere dagli Angeli. Fin qui Agreda. Cochem poi soggiunge: Alcuni pezzi di strada li facevano a piedi, cioè Gesù alternava con la Madre. Una volta mentre sedevano tutti e tre sulla sabbia a riposarsi, e Gesù era in mezzo a Maria e Giuseppe, incominciarono questi pieni di tenerezza a dirsi l'un l'altro: «Oh come siamo felici d'aver con noi il nostro Creatore, che sarà eternamente la nostra beatitudine! Che immensa grazia ci ha fatta Iddio Padre d'averci dato quello, che da tutta l'eternità egli ha generato, ed ama come sè stesso, affinchè lo nutriamo e custodiamo! Quante migliaia d' uomini ci furono sulla terra, che se avessero potuto vedere anche una sola volta il Redentore del mondo, avrebbero ciò stimata come la grazia più grande che Dio potesse mai far loro! E noi godiamo la sua cara presenza giorno e notte!» - Con tutto ciò nemmeno per ombra s'insuperbivano: la loro gioia era calma, oh che eguaglianza d'umore troveremo sempre in questi castissimi Sposi! In Egitto soffrirono moltissimo, penarono, ma inquieti non furono giammai. Ma come poteva ciò essere fra vicende così diverse? Prima di tutto per virtù, e secondo per la pienezza della grazia di Dio, che li sosteneva, ma anche perchè avendo consacrato tutto il loro cuore al Bambino Gesù, e vivendo solo nel suo amore, questo raddolciva tutto e li faceva dimenticare ogni cosa transitoria. Avevano unita la loro volontà in modo tale con la divina, che non volevano mai fare un passo altrimenti da quanto Dio aveva fissato dall'eternità. Tutto quello che non era per piacere al Signore, non li occupava più che un sogno. Ah preghiamo caldamente il santo Patriarca, ch'era così eguale d'umore, che voglia farci raggiungere questo santo stato. La strada che dobbiamo prendere è questa: vivere di fede, confidando in Dio, e soffrire qualunque cosa, per chi tanto merita prove del nostro amore.

 

MASSIMA. - Quanto più ci appoggeremo a Dio, e confideremo nel Cuore di Gesù, tanto più inalterabile diverrà il nostro carattere.

 

GIACULATORIA. - Caro San Giuseppe, vi affido il mio cuore; rendetelo meno impressionabile secondo la natura, e più sensibile per Iddio.

 

ORAZIONE. - E quando sarà, o caro San Giuseppe, che spedirete al Sommo Pontefice un Angelo in sogno, a dirgli: «I tuoi nemici sono spariti, ritorna a passeggiare libero per la tua Roma?» Voi vedete in quanti cattolici ve lo domandiamo. Ma è vero che nelle stesse nostre orazioni, oh quanti difetti ci mescoliamo! Insegnateci voi, caro San Giuseppe, quella calma rassegnazione e umiltà, sempre unita a fede e fiducia in Dio, che deve finalmente aprirci i tesori del Cuore ss. di Gesù.

 

FIORETTO. - Per amor di San Giuseppe, privati di qualche cosa che ti faccia piacere, oppure accetta qualche altra che ti pesa, e contraria le tue voglie.

 

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