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UN ANNO CON DON BOSCO

30° Agosto

254) Perchè le virtù cardinali sono così chiamate? 

 

Le virtù cardinali son così chiamate, perchè sono il  cardine, cioè il sostegno delle altre virtù morali. 

 

255) Che cos'è la prudenza? 

 

La prudenza è la virtù che dirige gli atti al debito  fine, e fa discernere e usare i mezzi buoni. 

 

(...)

 

519 - Salviamo l'anima! 

 

Vorrei — disse Don Bosco ai suoi giovani — che foste semplici  come colombe, ma prudenti come serpenti. Sapete come fa il serpente  quando è inseguito e non può più fuggire? Si ravvoltola e mette la  testa in mezzo alle spire dicendo: « Fate quel che volete del resto,  purché mi lasciate salvo il capo ». Così noi dobbiamo fuggire le occasioni e, quando non si potesse altrimenti fuggire, mettere anche noi,  nel centro di ogni pensiero ed opera, la salvezza dell'anima nostra,  pronti a sacrificare l'onore, la roba, la vita stessa, purché si salvi l'anima. Se si perde l'anima tutto è perduto, al contrario se si salva l'anima tutto è salvo. Ah! Se noi fossimo proprio risoluti di non volere altro che la salvezza dell'anima, il demonio sarebbe costretto a stare lontano da noi ». (M. B., VIII, 927). 

 

520 - Girare l'ostacolo. 

 

Riguardo alle sue opere, Don Bosco era solito dire: « Quando io  incontro una difficoltà, sia pure delle più grandi, faccio come colui  che andando per la strada, a un punto la trova sbarrata da un grosso  macigno. Se non posso levarlo di mezzo ci monto sopra, o, per un  sentiero più lungo, gli giro intorno. Oppure, lasciata imperfetta l'impresa incominciata, per non perdere inutilmente il tempo nell'aspettare, do subito mano ad altro. Non perdo però mai di vista l'opera primitiva interrotta. Intanto col tempo le nespole maturano, gli uomini  cambiano, le difficoltà si appianano ». (M. B., VII, 457). 

 

521 - Per salvare un'anima. 

 

Un giovane, che aveva frequentato l'Oratorio di Valdocco, caduto nelle reti dei Protestanti, era stato mandato agli studi in Ginevra, perchè fosse insignito del grado di ministro. Siccome però lasciava talvolta intravedere di mantenersi cattolico nel fondo del cuore, con le solite arti infernali, i suoi seduttori lo spinsero a deplorevoli  disordini per strappargli del tutto la fede. In conseguenza, contratta  una malattia incurabile, fu ridotto al punto che i medici, cercando  per lui un sollievo, ordinarono che fosse mandato a Torino, ove abitava sua madre. Essendo questa povera, i Valdesi largheggiarono subito con lei in soccorsi, che furono incautamente accettati; si offersero pure di assistere l'infermo e vegliarlo, ma con l'intenzione di impedire che alcun prete potesse venirgli vicino.  La stessa sera del suo arrivo quell'infelice, agitato da fieri rimorsi, diceva a sua madre:  — Vorrei parlare col nostro curato, perchè mi sento molto male.  La madre, perchè si tranquillizzasse, gli promise che sarebbe andata  a chiamarlo. L'indomani infatti si presentò in parrocchia. Ma i Valdesi  l'avevano prevenuta. Da quel punto l'infermiere della loro setta, o  l'evangelista, o il pastore, o il ministro, di giorno e di notte erano sempre  accanto al letto della loro vittima o nella camera vicina. Il curato  venne, vennero anche altri sacerdoti, ma non fu mai loro concesso di  entrare. L'infermo, che si accorgeva di non essere più padrone di se  stesso, angosciato si rivolse al Signore. E il Signore non lo abbandonò.  Un sacerdote d'accordo col curato andò da Don Bosco e gli raccontò ogni cosa. Don Bosco risolse di fare a qualunque costo una visita a  quel poveretto, e un giorno alle due dopo mezzodì, accompagnato da  due robusti giovanotti, si porta all'abitazione dell'infermo. Suona il  campanello e viene ad aprire la porta lo stesso ministro valdese Amedeo Bert.  — Ohi cerca, signor abate?  — Cerco di parlare con l'infermo.  — Non si può: non può ricevere: ne è rigorosamente proibito dal  medico.  — Mi lasci passare che io ho fretta; non ho tempo da stare qui  in chiacchiere.  Ed entrò deciso dall'infermo che lo ricevette con le lacrime agli  occhi. Il pastore intanto protestava che il colloquio cagionava danno  all'infermo. Ma Don Bosco, preso uno sgabello, si assise presso il letto.  Allora il ministro risentito:  — E chi è lei che si mostra tanto ardito? Non sa che io sono il  ministro valdese Amedeo Bert?  — E io sono il direttore dell'Oratorio di San Francesco di Sales.  — Alto là: lei deve allontanarsi di qui!  — Rispetto tutti, ma non temo nessuno e tanto meno lei, perchè  so che l'infermo è pentito di aver dato il nome alla chiesa valdese e  vuol morire cattolico.  In quel momento l'infermo disse:  — Sì: io voglio essere perseverante nella mia religione... Io son  nato cattolico e voglio vivere e morire cattolico... mi pento di quanto  ho fatto.  Il ministro si alzò, e partì. Allora Pietro si confessò e con l'assoluzione sacramentale gli parve che Don Bosco gli avesse tolto di dosso  un enorme macigno. Per evitare ogni pericolo per il giovane da parte  dei valdesi lo si fece trasportare nell'ospedale dei Cavalieri. Quivi, munito degli ultimi Sacramenti, volò al cielo la notte seguente.  (M. B., V, 658-663). 

 

522 - Dico il bene e taccio il male. 

 

Don Bosco, rivedendo le bozze di stampa della Storia Ecclesiastica, fu richiesto come si sarebbe regolato quando si fosse imbattuto  in punti difficili a trattarsi, dovendo per esempio dir male di qualche  personaggio. Don Bosco rispose:  — Ove posso dir bene, lo dico e dove dovrei dir male, taccio.  — E la verità?  — Io scrivo non per i dotti, ma specialmente per gli ignoranti e  per i giovanetti. Se narrando un fatto poco onorevole e controverso,  io turbassi la fede di un'anima semplice, non è questo indurla in errore? Se io espongo ad una mente rozza il difetto di un membro di  una congregazione, non è vero che in quella nascono dubbi che la inducono a provar ripugnanza per l'intera comunità? E questo non è  errore? Solo chi ha sott'occhi l'intera storia di 2000 anni può vedere  che le colpe di uomini anche eminentissimi, per nulla offuscano la  santità della Chiesa, anzi sono una prova della sua divinità, perchè,  se si mantiene sempre indefettibile, vuol dire che il braccio di Dio l'ha  sempre sostenuta e la sostiene e questo pure intenderebbero i giovani  quando potessero integrare i loro studi. Del resto ricordatevi, che le  sinistre impressioni ricevute in tenera età per un parlare imprudente,  portano sovente lacrimevoli conseguenze per la fede e il buon costume.  (M. B., III, 313-314). 

 

523 - Prudenza e Provvidenza

 

Dopo lunga discussione sulla maggiore o minor convenienza di  accettare la costruzione della basilica del Sacro Cuore a Roma, venuti  alla votazione, nel Capitolo Superiore, presente Don Bosco, si ebbe risultato negativo: sette « no » e un solo « sì », quello di Don Bosco.  Egli prese allora la parola: Voi avete dato tutti un « no » rotondo;  e sta bene, perchè avete agito secondo la prudenza necessaria a seguirsi nei casi seri e di somma importanza come questo; ma se invece di un « no » mi date un « sì », io vi posso assicurare che il Sacro  Cuore di Gesù manderà i mezzi per fabbricare la sua chiesa, pagherà  i nostri debiti, e ci darà ancora una bella mancia. Rifatta la votazione, non solo si ebbero sette « sì », ma seduta stante, si ampliò il progetto già presentato prima. {M. B., XIV, 580-581). 

 

FRASE BIBLICA. - Custodisci il mio cuore. 

 

UNA MASSIMA DI DON BOSCO: - Non dir sempre quello che sai, ma fa di saper bene quel che dici. 

 

PREGHIERA DEL MESE. — Venite, Spirito del timor di Dio, e penetrate il mio cuore di un timore salutare affinchè io abbia sempre Voi, mio Dio, innanzi agli occhi e attentamente mi guardi da ogni cosa, che in qualsiasi modo possa offendere la divina Maestà vostra. Così sia. Pater noster... 

 

FIORETTO: — Evita le mollezze, dannose anche alla robustezza fisica; frena le passioni.

 

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